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Non più di tre o quattro giorni fa Matteo Renzi, ex premier e ora segretario dimissionario del Pd, dichiarava (a proposito di Luca Lotti, di Virginia Raggi e di altri) che qualsiasi cittadino deve essere considerato innocente fino a sentenza definitiva, che in Italia è quella della Cassazione. Giusto. Renzi non ha fatto che ripetere quanto sancito dall’articolo 27 della Costituzione che recita: “l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva”. L’altroieri il Senato, con l’apporto dello stesso Pd, o di parte di esso, ha respinto il parere favorevole della Giunta per le immunità alla decadenza da senatore di Augusto Minzolini condannato in via definitiva dalla Cassazione a 2 anni e 6 mesi di reclusione e all’interdizione dai pubblici uffici per peculato continuato (ha usato la carta di credito della Rai per spese personali per un ammontare di 65 mila euro, diciamo quattro o cinque volte lo stipendio annuale di un normale cittadino). Esiste quindi una presunzione d’innocenza che va anche oltre la condanna definitiva? Ho sentito una senatrice del Pd affermare che c’era un sospetto di ‘fumus persecutionis’ nei confronti di Minzolini. Ora il ‘fumus persecutionis’ può eventualmente essere invocato quando un giudice chiede l’autorizzazione all’arresto di un parlamentare nel corso del processo e quindi nessuna condanna definitiva era stata inflitta all’imputato. Ma non può esistere un ‘fumus persecutionis’ di fronte a una sentenza definitiva. Se lo si ammettesse vorrebbe dire che in Italia i gradi di giudizio non sono più tre (primo grado, Appello, Cassazione) ma quattro perché, almeno nel caso di deputati e senatori, il Parlamento si costituisce come Corte di ultima istanza.

La legge Severino non fa che confondere le acque. Poniamo pure che sia incostituzionale. La domanda che si pone il privato cittadino, la mia domanda, è: posto che il senatore o il deputato può venire salvato dal Parlamento dallo scontare la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici è anche esentato dallo scontare la pena principale cioè il carcere se al carcere è stato condannato? Evidentemente sì, visto che Minzolini, condannato a 2 anni e 6 mesi di carcere, è a piede libero. Ma se un cittadino comune, che non appartiene a questa oligarchia, è condannato alla reclusione per un periodo superiore a due anni e non può usufruire della sospensione condizionale della pena, in carcere o ai domiciliari o ai servizi sociali ci va senza se e senza ma.  

Queste mie considerazioni potranno probabilmente sembrare agli addetti ai lavori e anche ai lettori, ingenue e magari mal formulate. Ma la sostanza è inequivocabile: noi siamo nella Fattoria degli animali di cui parlava George Orwell, a proposito del comunismo staliniano, “dove tutti gli animali sono uguali, ma ce ne sono alcuni più uguali degli altri”. Insomma è stato sancito ufficialmente che la legge non è uguale per tutti, principio cardine di ogni ordinamento democratico e che nel nostro caso è sancito dall’articolo 3 della Costituzione: “Tutti i cittadini…sono eguali davanti alla legge”. Noi non siamo che sudditi, pecore da tosare, asini al basto. E, quel che è peggio, accettiamo di essere tali. Siamo in fondo degli animali mansueti. Ma un giorno o l’altro l’esasperazione che cova sottopelle in quelle pecore e in quegli asini che oggi noi siamo esploderà d’improvviso. E scorrerà il sangue. Perché, come dice la Bibbia, “terribile è l’ira del mansueto”.

Massimo Fini

Il Fatto Quotidiano, 18 marzo 2017