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Il Consiglio superiore della magistratura ha aperto un'istruttoria per l'eventuale trasferimento d'ufficio di Antonio Esposito, il presidente della sezione della Cassazione che ha confermato le condanne per frode fiscale inflitte a Silvio Berlusconi dai Tribunali di merito di primo e secondo grado. Esposito aveva anticipato in un'intervista al Mattino le motivazioni della sentenza della Cassazione. Per lo stesso motivo il Procuratore generale della Cassazione ha aperto un fascicolo sul conto di Esposito per un'eventuale azione disciplinare.

Sono lontani i tempi felici in cui il magistrato si esprimeva solo 'per atti e documenti' e, per evitare equivoci, frequentava pochissime persone. La sua era una vita solitaria. Oggi i magistrati esternano a tutto campo e spesso fanno trasparire le loro opinioni politiche. E questa è già una distorsione. Dice: ma l'articolo 21 della Costituzione garantisce a tutti i cittadini il diritto alla libertà di espressione. Ma ci sono cariche e funzioni che impongono, implicitamente, dei limiti a questo diritto. Il Capo dello Stato non puo' esprimersi a favore di questo o quel partito perchè ha il dovere di essere un arbitro imparziale. Cosi' il magistrato, che è anch'esso un arbitro, non solo deve essere imparziale ma deve anche apparirlo per conservare la propria credibilità non solo nei confronti di coloro che va a inquisire o a giudicare ma di tutta la cittadinanza. In ogni caso un giudice che anticipa le motivazioni di una sentenza che ha contribuito a stendere non si era visto mai. Antonio Esposito è un cretino o, nella migliore delle ipotesi, un ingenuo («Quel giornalista ci teneva tanto a quell'intervista». E lo credo bene). Col suo comportamento il dottor Esposito non solo ha offerto un'insperata offa ai berlusconiani («Visto? Il collegio era prevenuto») ma ha rischiato di compromettere il certosino, faticoso e straordinario lavoro prima del Pubblico ministero De Pasquale e poi dei sei giudici di merito che in primo e secondo grado hanno inchiodato Berlusconi alle sue responsabilità con documentazioni e argomenti inopugnabili.

Il Fatto ha cercato di difendere Esposito. Marco Travaglio, riferendosi ad alcune sue affermazioni, fatte sia pur in occasioni conviviali e prima di sapere che avrebbe dovuto sentenziare sul Cavaliere («Se mi capita sotto Berlusconi gli faccio un mazzo cosi'»), ha scritto che è naturale che un magistrato non possa provare simpatia per un personaggio che, un giorno si' e l'altro pure, spara a palle quadre sulla Magistratura, «cancro della democrazia», sui magistrati, «antropologicamente pazzi» e immancabilmente, se prendono provvedimenti a lui sfavorevoli, 'toghe rosse' che prostituiscono la legge a fini politici. E anche queste inopportune affermazioni sono state cavalcate dal Giornale e dai berlusconiani per tentare di inficiare le sentenze dei Tribunali di Milano. Un magistrato, se vuole esser tale, deve essere cauto anche nel privato. Antonio Esposito è indifendibile.

In prospettiva credo che nella ventilata riforma della Giustizia vada inserita una norma che vieta al magistrato di entrare in politica prima che siano trascorsi cinque anni da quando ha lasciato la toga. Perchè un magistrato che passa direttamente dalla sua funzione alla politica getta inevitabilmente un'ombra sulle sue attività pregresse. Basta pensare ai guasti provocati da De Magistris e Ingroia che han dato fiato, e non del tutto a torto almeno in questo caso, alle trombe berlusconiane che sostengono che i Pm inquisiscono i Potenti per precostituirsi un piedistallo di popolarità da utilizzare ai fini di una futura carriera politica.

Massimo Fini

Il Fatto Quotidiano, 14 settembre 2013