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Finalmente. Finalmente un leader europeo ha avuto il coraggio di affermare che gli Stati Uniti e gli inglesi non sono più gli alleati di sempre, che l’Europa non è più disposta a farsi tappeto di fronte alle loro iniziative e che deve fare da sola sia economicamente che militarmente. E questo leader è Angela Merkel che guida, e probabilmente guiderà per altri cinque anni, il più importante Paese europeo. Questo è il senso delle parole che Merkel ha detto domenica a Monaco. Non c’è in questo caso la necessità di fare interpretazioni diplomatiche perché la Merkel è stata chiara: “I tempi in cui potevamo contare pienamente su altri sono in una certa misura finiti…noi europei dobbiamo veramente prendere il nostro destino nelle nostre mani…dobbiamo essere noi stessi a combattere per il nostro futuro”.

I giornali italiani, come sempre più realisti del re, hanno preso queste parole di Merkel come una dichiarazione di guerra a Donald Trump. Non è così, è una dichiarazione di guerra agli Stati Uniti tout court e Trump è stato solo un pretesto, utilissimo vista la scarsissima considerazione di cui l’attuale Presidente Usa gode in Europa anche fra i più trinariciuti seguaci degli Stati Uniti. Così come un pretesto è l’intenzione di Trump di stracciare l’accordo di Parigi sul clima siglato da tutti i Paesi del mondo, Cina e Russia comprese. Merkel ha solo colto la palla al balzo per denunciare una sudditanza agli Stati Uniti che se aveva un senso fino al 1989, cioè fino a che è esistita l’Urss, oggi non solo non lo ha più ma è diventata intollerabile, innanzitutto moralmente, per noi europei. La politica economica degli Stati Uniti ha certamente un peso in questa decisione della Merkel, che possiamo definire sul serio, una volta tanto, “storica”, ma non è la questione più importante. E’ che la Germania, sotto la guida della Merkel, vuole liberarsi una volta per tutte del giogo americano. E si spera che gli altri Stati europei, Italia in primis, non siano così stolidi da non seguirla.

C’erano stati alcuni preannunci di questa decisione, il più importante dei quali è il risaldato rapporto con la Francia. Ma ce n’erano stati altri più subliminali come la sostanziale riluttanza della Germania ad aderire alle sanzioni contro la Russia per la questione ucraina.

 Questa dichiarazione della Merkel ha alcune conseguenze, alcune esplicite, altre implicite. Quando la Merkel dice “noi europei dobbiamo veramente prendere il nostro destino nelle nostre mani…dobbiamo essere noi stessi a combattere per il nostro futuro” ciò implica che l’Europa, indebolita dal punto di vista militare dall’uscita di una potenza nucleare come la Gran Bretagna ma nello stesso tempo anche rafforzata dalla Brexit perché gli inglesi sono strettissimi alleati degli americani, deve finalmente farsi un proprio esercito (e qualche iniziativa, per ora flebile, c’è già: la Bundeswehr ha incorporato alcune brigate olandesi, rumene ceche) come avevano già tentato di fare tedeschi e francesi a metà degli anni ‘80, ma che erano stati bloccati dagli Stati Uniti perché, obbiettavano, c’era già la Nato. Ecco, la Nato. Il prossimo passo da fare è proprio denunciare l’accordo Nato, questa alleanza sperequata che, sotto qualche apparenza formale, è in assoluto dominio degli americani. Tutte le guerre recenti, dalla Serbia all’Afghanistan all’Iraq alla Libia, sono state condotte sotto il vessillo Nato ma sono tutte guerre americane che, per sopramercato, tre su quattro (Serbia, Iraq, Libia) sono state condotte contro la volontà dell’Onu e che hanno praticamente demolito la credibilità delle Nazioni Unite. E tutte queste guerre hanno finito per rovesciarsi rovinosamente sull’Europa (le migrazioni dall’Africa, dopo l’irresponsabile e criminale defenestrazione di Gheddafi, ne sono un clamoroso esempio).

La Nato, di fatto, è stato il principale strumento con cui gli Stati Uniti hanno tenuto in stato di minorità l’Europa, dal punto di vista politico, militare, economico, giuridico e alla fine anche culturale.

Naturalmente la strada imboccata da Merkel, se avrà la forza di proseguirla, e anche se dovesse avere l’indispensabile appoggio degli altri Stati europei, è difficilissima. Solo in Germania le basi militari Usa e Nato, alcune delle quali nucleari, sono circa un’ottantina e i militari americani sul suolo tedesco circa 70.000, in Italia sono una sessantina e i militari americani presenti nel nostro Paese sono circa13.000 (e sottratti alla giurisdizione del nostro Paese, Cermis docet). Ma altre basi Usa o Nato, che sono praticamente la stessa cosa, stazionano in tutta Europa. La più grande base militare americana sta in Kosovo, perché la guerra alla Serbia non è stata fatta dagli Stati Uniti semplicemente a favore degli indipendentisti albanesi, ma proprio per impadronirsi di fatto di quel territorio.

Insomma a 72 anni dalla fine della Seconda guerra mondiale che gli Stati Uniti hanno vinto e l’Europa ha perso, il Vecchio Continente è ancora sotto occupazione americana. E’ quindi venuta l’ora di dire con molte più ragioni di quelle che avevano gli ‘antagonisti’ degli anni Sessanta e Settanta, perché allora incombeva ancora l’Unione Sovietica, “Yankee go home!”.

Il Fatto Quotidiano, 30 maggio 2017