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In Afghanistan gli uomini dell’Isis, bandiera nera al vento, hanno massacrato 36 civili fra cui bambini per rappresaglia all’uccisione di un loro capo. L’eccidio è avvenuto nella provincia di Ghor che occupa una regione abbastanza centrale di quel Paese. Questo vuol dire che Isis è penetrato profondamente in Afghanistan. Che l’Isis fosse la maggiore minaccia per l’Occidente lo avevo anticipato in un articolo pubblicato sul Fatto Quotidiano del 21 giugno 2014 (“Guerra in Iraq: trappola per l’Occidente”). Previsione che si è puntualmente avverata se è vero che oggi per contrastare l’Isis in Iraq sono schierati francesi, inglesi, americani con l’appoggio dei peshmerga curdi, dei pasdaran iraniani e, in una posizione più ambigua, dei russi. La stessa cosa, se c’è una logica in tutto questo, dovrebbe avvenire in Afghanistan. Invece in Afghanistan gli occidentali continuano a combattere i Talebani e si disinteressano dell’Isis. I Talebani dovrebbero essere considerati, almeno oggettivamente, dei nostri alleati perché, pur sunniti, sono fieri avversari dell’Isis. E’ perlomeno dall’inizio del 2014 che gli indipendentisti talebano-afgani combattono contro l’Isis. All’inizio sulle zone di frontiera con il Pakistan, ma adesso sono costretti a farlo anche all’interno del loro Paese. Tant’è che ora hanno richiamato forze consistenti nella zona di Ghor per contrastare l’avanzata del Califfo. Del resto in uno dei suoi ultimi atti, una lettera aperta ad Al Baghdadi del 16 giugno 2015, che in Italia solo Il Fatto Quotidiano ha pubblicato (“Tutte le morti del Mullah Omar”, 30/7/2015), il Mullah era stato esplicito e gli aveva intimato: non permetterti di cercare di penetrare in Afghanistan perché la nostra è una guerra di indipendenza che non ha nulla a che vedere con le tue mire espansionistiche. E aveva aggiunto: tu stai pericolosamente dividendo il mondo musulmano. E anche questo è puntualmente avvenuto perché oggi c’è una frammentazione di sigle jihadiste che fanno riferimento alle più diverse tendenze (wahabite, salafite, eccetera).

 

Probabilmente il cinico calcolo degli occidentali è: che si ammazzino fra di loro, Talebani e uomini del Califfo, tanto a noi che ce ne importa, anzi ne traiamo vantaggio. Ma non è così. Al contrario, indebolire i Talebani a favore dell’Isis è una pura follia perché i Talebani afgani non costituiscono alcun pericolo per l’Occidente, mentre per l’Isis l’Afghanistan è solo un passaggio per la guerra totale che hanno dichiarato alla nostra civiltà. Inoltre sul piano dei ‘diritti umani’ a cui gli occidentali si dimostrano, a parole, sempre molto attenti, ci sono delle differenze radicali fra Talebani e jihadisti. I primi hanno sempre puntato ad obbiettivi militari e politici e si sono ben guardati, nel limite del possibile, da colpire la popolazione civile, non foss’altro per il fatto che è proprio grazie al sostegno di una buona parte di questa popolazione che possono condurre una resistenza che dura da 14 anni. Ma non c’è solo questo. C’è una profonda differenza culturale e, oserei dire, umana. Gli afgani non sono arabi, sono un antico popolo tradizionale (come i curdi) che ha conservato alcuni valori prepolitici, preideologici, prereligiosi, che si chiamano coraggio, dignità, onestà, rispetto del nemico. Lo si è visto molto bene nel trattamento che hanno sempre riservato ai loro prigionieri, trattati con rispetto e se si trattava di donne con particolare riguardo per le loro esigenze femminili. Né hanno mai usato i bambini per fare la guerriglia, tantomeno in forma kamikaze. Di questi valori gli uomini del Califfo hanno conservato solo il coraggio. Il resto è ferocia. Peraltro la stessa ferocia, mascherata solo dal fatto che noi usiamo macchine e non uomini, degli occidentali. Nella prima guerra del Golfo (1990), in Serbia (1999), in Afghanistan (2001), in Iraq (2003), in Somalia (2006/2007), in Libia (2011) e anche adesso in Siria e in Iraq noi abbiamo fatto, con i nostri bombardieri e i nostri droni, non uno, ma dieci, cento, mille Bataclan. E poiché la ‘guerriglia gentile’ talebana è destinata alla sconfitta, perché per quanto indomiti i Talebani non possono battersi contemporaneamente contro gli occupanti occidentali e gli jihadisti internazionali del Califfo, se, ferocia per ferocia, c’è da scegliere fra uomini e macchine, io sono e sarò sempre dalla parte degli uomini, qualsiasi ideologia professino.

Massimo Fini

Il Fatto Quotidiano, 27 ottobre 2016