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Ho visto giocare La Quinta una sola volta. L’anno scorso, in una partita decisiva per entrare nei play off. Ma la squadra avversaria, non avendo più alcuna possibilità, era già arresa. Nei primi cinque minuti avete giocato contratti, poi dilagaste. Troppo. Sul 5 a 0 cominciai a tenere agli altri che oltretutto, a partita ormai persa, avevano subito due gol in fuorigioco (mi ricordo uno dell’altra squadra, alto e grosso come un armadio, che diceva, quasi piangendo, al guardalinee “Ma cosa stai facendo?”). Non bisogna mai umiliare gli avversari. In un Milan-Torino di parecchi anni fa, Lucarelli, vero ‘cuore Toro’, dopo il sesto gol dei rossoneri riportando la palla al centro gli disse: “Se osate fare ancora un gol a Torino vi spacchiamo le gambe”.

Mi piacque il numero 11 che si dannava dappertutto. Mi piace il colore orange della maglia che mi ricorda la ‘grande Olanda’ dei Neeskens e dei Cruijff dei miei tempi, l’Olanda del ‘calcio totale’. Che non era il monotono e prevedibile andare su e giù dei terzini di oggi. Era un’altra cosa, molto più disordinata e giocosa: tutti giocavano a tutto campo. Il portiere, Jongbloed, un pazzo, stazionava stabilmente nel cerchio di centrocampo. Potevano permetterselo perché erano undici fuoriclasse. Il difensore centrale, Rijsbergen, pareva uscito, dritto dritto, dal ‘Settimo sigillo’ di Bergman o da una Compagnia di ventura medioevale, completo di armatura. Era talmente aguzzo e puntuto che come lo toccavi ti facevi male.

Le partite de La Quinta le seguo, minuto per minuto, in radiocronaca differita. Me le fa mio figlio, Matteo, che è anche l’allenatore della squadra. Sono quindi in pieno conflitto di interessi. Gli piace un sacco essere chiamato mister e, come tutti i mister, crede che le vittorie siano dovute alle sue straordinarie strategie: aver messo Stiv là, aver lanciato un ‘canterano’ all’ala, aver arretrato il migliore del centrocampo a centrale di difesa (anche se, bisogna ammetterlo, quest’anno l’assenza di Chinca, che sulle prime, credevo si chiamasse Kinka e fosse un acquisto polacco, si fa sentire). Ma se non ci fosse il ‘bomber nano’, che ha una media gol alla Ruud Van Nistelrooy, non ci sarebbe strategia che tenga. Ma in una cosa credo che il mister sia bravo: motivare e, come si dice, tenere unito il gruppo. Che con giocatori poco più che ventenni e altri che sono uomini ormai maturi non deve essere facile.

E adesso l’allenatore lo faccio io, dall’alto della mia età pleistocenica. Ricordatevi, ragazzi, che nel calcio, nello sport e nella vita, la concentrazione è tutto o quasi. Mi ha detto una volta Rudi Nureyev, il più grande ballerino di tutti i tempi: “Il 10% è talento, il resto è costanza”.

Massimo Fini