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Quello che meno mi convince della Lega è il roboante antieuropeismo di Salvini. Perché vuol dire non vedere al di là del proprio naso. Un’Europa unita, politicamente ed economicamente, non è semplicemente necessaria, è indispensabile, vitale. Perché nessun Paese europeo, singolarmente preso, è in grado di reggere, in un mercato che si fa sempre più globale, l’urto delle grandi potenze mondiali, Stati Uniti, Russia, Cina, India. L’autarchia per un Paese relativamente piccolo poteva reggere ai tempi di Mussolini, in un contesto completamente diverso, oggi non più.

Prendiamo le recenti minacce di Trump di introdurre dazi su acciaio e alluminio. Ebbene l’Europa tutta insieme, che proprio su un accordo sull’acciaio e il carbone del 1951(CECA) cominciò il suo faticoso cammino verso un’unità perlomeno economica, è in grado di reagire facendo balenare ritorsioni di uguale portata. Cosa potrebbe fare la ridicola Italietta ‘sovranista’ di Salvini?

Inoltre sparare a zero sull’“Europa dei burocrati”, oltre a essere troppo facile e privo di rischi perché il bersaglio è generico, è un modo molto comodo per scaricare sull’Europa responsabilità che sono nostre, della politica, della burocrazia e della cultura italiana. Non è colpa dell’Europa se le sue Istituzioni esitano a darci i quattrini prelevati dai fondi comunitari sapendo benissimo che una buona parte finisce nelle mani della mafia, della camorra, della ‘ndrangheta, della Santa Corona Unita o, ed è forse ancor peggio, che non riusciamo nemmeno a farne uso per inefficienze e incrostazioni burocratiche che sono nostre e non dell’Europa.

Ma queste responsabilità riguardano i governi, di destra e di sinistra, che hanno preceduto quello che verrà. Ma molto cambia se avrà la faccia di Luigi Di Maio (“il visino pulito” irriso da Berlusconi) e non quella di Matteo Salvini. Perché il capo dei Cinque Stelle, dopo le incertezze preelettorali dovute a strumentali motivi di consenso, si è convinto della necessità di rimanere in Europa (vedi la conferenza stampa del 13 marzo davanti alla stampa estera) mentre Salvini persevera nel suo mantra antieuropeista. Inoltre, a differenza della Lega, che è stata al governo fino al 2011, i Cinque Stelle sono un movimento del tutto nuovo, nelle persone e nei programmi, che ha promesso di agire con mano pesante su tutta una serie di inefficienze e di furbizie all’italiana (è la ragione per cui è tanto temuto dai ricchi parassiti, rentier e fainéant, dai corruttori e dai corrotti) e quindi potrà presentarsi con un volto più credibile all’Unione Europea e ottenere, e anche pretendere, un rapporto più equilibrato e vantaggioso con le sue Istituzioni.

Inoltre quello attuale è un momento particolarmente favorevole per un’Europa unita. Paradossalmente proprio grazie alla Brexit. Perché la Gran Bretagna non si è mai considerata Europa e non è mai stata Europa. Nemmeno l’Impero romano –quella latinità che costituisce la base culturale e in molti casi anche linguistica di buona parte dei Paesi del Vecchio Continente- riuscì mai a conquistarla veramente e a ricondurla alla ragione. Alla sua ragione che oggi ridiventa la nostra ragione, di noi “vecchi e stanchi europei” come ci definì sprezzantemente alcuni anni fa Colin Powell. La Gran Bretagna non è Europa perché, oltre a essere un’isola che ha sempre pensato solo ai fatti suoi, è legata strettissimamente, per ragioni storiche indissolubili e, va da sé, legittime, agli Stati Uniti d’America che oggi sono i nostri principali competitors, economici e politici. Quindi una volta che i ‘sassoni’ ci hanno liberato, di loro spontanea volontà, della propria ingombrante presenza, dovremmo avere più facilità a prendere le distanze anche dagli ‘anglo’, invece di restarne eternamente dei servi schiocchi, con la scusa –perché ormai è solo una scusa- che un secolo fa sono venuti a salvarci dal nazifascismo.

Massimo Fini

Il Fatto Quotidiano, 15 marzo 2018