0
0
0
s2sdefault
powered by social2s

Forse dovevo fare l'uomo politico. Quando fra la fine del 1992 e l'inizio del 1993 quasi tutti i leader politici e quasi tutti gli italiani smaniavano per il sistema elettorale maggioritario , che avrebbero votato di lì a poco a stragrande maggioranza, senza sapere bene cosa fosse, io sull' 'Indipendente' mi battevo per il proporzionale alla tedesca con sbarramento al 5\%, sostenendo che il maggioritario non solo era un passo troppo lungo per la nostra gamba ma non le era assolutamente adatto.Tanto per cominciare il referendum del '93 era frutto di un equivoco. Era stato proposto, giustamente, alla fine degli anni '80 da Mario Segni e da altri nel tentativo di scardinare una situazione politica bloccata dal consociativismo, cioè dal sostanziale accordo delle principali forze politiche, di maggioranza e di finta opposizione, nello spartirsi il potere. Ma, per il paradosso che sempre insegue le vicende umane, quando il referendum venne a maturazione il quadro politico era in pieno movimento - c'erano state le inchieste di Mani Pulite, erano nate forze nuove come la Lega e la Rete, la Prima Repubblica stava crollando - e il maggioritario non serviva più al fine di smuovere ciò che si era già mosso per conto suo. Ma gli italiani lo votarono lo stesso.I limiti e i rischi del maggioritario , che io denunciavo in quei lontani articoli, sono quelli che abbiamo poi amaramente sperimentato in questi tre lustri. La società italiana è molto diversa da quella anglosassone dove il maggioritario è nato, è molto più variegata politicamente (il che, entro certi limiti, è anche una ricchezza) e non può stare in un secco aut-aut, o di qua o di là. Succede così che, pur di vincere, anche per un solo voto, i due schieramenti mettono insieme le forze più eterogenee e spesso anche incompatibili fra di loro. Lo schieramento che vince è quindi condannato a una perenne turbolenza, che è esattamente il contrario di quella stabilità che il maggioritario dovrebbe assicurare sacrificando un principio fondamentale della democrazia che è quello della rappresentanza proporzionale. Oppure se la coalizione, pur di restare al governo, resiste in qualche modo, tenendo insieme i suoi vari pezzi con lo sputo, è condannata alla paralisi, come accadde al secondo governo Berlusconi e, ora, al secondo governo Prodi.Inoltre il maggioritario va in controtendenza storica. Tanto che è in crisi anche in Gran Bretagna che pur lo ha inventato. Se infatti è applicato rigorosamente tiene fuori dall'agone politico forze molto consistenti (in Inghilterra i liberali) ledendo in modo troppo grave il principio democratico della rappresentanza. Ma, soprattutto, in questi decenni sono nate forze politiche, come i movimenti localisti e ambientalisti, che non possono essere catalogati nelle classiche categorie della Destra e della Sinistra (un movimento localista, come per esempio la Lega di per sè non è nè di destra nè di sinistra, in Italia gli ambientalisti si collocano a sinistra, in altri Paesi a destra, il movimento No Global è a sinistra solo in Italia, nel resto del mondo è antitetico sia alla destra che alla sinistra). E la tendenza è destinata ad accentuarsi nei decenni a venire, perchè le categorie di Destra e Sinistra sono vecchie ormai di due secoli e, centrate principalmente sull'economia, non sono in grado di comprendere, nè tantomeno di gestire, le esigenze più profonde dell'uomo contemporaneo che non sono di tipo economico.Ma, per tornare all'Italia, Berlusconi e altri si sono finalmente resi conto che da noi il sistema maggioritario proprio non funziona. Si sono dovuti arrendere alla realtà. Si opterà quindi, presumibilmente, per un proporzionale alla tedesca dove è fondamentale che lo sbarramento sia sufficientemente alto per mettere fuori gioco i paralizzanti partittini con eterna forza di ricatto. Ma intanto si sono persi quasi quindici anni in cui il nostro Paese, invece di progredire, è rimasto fermo o è addirittura peggiorato.