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Sono stato alla festa nazionale di CasaPound che si è tenuta nei giorni scorsi a Revine Lago, per presentare il mio libro 'La guerra democratica', un po' datato ma, vedi Siria, ancora drammaticamente attuale. Per la verità avevo voglia di declinare l'invito dei ragazzi di CasaPound, non per motivi ideologici ma perchè farsi da Milano, anda e rianda, 700 chilometri era un po' faticoso. Ma sono stato costretto a cambiare idea quando ho saputo che l'Anpi e il Pd locali si erano rivolti al prefetto e addirittura al ministro degli Interni perchè vietassero la manifestazione:”E' grave che a un movimento di chiara ispirazione neofascista, portatore di messaggi razzisti e xenofobi, sia consentito di poter diffondere l'ideologia fascista in violazione della Costituzione” aveva scritto Simonetta Rubinato nell'interrogazione ad Alfano. Ci sono andato quindi per difendere un principio.

Premettiamo che CasaPound si è presentata alle recenti elezioni politiche e quindi ha, evidentemente, le carte in regola anche rispetto alla legge Scelba che vieta la ricostituzione del Partito fascista, legge che comunque io considero liberticida e pericolosa cosi' come la considerava Togliatti, che ne fu un tenace oppositore perchè, avendo un po' più di acume politico dei Pd veneti, capiva benissimo che si comincia col vietare la costituzione del Partito fascista e si finisce col vietare quella del Partito comunista (come avviene oggi in alcuni Paesi ex comunisti dell'Est europeo). Premettiamo che alla festa di CasaPound aveva aderito Giulio Giorello che oltre ad essere uno dei più colti intellettuali italiani è un liberale a 24 carati e che per quel che mi riguarda ho accettato inviti di Rifondazione e di tanti comuni amministrati dalla sinistra. Premettiamo che ero già stato due volte a CasaPound, nella loro sede romana, e non vi avevo notato nulla di truce ma ragazzi piuttosto simpatici, impegnati nel sociale, con idee certamente diverse dalle mie ma che avevano il pieno diritto di esprimere e di cercare di diffondere. E qui sta il nocciolo della questione. In una democrazia che sia veramente tale tutte le idee, anche quelle che ci paiono più aberranti, hanno diritto di cittadinanza purchè, giuste o sbagliate che siano, rinuncino a farsi valere con la violenza. Questo è il prezzo che una democrazia paga a se stessa, altrimenti si trasforma in qualcosa di diverso, in una sorta di teocrazia laica. Al Parlamento di Teheran, all'epoca di Khomeini, ho assistito a dibattiti accesissimi fra le diverse fazioni, ma dovevano sempre rimanere all'interno dell'ideologia islamica. Lo stesso accadrebbe se in una democrazia si pretendesse che tutte le idee devono stare all'interno dell'ideologia democratica. Invece una democrazia deve accettare anche idee non democratiche o antidemocratiche.

A Revine un cronista, intervistandomi, mi ha fatto notare che alla festa di CasaPound erano presenti anche alcuni pregiudicati (condannati, presumo, per 'apologia del fascismo', un reato liberticida, degno di un codice fascista, che in democrazia non dovrebbe esistere). Ho risposto, ridendo, che se si seguisse questa linea non si dovrebbe partecipare ai comizi di Silvio Berlusconi.

Non c'è niente da fare, gli italiani, faziosi di natura, non hanno ancora capito che l'antifascismo non è un fascismo di segno contrario, ma il contrario del fascismo. E cosi' a quasi settant'anni dalla fine della guerra siamo ancora coinvolti in polemiche catacombali. E aveva proprio ragione Mino Maccari quando diceva: ”I fascisti si dividono in due categorie: i fascisti propriamente detti e gli antifascisti”.

Massimo Fini

Il Gazzettino, 20 settembre 2013