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La Bce ha deciso di immettere, nel giro di due anni, circa mille miliardi e 400 milioni sul mercato europeo. E' il cosiddetto quantitative easing. Ho pochissima fiducia nelle politiche monetarie e sono d'accordo con quanto scrive Pedro de Valencia nel 1608 dopo che la Spagna aveva rapinato tutto l'oro e l'argento alle civiltà precolombiane col risultato di ritrovarsi più povera di prima: «Il male è venuto dall'abbondanza di oro, argento e moneta, che è stato sempre il veleno distruttore delle città e delle repubbliche. Si pensa che il denaro è quello che assicura la sussistenza e non è così. Le terre lavorate di generazione in generazione, le greggi, la pesca, ecco quello che garantisce la sussistenza delle città e delle repubbliche. Ciascuno dovrebbe coltivare la sua porzione di terra e quelli che vivono oggi della rendita e del denaro sono gente inutile e oziosa che mangia quello che gli altri seminano». Mi sembra che de Valencia, mutato qualche termine relativo all'economia del suo tempo, fotografi esattamente la situazione di oggi.

Naturalmente la decisione di Draghi ha anche le sue ragioni. Una è quella di controbattere la concorrenza sleale degli Stati Uniti che, insensibili, a differenza dell'Europa, a ogni politica di austerità, continuano a immettere nel sistema globale trilioni di dollari. Ma in questo modo si crea una enorme bolla speculativa che prima o poi ricadrà sulla testa di tutti come già è avvenuto, per responsabilità dell'America, col crack della Lehman Brothers che ci ha portato, dal 2008 in poi, alla crisi attuale. E la prossima bolla, essendo ancora più grande per poter coprire la prima, avrà effetti ancora più devastanti.

L'altra ragione è che nel sistema che abbiamo creato la liquidità è necessaria alle imprese per investire. E devono farsela dare dalle banche. Per la verità fino a non moltissimi anni fa, in Italia almeno fino ai tempi di Angelo Rizzoli senior che ancora nel 1970 raccomandava al figlio e ai nipoti «non fate mai debiti con le banche», le imprese la liquidità se la creavano da sole senza dover ricorrere a questi strozzini legalizzati. Ma oggi non è più così. E poiché il denaro della Bce andrà prima alle banche e solo poi, ed eventualmente, alle imprese, saliranno probabilmente i titoli delle società di credito quotate in borsa, un ottimo affare per gli azionisti che son proprio quella «gente inutile e oziosa» di cui parlava de Valencia, ma non per gli altri. Ma il punto poi non è nemmen questo. Cosa produranno, con la 'fresca' in tasca, le imprese, vecchie e nuove? Un'ulteriore, inutile, oggettistica di cui siamo già pieni zeppi? Questo servirà per nascondere per un po' la bolla ma prima o poi, più prima che poi, ci troveremo di fronte al problema che ci tormenta oggi, l'impossibilità di crescere ancora perché anche la capacità di inventarsi nuove sciocchezze ha un limite.

Io credo che questa liquidità dovrebbe essere diretta nel settore dell'agricoltura perché negli anni a venire il cibo diventerà, anche nei paesi sviluppati, anzi forse soprattutto in questi, il problema cruciale. Fu l'intelligente politica di Mussolini che senza abbandonare l'industria (l'Iri, Istituto per la Ricostruzione Industriale, fu un'efficace risposta alla crisi del '29 causata, guarda un po', dall'America) puntò sull'agricoltura con la bonifica delle paludi pontine e maremmane e con gli incentivi ('la campagna del grano' mi pare si chiamasse). Ma Mussolini era un dittatore e poteva permettersi politiche lungimiranti, anche con metodi piuttosto sbrigativi. Le leadership delle democrazie, legate al consenso 'qui e ora' non riescono a guardare al di là del proprio naso. E sarà questo, Isis o non Isis, che le porterà a fondo.

Massimo Fini

Il Gazzettino, 30 gennaio 2015