0
0
0
s2sdefault
powered by social2s

Caro Direttore,

il Fatto di ieri pubblica un comunicato di Amnesty International che denuncia “stupri di gruppo e caccia all’uomo realizzati casa per casa dalle squadre della morte dei talebani sono solo alcune delle testimonianze strazianti di civili che sono emerse da Kunduz”.

Non sono là, purtroppo. Ma per via puramente induttiva mi pare che la veridicità del contenuto del comunicato sia assai dubbia. Lasciamo pur perdere che alla presa di Kunduz il capo dei Talebani Mansour, erede del Mullah Omar di cui segue la linea, aveva ordinato ai suoi uomini di ”concentrare l’attenzione sulla tutela delle vite, delle proprietà e dell’onore dei cittadini di Kunduz. L’Emirato Islamico non ha alcuna intenzione di colpire le loro proprietà personali, commettere esecuzioni extragiudiziali, saccheggiare o non rispettare l’inviolabilità delle case”. Potrebbe essere propaganda preventiva. Ma: 1) I Talebani non hanno alcun interesse a colpire la popolazione civile sul cui appoggio si sostengono. Che un movimento di resistenza all’occupazione dello straniero possa durare quattordici anni senza l’appoggio della popolazione, o di parte di essa, è escluso. Questo dovrebbe essere evidente a chiunque. 2) Non sono mai esistite ‘squadre della morte’ talebane (almeno non se ne è mai avuta notizia durante i lunghi quattordici anni di guerra). 3) Stupri di gruppo. Il movimento talebano nasce fra il ’92 e il ’94 proprio per reagire, fra le altre violenze, agli stupri perpetrati dai ‘signori della guerra’ e dai loro sottopanza. La carriera di leader del Mullah Omar inizia col salvataggio di due ragazze rapite da questi criminali nel suo paese, Singhesar, e poi di un ragazzo conteso fra due capibanda. Tutte le donne che sono state prigioniere dei Talebani, dalla cooperatrice dell’Ong Terre d’enfance Céline Cordelier alla giornalista inglese Yvonne Ridley, sono state trattate con correttezza e rispetto. Sta proprio nella sessuofobia talebana il rigetto di simili pratiche. Tutte le volte che la coalizione occidentale si trova in difficoltà sparge queste notizie per screditare la guerriglia. Già in un’altra occasione i Talebani erano stati accusati di ‘stupri di gruppo’ poi la notizia si rivelò una bufala. Come una bufala si rivelò la copertina di Times che pubblicava la foto di una donna a cui era stato tagliato il naso attribuendo il misfatto agli uomini di Omar. Non erano stati i Talebani.

La sola possibilità che nella denuncia di Amnesty, organizzazione internazionale molto vicina all’Occidente e niente affatto imparziale, ci sia qualcosa di vero è che ai Talebani si siano uniti nella presa di Kunduz gli uomini dell’ex ‘signore della guerra’, Dostum, uzbeco che ha, chiamiamola così, tutt’altra ‘sensibilità’. Dostum, escluso dal potere di Kabul, può aver avvertito che i Talebani stanno vincendo la partita e quindi cerca di ritagliarsi uno spazio per il futuro. E, se questa ipotesi fosse esatta, i Talebani, che pur lo combatterono e lo cacciarono dal Paese, in questo frangente lo hanno integrato nelle loro file perché ‘à la guerre comme à la guerre’. Del resto un altro ‘signore della guerra’ Gulbuddin Heckmatyar, anch’esso sconfitto nel ’94-’96 dai Talebani, si è unito da tempo al movimento indipendentista.

Amnesty International non è sul posto. C’è invece Médecins sans frontières che ha denunciato che bombardieri americani, intervenuti, insieme ai reparti speciali (altro che ‘consiglieri’) statunitensi, inglesi, tedeschi a sostegno dell’inesistente esercito ‘regolare’ hanno colpito a Kunduz un ospedale uccidendo nove persone, fra cui tre medici, ferendone una trentina e causando altrettanti ‘dispersi’. Notizia successivamente ammessa dal portavoce delle forze Usa in Afghanistan, colonello Brian Tribus, come danni collaterali, non potendone fare a meno perché Médecins sans frontières è un’organizzazione internazionale ben conosciuta e stimata. Possiamo ben immaginare che se si bombarda una città e si colpisce addirittura un ospedale, molte altre vittime civili siano rimaste sotto gli ordigni della Nato. Insomma il solito massacro. Mentre una serqua di notori tagliagole di Stato, Putin, Bashar al Assad, Obama, Hollande, Erdogan litigano per ritagliarsi quanta più fetta di potere in Medio Oriente, vogliamo una volta tanto concentrarci su quanto da quattordici anni succede in Afghanistan e rispondere finalmente alla domanda: che cazzo ci stiamo a fare lì?

Massimo fini

Il Fatto Quotidiano, 4 ottobre 2015