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Quando tutto ciò sarà finito saremo profondamente cambiati. Poiché molte persone, pur senza ancora raggiungerle, saranno spinte verso le soglie di povertà si vedranno costrette a concentrarsi sull’essenziale. Anche perché è prevedibile che i beni essenziali rincareranno e di molto e quindi bisognerà tesaurizzare per averli lasciando perdere il superfluo. Certo potrebbe intervenire il governo con misure di calmieraggio, ma è dai tempi della peste raccontata dal Manzoni che tutti quelli che hanno letto I promessi sposi almeno a scuola sanno che il calmiere non serve a nulla se non a scatenare il mercato nero.

Quando tutto ciò sarà finito saremo maggiormente coscienti che la Natura non è ‘altro da noi’ ma che noi ne facciamo parte integrante e ne dobbiamo seguire le inderogabili leggi e non manipolarla e saccheggiarla stolidamente come stiamo facendo da un paio di secoli, dilapidando la Natura noi dilapidiamo noi stessi. Del resto è lo stesso Bacone, uno dei padri della rivoluzione scientifica, ad affermare: “L’uomo è il ministro della Natura e alla natura si comanda solo obbedendo a essa”.

Quando tutto ciò sarà finito avremo preso una maggior confidenza con la morte. Fra gli abitanti del Creato gli esseri umani sono gli unici ad aver consapevolezza della propria fine. Ma, com’è normale e, direi tautologicamente, umano, fanno di tutto per mascherarla o per dribblarla (sono convinto che tutte le religioni che rimandano al metafisico sono nate per questo). Senza nulla togliere alla gente semplice i poeti, più sensibili, sono sempre stati coinvolti dalla caducità della vita: “Ognuno sta solo sul cuor della terra trafitto da un raggio di sole: ed è subito sera”, Quasimodo; “Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie”, Ungaretti. Il Coronavirus è un salutare “memento mori”. Ed è inutile lasciarsi andare a superstiziosi scongiuri che non servono a nulla.

Insomma sono convinto che quando tutto ciò sarà finito ne usciremo migliorati. Almeno per un po’, perché l’uomo, per vivere, ha anche bisogno di dimenticare, un’eccessiva memoria, con i suoi dolorosi ricordi, con i suoi rimpianti, con i suoi rancori, non è una buona compagna.

Ma vale anche ciò che si diceva dopo il Secondo conflitto mondiale: “Sì, la guerra è bella, per chi è rimasto vivo”.

Massimo Fini

Il Fatto Quotidiano, 15 marzo 2020