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Sul Giornale di ieri nel suo editoriale il direttore Alessandro Sallusti, a proposito della vicenda Consip, scrive: “Non mi unisco al volo degli avvoltoi sui Renzi (e su Verdini)”. Come al solito Sallusti riesce ad aver torto anche quando ha ragione. E’ giusto non accanirsi su persone che attualmente sono solo indagate. Ma Sallusti è colomba o avvoltoio a seconda di ciò che gli fa comodo. Si è dimenticato delle aggressioni da rapaci insaziabili che il suo giornale, come tutta la destra che si fa fatica a chiamare destra e tutta la sinistra, che si fatica a chiamare sinistra, hanno perpetrato nei confronti del sindaco di Roma Virginia Raggi. Del compiacimento che lui e la sua parte politica, come la cosiddetta sinistra, hanno espresso nel vedere il sindaco grillino di Roma interrogato per 8 ore come se fosse Matteo Messina Denaro.

In quanto a Denis Verdini la sua situazione è completamente diversa perché ha avuto una condanna a nove anni di carcere per bancarotta e truffa. Sia pure in primo grado. E’ vero che in Italia esiste la presunzione di innocenza fino alla sentenza definitiva della Cassazione. Ma data la lunghezza abnorme dei nostri processi, che è il vero problema della Giustizia italiana, su cui inutilmente mi sgolo da quarant’anni, la presunzione di innocenza finisce per tradursi in una sostanziale impunità. Mi pare sia stato Claudio Martelli, quando era ministro della Giustizia, a proporre che dopo una condanna di primo grado la presunzione di innocenza fosse trasformata in una più ragionevole presunzione di responsabilità. In ogni caso le regole della Giustizia sono diverse da quelle della politica. Non è in alcun modo ammissibile che un senatore della Repubblica continui a fare politica avendo sul capo una condanna a nove anni di carcere e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Dovrebbe uscire immediatamente di scena.

Così come sarebbe semplicemente pazzesco che Silvio Berlusconi, anche qualora la decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo gli fosse favorevole, diventasse presidente del Consiglio. Perché il giudizio della Corte, anche se favorevole, non annulla la condanna a quattro anni per frode fiscale. Un premier condannato in via definitiva per un reato grave si potrebbe vedere solo in Italia. E forse lo si vedrà. Perché in Italia tutto è possibile, tranne che lorsignori, a differenza dei comuni cittadini che La Repubblica, giornale di sinistra che più di sinistra non si può, chiama senza pudore e senza vergogna “plebe”, paghino fino in fondo le conseguenze dei loro crimini.

Massimo Fini

Il Fatto Quotidiano, 4 marzo 2017