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Caro Feltri, anch'io, come Arturo Gismondi, non firmerò l' appello di Darlo Fo e Franca Rame affinché i deputati e i senatori inquisiti per concussione, corruzione, finanziamento illegale ai partiti, siano sospesi dal Parlamento, privati dello stipendio e del passaporto. Non firmerò, ma per motivi in parte diversi da quelli addotti da Gismondi. Innanzitutto trovo ingiusto, ingeneroso, e anche volgare, che Gismondi, per confutare l'appello-proposta di Dario Fo e Franca Rame, gli rinfacci il loro passato politico. Una proposta è valida, o non lo è, a prescindere da chi l' avanza. Comunque se proprio si vuole fare le pulci a Dario Fo e Franca Rame, è vero che sono stati -e forse sono ancora- militanti dell'estrema sinistra, ma non lo furono solo negli anni '70, quando tutti salivano sul carro del vincitore comunista, ma anche in quelli precedenti quando essere di sinistra non era nè facile nè remunerativo, come divenne poi, ma poteva costar caro tant' è vero che Fo e la Rame pagarono la propria militanza con l' esclusione, per un lunghissimo periodo, dalla Rai-tv, e tutti sappiamo cosa ciò significhi, in termini di fama e di quattrini, per delle persone di spettacolo. Se quindi la loro fedina politica è dubbia, quella morale è più che pulita e Dario Fo e Franca Rame, piaccia o no a Gismondi, hanno tutta l' autorità per lanciare appelli e fare proposte contro i ladri di Tangentopoli. Il fatto, di sostanza, è che si tratta di proposte inaccettabili. In linea di principio nulla vieta che, convinto da un appello dei cittadini, il Parlamento voti una legge che sospende dall'incarico e dallo stipendio i propri membri che siano indiziati di reato o, perlomeno, di certi reati particolarmente gravi ed infamanti. Questo avviene già per altre categorie, i magistrati per esempio. Ma una legge del genere, applicata ai parlamentari, potrebbe valere solo per il futuro, mai per il passato. Altrimenti si scardina il principio fondamentale di civiltà giuridica della irretroattività della legge penale (art. 25 cost. comma 2) secondo il quale nessuno può essere punito per fatti che non costituivano reato nel momento in cui furono commessi nè con pene diverse da quelle previste al momento della consumazione del reato. Se si abbatte questo principio basilare si entra nel totale arbitrio e -qui ha ragione Gismondi- domani potrebbe costituire reato essere stati  leghisti. In secondo luogo vale per parlamentari, come per tutti i cittadini, la presunzione di innocenza fino alla sentenza di condanna definitiva. È vero che i parlamentari godono già di parecchie guarentigie ed immunità, di cui stanno abbondantemente abusando, ma questo non è un motivo per togliere loro un, diritto costituzionalmente garantito (311. 27), ma semmai per abolire, per il futuro, quelle guarentigie e quelle immunità. Caso mai c' è da avanzare come proposta, sempre per il futuro, che la presunzione di innocenza, modificando la Costituzione, si fermi, per tutti i cittadini, alla sentenza di condanna di primo grado. Dopo di che dovrebbe valere, molto più ragionevolmente, una presunzione di colpevolezza con tutte le conseguenze del caso a cominciare da quella per cui la pena si sconta a partire dalla prima sentenza di condanna. Questa, tra l'altro, è stata l'unica proposta sensata fatta da Claudio Martelli quando era ministro della Giustizia. Col sistema attuale infatti non solo siamo costretti à considerare innocenti, in attesa della sentenza definitiva della cassazione, imputati pluricondannati  (con la conseguenza, come contrappasso, che finiamo per considerarli, di fatto, colpevoli appena sono raggiunti da un semplice avviso di garanzia, perché se la sentenza definitiva arriva dopo dieci anni è inevitabile che si tenda ad anticiparla) ma va a finire che i delinquenti non fanno un solo giorno di galera perché, nel frattempo, i reati si prescrivono o interviene qualche “opportuna” amnistia. Se la presunzione di innocenza fosse fermata alla sentenza di condanna di primo grado l'ingegner Carlo De Benedetti,  per fare un' esempio, invece di continuare a impartirci lezione di morale, insieme al suo stipendiato Scalfari, sarebbe in galera da due anni in attesa di scontarne  altri quattro secondo quanto ha stabilito il Tribunale di Milano condannandolo per bancarotta fraudolenta ai danni del Banco Ambrosiano: Non sarebbero a piede libero inveterati malfattori come Tassan Din, Gelli e Ortolani. Sono invece favorevole a quella parte della proposta Fo-Rame in cui si chiede che le Camere votino una legge che consenta l'immediato ritiro del passaporto ai parlamentari inquisiti per Tangentopoli. Per due motivi. Perché il ritirò del passaporto non è una pena (e quindi la sua introduzione non va a cozzare contro il principio della irretroattività della legge penale), ma una misura cautelare per impedire che possibili autori di reati si sottraggano alla giustizia. Italiana. E perché è fin troppo evidente, e anche dichiarata, l' intenzione di molti parlamentari coinvolti in Tangentopoli di farsi trovare all'estero il giorno in cui, fatte nuove elezioni, ritornassero nella condizione di comuni cittadini e quindi passibili non solo di indagini, ma anche di arresti, di processi e di condanne. E questo sarebbe veramente troppo. Si voti quindi, subito, una legge che consenta il ritiro del passaporto ai parlamentari inquisiti e si vada, immediatamente dopo, alle elezioni anticipate. Perché le elezioni, lo andiamo ripetendo da tempo, sono l'unico modo legittimo per liberarci definitivamente di questa classe politica corrotta e per portarla, una volta ricondotta allo stato “laicale”, cioè del cittadino qualunque, davanti ai tribunali perché sia giudicata secondo quelle leggi che valgono per tutti gli altri.  Detto questo devo aggiungere che trovo insopportabili, eccessive e fuori posto le continue lamentazioni perché i politici corrotti sono sottoposti “al linciaggio pubblico” o, come dice Gismondi, a “giustizie sommarie”. In altri Paesi, anche democratici, politici che si sono comportati come i nostri, soprattutto se ministri o ex ministri o presidenti del Consiglio o ex presidenti del Consiglio, sarebbero finiti davanti alla Corte marziale. Perché questi personaggi non hanno commesso singoli reati, seppur gravi, ma approfittando della loro posizione si sono dedicati alla sistematica e organizzata spoliazione delle casse dello Stato portando il Paese sull' orlo della bancarotta. In altri Paesi, anche democratici, un fatto del genere configurerebbe il reato di alto tradimento e i signori in questione sarebbero stati trasferiti alla competenza di tribunali militari e passati per le armi. Altro che piagnucolare perché Craxi viene accolto a botte di “ladro” per le strade di Roma o perché Pillitteri viene preso a borsettate, sulla piazzetta di Portofino dove sverna tranquillamente, da una signora inferocita.