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La prima volta che ho messo piede in Corsica, prendendo il traghetto da Livorno, correva l’anno 1970. Poi per molti anni ci sono tornato saltuariamente. Dal 2001 ci passo l’estate ogni anno e qualche puntata la faccio anche d’inverno, con un clima durissimo perché la Corsica ha monti alti quasi tremila metri (il Cinto, per la precisione, 2700 m.), il che vuol dire estati fresche ma inverni molto rigidi. I corsi quindi credo di conoscerli piuttosto bene. Io li definisco degli ‘afgani minori’. Se non gli vai a sangue è bene che giri al largo. Mi ricordo che uno dei primi anni mi ero messo in testa di andare in un paese molto interno, Muna, addossato alla montagna. Dalla Baia della Tuccia, poco sopra Ajaccio, dove mi trovavo, a Muna ci saranno stati in linea d’aria una cinquantina di chilometri, ma allora le strade corse dell’interno erano tutte sterrate, poco più che delle piste. Ci mettemmo quattro ore e passa per arrivare sul posto. All’ingresso del paese c’era il cadavere di un cinghiale impiccato a un cartello stradale bucherellato di pallottole. Ci avviammo per salire verso il grumo di case e passammo davanti a una tavolata di una ventina di persone. Salutammo. Loro ‘gnanca un vers’. Dopo aver esplorato il paese, deserto, ridiscendemmo evitando prudentemente di ripassare davanti a quella tavolata un po’ inquietante. Ma mentre salivamo in macchina sentimmo lo sparo di una doppietta, seguito subito dopo da un altro. Era un avvertimento: per questa volta vi abbiamo lasciato fare, ma se non ci riprovate è meglio.

I corsi sono rudi, chiusi, di poche parole, diffidenti. Un misto, per intenderci, fra un cuneese e un ligure di Ponente (‘stundaiu’ si dice in dialetto). Però se entri nel loro mondo e nella loro fiducia le cose cambiano. L’anno scorso in un modesto albergo di Sagone (Saone), il Cyrnos, ho affittato una stanza altrettanto modesta, ma che ha un pregio inestimabile: esco in costume, faccio letteralmente tre passi, scendo tre scalini di legno e sono sulla spiaggia. Il padrone del Cyrnos, Acciari, è della pasta ‘stundaiu’. Ci consegnò le chiavi borbottando qualcosa di incomprensibile e sparì. Ma poiché, dopo un po’, si accorse che non rompevamo troppo i coglioni, una sera, in segno di amicizia, portò in tavola un demi pichet di mirto e ce lo scolammo insieme. Al momento di partire mi accorsi che non avevo i soldi per pagare e Acciari, per delle sue ragioni, non accettava le carte di credito. “Come facciamo?” chiesi. “Mandatemi un bonifico dall’Italia”. “Ma lei non ci conosce, non sa nemmeno chi siamo, potremmo battercela all’inglese”. “Confiance par confiance” rispose lui.

Ma i veri corsi non sono quelli della costa, ma quelli dell’interno (E più quelli del nord che del sud che risente della Sardegna, sia per i prezzi che per i ‘fighetti’ che la bazzicano. Fu a Cavallo, nell’estremo sud, che quell’imbecille di Vittorio Emanuele, per una banale lite, fece partire dal suo fucile un colpo che ferì a morte il diciannovenne Dirk Hammer). I corsi dell’interno io li chiamo ‘i pelosi’ perché hanno antropologie scomparse da tempo in Europa: petti villosi, bicipiti non da palestrati effeminati, mani pesanti. Sono loro che quando gli albergatori e i ristoratori della costa francesizzano un po’ troppo scendono al mare (‘u mare’ c’è scritto nei cartelli stradali di mezza collina, con una sfumatura di disprezzo) per rimetterli in riga. Detestano i turisti. Ci sono paesi dell’interno (ma qualcuno anche sul mare, come Tollare sul Dito) che non hanno né un bar, né un tabaccaio e nemmeno un carrettino con i gelati.

Sono ‘i pelosi’ che hanno alimentato per decenni l’indipendentismo armato corso, con l’appoggio della popolazione. All’epoca se giravi in auto per le strade interne vedevi di quando in quando appesi al ramo di un albero dei panieri da cui spuntavano delle baguette e dei salami. Erano i rifornimenti per quelli che stavano alla macchia. Sono loro che hanno salvato l’isola dalla cementificazione facendo saltare in aria i Mediterranee e le case dei francesi. Ho conosciuto alcuni capi dell’indipendentismo di ultima generazione, gli ecoindipendentisti, i ‘terroristi gentili’ come li chiamo io riprendendo da Camus. Fanno quello che devono fare badando però bene a non spargere una sola goccia di sangue. Mi ricordo un episodio in particolare. Dovevano far saltare una casa di francesi affittata a una coppia di italiani con dei bambini molto piccoli. Entrano: “Dovete venire con noi. Staremo fuori alcune ore. Riempite i biberon, copritevi bene, portate con voi gli oggetti personali indispensabili”. Finita l’azione li riaccompagnarono al sicuro.

L’appoggio della popolazione. Qualche anno fa nei giorni precedenti un referendum sull’autonomia della Corsica il ministro degli Interni francese dell’epoca, Sarkozy –sempre lui- ebbe la brillante idea di far arrestare a Porto Pollo Ivan Colonna che tempo addietro aveva ucciso a pistolettate il prefetto di Ajaccio e quelli che lo avevano tenuto nascosto. Nella notte nell’albergo in cui andavo da anni sentii, insonne come sempre, un insolito trambusto. La mattina dopo tutti, il panettiere, il fruttivendolo, il tabaccaio, che mi erano sempre parse persone tranquille, indossavano una maglietta gialla con delle scritte: “Ospitare non è un reato”, “Colonna libero”, “Corsica indipendente”. Il proprietario dell’albergo che si era sempre chiamato Fabien ora si faceva chiamare Fabianu. E la Francia perse quel referendum.

Oltre ai turisti, e più dei turisti, i corsi detestano i francesi, li considerano degli occupanti. Il 14 luglio dell’anno scorso dopo l’attentato sulla Promenade des Anglais a Nizza che aveva terrorizzato la Francia non ho sentito un solo corso farne cenno. Non era una cosa che li riguardava. Durante la finale degli Europei Francia-Portogallo tifavano per Cristiano Ronaldo. Non guardano nemmeno il Tour, devo essere io a chiedergli di accendere la tv.

Da due anni gli indipendentisti hanno smilitarizzato, ma l’idea di fondo rimane la stessa: non vogliono che la Corsica diventi la Disneyland della Francia. Poiché la Corsica interna si sta spopolando, per attirarvi i giovani hanno varato un progetto per rilanciare, in prospettiva futura, l’allevamento (l’isola è ricca di suini, bovini, ovini) e l’agricoltura. Per questo editano anche un trimestrale, Isula muntagna, molto ben fatto, ricorda un po’ graficamente il nostro Millennium.

L’Isis ai corsi non gli fa un baffo. Agli imbarcaderi della Corsica Ferries, a Bastia, una graziosa ragazza –la Casta non è un’eccezione- solleva solo il cofano posteriore della macchina. L’Isis in Corsica non entrerà mai. Non solo perché, come i corsi, non la considera Francia, ma soprattutto perché la mafia corsa controlla e qui si conoscono tutti. Uno jihadista verrebbe riconosciuto a un chilometro di distanza e farebbe la fine del cinghiale impiccato al cartello stradale di Muna.

Massimo Fini

Il Fatto Quotidiano, 18 settembre 2017