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Man mano che ci si avvicina alla data delle elezioni i rappresentanti dei partiti, che per settimane hanno passeggiato in tutti i talk show senza farne mai cenno se non con riferimenti generici al 'populismo' e all''antipolitica', ma guardandosi bene dal nominarlo, e i giornali legati al sistema, cioè quasi tutti, si accorgono che esiste 'anche' Beppe Grillo. Dopo mesi di un prudente silenzio il Corriere gli ha dedicato, oltre a un editoriale di Pierluigi Battista, contorto e ambiguo come quasi tutto cio' che scrive Battista (o Giuliano Ferrara), due intere pagine all'interno del giornale dove si viene a sapere, fra l'altro, che il Movimento 5 Stelle raccoglie il 30% dei consensi fra i giovani dai 18 ai 23 anni. Anche nei talk show più ossequiosi al Potere, tipo 'Porta a Porta', non ci si puo' più esimere dal parlare di Grillo.

Questa improvvisa attenzione dice che i partiti hanno una fifa blu, temono che i loro piani abbiano fatto i conti senza l'oste. E lo coprono di insulti e anche questo è un segno di paura. Da sinistra gli danno del 'fascista' (Luigi Manconi), dal centro dello 'sfascista' (Mario Monti), a destra hanno scoperto che è un pericoloso comunista (Berlusconi:«Abbiamo scoperto che moltissimi dei suoi candidati vengono dai centri sociali e dai No Tav»). Ma le accuse più ricorrenti sono, naturalmente, quelle di 'populismo', di 'antipolitica', di 'dispotismo' all'interno del suo movimento. Che cosa sia il 'populismo' io, lo confesso, non l'ho mai ben capito. Il Palazzi lo definisce «atteggiamento genericamente democratico e socialista, senza solide basi dottrinali». Mi piacerebbe sapere quale partito ha oggi «solide basi dottrinali». Il Pdl del «delinquente naturale» Berlusconi (cosi' lo ha definito la sentenza del Tribunale di Milano sui diritti Mediaset)? Il Pd dove c'è tutto e il suo contrario? Il neopartito dell'ex magistrato Ingroia? Il micropartito Fratelli d'Italia dell'inguardabile La Russa? Battersi contro costoro e affini, e i loro vassalli, valvassini e valvassori, fra cui ci sono i nove decimi del giornalismo italiano, che hanno semidistrutto, economicamente, socialmente e moralmente, il nostro Paese in trent'anni di malefatte di ogni genere, non è 'antipolitica', è, al contrario, fare politica contro 'questa' politica. Infine il 'dispotismo' è necessario a un movimento rivoluzionario allo stato nascente, quale quello di Beppe Grillo è sia pur con modalità pacifiche. I partiti, invece di demonizzarlo, dovrebbero dire grazie a Grillo. Per almeno due motivi. Perchè senza 5 Stelle ci sarebbe un'astensione che sfiora il 70% e risulterebbe evidente che due italiani su tre non credono più alla truffa della democrazia rappresentativa. Ma soprattutto Grillo convoglia nel suo movimento, in qualche modo istituzionalizzandola e innocuizzandola, una rabbia montante che potrebbe esplodere, in qualsiasi momento, nelle forme più violente.

Massimo Fini

Il Fatto Quotidiano, 16 febbraio 2013