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Giù, sempre più giù, sempre più in basso, verso la fogna. Nei giorni scorsi il dibattito politico-mediatico si è focalizzato su una questione di fondamentale importanza: la virilità del presidente del Consiglio. L’Unità, ripresa in modo un po’ più soft da Repubblica ed Espresso, ha scritto senza mezzi termini che il premier è impotente. Il Cavaliere ha proposto azione civile di danno chiedendo due milioni di risarcimento.    
La sinistra e il sindacato giornalisti hanno gridato all’intimidazione, all’attentato alla libertà di stampa.

In linea di massima il premier ha tutto il diritto di chiamare in giudizio i responsabili di gravi offese personali che nulla hanno a che fare con la politica, anche se, per la verità, Berlusconi un po’ se la tira addosso perché gioca continuamente e narcisisticamente sul personale ed è arrivato a vantarsi della sua virilità anche in Parlamento. Però sull’esercizio di questo legittimo diritto pesa un "ma" che si chiama "Lodo Alfano" . Sappiamo benissimo che questo inqualificabile "lodo", che lede il principio cardine della liberaldemocrazia, l’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, è stato varato per sottrarre Berlusconi al "processo Mills"; estremamente insidioso perché è stato lo stesso avvocato inglese a confessare, in una lettera al suo commercialista, di aver ricevuto 600 mila dollari da Berlusconi e infatti è stato condannato teste corrotto dal Tribunale di Milano che ha stabilito anche che Berlusconi è il corruttore pur non potendolo giudicare proprio in virtù del "Lodo Alfano". Berlusconi ha capito benissimo, fin dall’inizio, che con i tempi biblici della giustizia italiana la cosa migliore per cavarsela, se si è imputati in un processo, è allungarli ulteriormente. E per questo ha inzeppato il Codice di procedura penale di leggi che rendono il processo ancora più farraginoso. Il "Lodo Alfano" risponde a questa logica. Quando alla fine del suo mandato Berlusconi potrà finalmente essere trascinato in giudizio il processo, per quanto lo riguarda, dovrà ripartire dall’inizio. La prescrizione è assicurata.

Ma naturalmente non poteva essere questa la motivazione ufficiale del "Lodo". La motivazione ufficiale è che un premier, che ha l’onere di guidare un Paese, non può perdere il suo tempo nei processi. Bene, ma se questo vale quando il premier è imputato, dovrebbe valere anche quando è parte lesa. Se perde la capacità passiva (non può essere portato in giudizio) dovrebbe perdere anche quella attiva (non può portare in giudizio altri). Ma messe le cose come le ha messe l’ineffabile "Lodo Alfano" Berlusconi può darmi del farabutto senza patire conseguenze, ma se io lo ripago della stessa moneta può trascinarmi in Tribunale. Il che aggrava ulteriormente la violazione del principio di uguaglianza perpetrata dal "Lodo Alfano".

Siccome la sinistra è cretina non ha rilevato questa incongruenza ma ha preferito gridare all’attentato alla libertà di stampa che in questo caso, diversamente da altri ("editti bulgari" e compagnia), non c’è perché il premier ha esercitato un suo diritto, sia pur reso dubbio dal "Lodo Alfano".

Ma anche il Pdl non scherza. Da alcuni esponenti forzisti è stato sostenuto che il fatto che Berlusconi abbia agito in giudizio "dimostra che ha fiducia nella Magistratura". Ma stiamo scherzando? Sono quindici anni che Berlusconi personalmente, i suoi parlamentari, i suoi media conducono una costante e devastante campagna di delegittimazione della Magistratura italiana.

In terra di Spagna, da premier, Berlusconi dichiarò davanti a tutta la stampa internazionale, mentre Aznar lo tirava disperatamente per la giacca, che Mani Pulite, cioè inchieste e sentenze della magistratura del Paese che guidava, era stata "una guerra civile". Non c’è stata volta in cui lui o i suoi sodali sono stati raggiunti da un provvedimento giudiziario che non abbia gridato al "complotto" accusando i magistrati, senza degnarsi di fornire uno straccio di prova, del resto più grave che possano commettere nell’esercizio della loro funzione. Ancora quattro giorni fa ha dichiarato che le Procure di Milano e di Palermo "cospirano" contro di lui. E chi ha detto che "i magistrati sono antropologicamente dei pazzi"? Che un uomo del genere si appresti a varare la riforma del Codice penale fa venire i brividi.