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da "Il Fatto" del 14 ottobre 2009

Il Corriere, forse per farsi perdonare da Berlusconi che lo ha bollato come "giornale di sinistra" ("robb de matt", ma fine meritata di tutti i servi sciocchi: così il duo Mieli-De Bortoli impara a difendere, come fa da quindici anni con i similiberali Panebianco, Della Loggia, Ostellino, Batista, ogni illiberismo, ogni illiberalità, ogni indecenza democratica del Cavaliere), si è precipitato, il giorno dopo, a intervistare Marina Berlusconi e il ministro  del Lavoro Maurizio Sacconi (Pdl). Particolarmente interessante l'intervista a costui perché mischia un mucchio di corbellerie a cose inquietanti.Cominciamo con le corbellerie. «L'anomalia, se uno guarda la storia di questo Paese, non è Berlusconi».

No, il possesso dell'intero comparto televisivo privato nazionale da parte di un singolo imprenditore, il conflitto di interessi, il potere concentrato nelle sue mani, non sono anomalie, «l'anomalia è l'antica vocazione di alcuni a criminalizzare l'avversario, oggi è Berlusconi, ieri era Craxi, era Andreotti, era Bisaglia, era Scelba, era anche De Gasperi... una lunga lista di leader moderati». A parte che definire "moderato" un uomo violento come Berlusconi, che ha via via delegittimato tutte le Istituzioni del Paese, pare un tantino azzardato («il moderatismo non è un luogo dello schieramento politico, ma un modo di essere» ha detto bene una volta Mino Martinazzoli), Sacconi, per quel che riguarda gli anni Cinquanta e i primi Sessanta, non conosce la storia d'Italia. In quegli anni lo scontro ideologico era durissimo (si trattava di scegliere fra una società marxista e una liberale), ma il rispetto per la persona dell'avversario era fuori discussione. Basterebbe ricordare le "Tribune politiche" condotte da Jader Jacobelli. Io posseggo un carteggio fra mio padre, Benso Fini, direttore di un quotidiano liberale, Il Corriere Lombardo, e i comunisti Armando Cossutta, Corrado De Vita, Davide Lajolo, dai toni civilissimi.

Al momento del dunque quegli uomini si sarebbero presi a fucilate ma si rispettavano. Perché, si chiamassero De Gasperi, Einaudi, Saragat, Nenni o Amendola, meritavano rispetto.Oggi, secondo Sacconi, quella tendenza storica a demonizzare l'avversario che si è inventata sarebbe passata nei revenant della sinistra e «nelle nuove forme di radicalismo populista: Di Pietro per intenderci». Se Di Pietro è populista Bossi e Berlusconi, con i loro continui appelli al "popolo sovrano", cosa sono? In ogni caso Sacconi pone qui una questione quasi metafisica: come si fa a non demonizzare il Demonio? Spunta Satanasso, io dico: «Cribbio, il Demonio!». Arriva Sacconi e ammonisce: «Zitto, mascalzone, lo stai demonizzando». Se Craxi viene condannato a dieci anni e passa per concussione sono io che lo "criminalizzo" o è che lui è un criminale?Sacconi proseguendo nel proprio ragionamento da buon populista afferma che Berlusconi «merita rispetto» in quanto «espressione del popolo».

E certo come presidente del Consiglio ha diritto al rispetto da parte delle altre Istituzioni. Ma chi non rispetta chi in Italia? Napolitano che non ha mai proferito verbo contro il premier? La Corte Costituzionale che, com'è sua prerogativa, si è pronunciata sulla legittimità di una legge? La magistratura ordinaria che, com'è suo dovere, lo ha inquisito per delle ipotesi di reato che spesso si sono rivelate molto più che delle ipotesi? O non è stato piuttosto Berlusconi a «mancare di rispetto» a tutte le altre Istituzioni? Accusando il Capo dello Stato di non essere imparziale, cioè di  essere venuto meno al principale dovere della sua carica, e addirittura, cosa inaudita, di non aver fatto pressioni sui giudici della Consulta per orientare la decisione sul "Lodo Alfano" col che avrebbe davvero tradito la sua funzione e commesso un reato da "impeachment".

Accusando la Corte Costituzionale di aver emesso una "sentenza politica" e quindi quei magistrati del più grave dei reati che si possa loro addebitare: non aver applicato la legge agendo per fini diversi da quelli di giustizia. Idem tutte le infinite volte che ha accusato la magistratura ordinaria di "complotto".Seguendo la linea di deligittimazione della Magistratura tanto cara al suo Capo, Sacconi dice: «Una sentenza come quella del tribunale civile di Milano contro Fininvest induce una tremenda insicurezza in tutti, anche nel più piccolo imprenditore il quale ha la percezione che possa accadere l'imponderabile, che pure la richiesta più assurda possa essere accolta, con il risultato di una sopravvivenza passiva mai messa in conto». Una corbelleria senza logica che fa da "trait d'union" con la parte inquietante. «Bisogna rafforzare la leadership democratica dell'Italia» per non danneggiarne l'economia e il ruolo internazionale. «Ogni italiano deve sentirsi parte di un legittimo e condiviso interesse nazionale. Nessuno, pur di arrecare danno al proprio concorrente politico o in affari, può giocare contro il proprio Paese.

E invece si tenta ogni giorno di deligittimare la leadership di Berlusconi a costo di sostenere interessi antinazionali». Insomma non bisogna disturbare il manovratore e se poi fa strame di interi capitoli del Codice penale, delle Istituzioni, della Costituzione che sarà mai di fronte all' "interesse nazionale"? Questo fu l'argomento "populista" che spianò la strada al fascismo: che i treni arrivassero in orario, per il resto Mussolini facesse quello che voleva. Ma più sinistro ancora è quel chiodo, battuto ogni giorno anche dai giornali-mazzieri del premier, dell' "antitalianità" dell'opposizione se appena osa opporsi. Perché ricorda da vicino le purche staliniane contro «gli elementi oggettivamente antisovietici».Questo è l'ineffabile ministro del Lavoro Maurizio Sacconi il quale, scorrendo il suo curriculum (sindacalista Cgil a 18 anni, poi senatore Pdl), non ha fatto una sola ora di lavoro in sessant'anni di vita. Un premiato "fannullone". Intervenga Brunetta.

Massimo Fini