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Molti, a sinistra, sperano che Umberto Bossi replichi lo scherzetto del 1994. Se questa volta non può fare cadere il governo, perché a differenza di allora non ne ha i numeri, può però, uscendo dalla coalizione mettere il Cavaliere in seria difficoltà.Le premesse per uno sgambetto ci sarebbero. La Lega è uscita drasticamente ridimensionata dall'abbraccio con il Cavaliere e Bossi sa che molti leghisti, anche fra quelli che lo hanno seguito fin qui, sono ferocemente e antropologicamente antiberlusconiani. Inoltre lo stesso Bossi, in cuor suo, considera il Cavaliere il suo peggior nemico, colui che, scendendo improvvisamente in campo nel 1994 con la forza delle proprie televisioni, ha cannibalizzato il suo elettorato, gli ha scippato la vittoria e ha colto i frutti dell'albero che la Lega, e non certo l'uomo di Arcore, aveva scosso.Tuttavia questa volta il Senatùr porterà fino in fondo l'alleanza. Perché non ha alternative. Un secondo «ribaltone», sia pur parziale, gli toglierebbe definitivamente la fiducia di quell'elettorato moderato e di destra che ancora vota Lega e renderebbe problematici anche i contatti con eventuali nuovi alleati. Nessuno si fiderebbe più di lui. Bossi quindi rimarrà nella coalizione e cercherà di far fare a Berlusconi quelle cose che lui non ha potuto realizzare: federalismo, devolution e, in prospettiva, la divisione dell'Italia in tre macroregioni che era l'idea più innovativa, originale e azzeccata della Lega. Bossi tirerà quindi la corda fin quasi a spezzarla, ma ogni volta che il Cavaliere andrà a vedere il bluff, si ritirerà in buon ordine. Per ottenere i suoi scopi Bossi conta anche sulla simpatia umana che ha per lui il Cavaliere -queste cose hanno un peso in politica- che lo considera l'unico vero leader carismatico su piazza oltre a lui stesso naturalmente, a differenza dei vari Fini, Casini, Buttiglione, per non parlare degli uomini della sinistra, e ne ammira, e forse anche un po' ne invidia, la sostanziale incorruttibilità. Bossi è un vero uomo di potere, che non si lascia fuorviare da piccoli o grandi vantaggi personali. Berlusconi questo lo sa e del leader del Carroccio ha rispetto e forse anche un po' di timore. Parallelamente Bossi cercherà di stringere rapporti più stretti con gli altri alleati, in particolare con Alleanza Nazionale. Contatti del genere sono già in corso. Per quanto Gianfranco Fini sia tutto contento per essere entrato, grazie al Cavaliere, nel «salotto buono» della politica e abbia pagato per questo tutti i possibili prezzi appiattendosi totalmente su Forza Italia, in particolare nelle questioni giudiziarie, anche lui non può non rendersi conto che continuando su questa strada il suo partito è destinato a sparire. Dissoltasi quindi una sinistra senza programmi, senza idee, e senza strategie, così debole da preoccupare i suoi stessi avversari più agguerriti, Bossi resta, nonostante la sua posizione di oggettiva debolezza, l'unico leader capace di tener testa al Cavaliere pigliatutto. Ma questa volta la sua battaglia la farà dall'interno, cercando di piegare Berlusconi ai propri programmi. E' una partita impari, ma è la sola, vera, che vedremo nei prossimi cinque anni.