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Nell’ambito del G7 è stata ventilata, sia pur in modo sotterraneo, la candidatura di Mario Draghi a segretario della Nato. Draghi andrebbe a fare la bella statuina perché la Nato è un organismo nelle piene mani degli americani che, per coprire in qualche modo questa realtà, fanno nominare segretario un norvegese, come l’attuale Jens Stoltenberg, o un danese o comunque il rappresentante di un paese che nell’ambito Nato non conta nulla. Il lato favorevole della faccenda è che ci libereremmo di Draghi come premier che è riuscito a far peggio del bistrattatissimo Conte. La confusione sui vaccini è stata massima. Ma la cosa più grave è di aver voluto, per accontentare il generale Figliuolo, esaurire a tutti i costi le scorte di Astrazeneca dandole ai giovani che, in quanto tali, col Covid non rischiavano nulla. Cioè per un motivo economico s’è messa a rischio, sia pur marginale, la salute di una parte della popolazione, mentre tutto lo sforzo di Conte è stato quello di mettere la salute in primo piano a sfavore dell’economia.

Ma il problema non è questo. Il problema è che cosa ci facciamo noi Italia nella Nato. È in forza della Nato che abbiamo seguito l’avventurismo americano in Afghanistan, in Iraq e in Libia dove a tutto avevamo interesse (ce l’avevano i francesi) tranne che a defenestrare il colonnello Gheddafi. Le operazioni Nato in Iraq e in Libia, da cui i tedeschi di Angela Merkel si sono tenuti ben lontani, non avevano la copertura dell’Onu, come non aveva la copertura dell’Onu l’aggressione alla Serbia di Slobodan Milosevic la cui sola colpa era di essere rimasto l’ultimo paese socialcomunista d’Europa. E si sa che mentre un tempo fra l’intellighenzia europea bastava essere comunisti per avere ragione, poi ne è venuto un altro in cui bastava essere comunisti per avere torto. Sulla Serbia dissi queste cose a Ballarò di Floris, presente Massimo D’Alema che era premier all’epoca di quella aggressione del tutto immotivata e che ha finito per favorire la componente islamica dei Balcani, quell’islamismo che oggi provoca isterie “Fallaci style”, dove Isis ha trovato un buon punto di riferimento.

La lezione dell’Afghanistan non ci è bastata? Evidentemente no. Al G7 non s’è fatto altro che parlare di multilateralismo, di stretta alleanza fra “le due sponde dell’Atlantico”. Il “multilateralismo” non è altro che la conferma della sudditanza europea nei confronti degli Stati Uniti. Sudditanza di cui la Nato è stata strumento essenziale per mantenere l’Europa in uno stato di minorità, militare, politica, economica e alla fine anche culturale.

Lasciamo pur perdere che nella Nato c’è la Turchia, con quel bel soggetto di Erdoğan. È vero che abbiamo anche alleanze che sul piano etico non sono migliori come l’Egitto del tagliagole al-Sisi o l’Arabia Saudita dove, Renzi permettendo, le donne hanno il peggior trattamento al mondo. Però, per lo meno, né Egitto né Arabia Saudita stanno nella Nato.

Né si vede poi perché noi dovremmo essere vicini all’America, che come minimo è un competitor economico sleale, e invece avversi alla Russia e all’Iran. Con i russi non abbiamo materia di contendere, ci sono utili a fini energetici, ci sono più vicini geograficamente e culturalmente perché Dostoevskij, Tolstoj, Gogol e gli altri appartengono all’Europa. Né materia di contendere c’è con l’Iran con cui abbiamo sempre avuto ottimi rapporti economici prima che gli americani ce lo impedissero.

Gli Stati Uniti, si tratti di Biden o di Trump, sono attualmente in lotta con la Cina per contendersi la supremazia mondiale. Si fanno delle illusioni, perché se il Novecento è stato il “secolo americano”, il Duemila sarà di altri. È stata molto contestata dagli Stati Uniti la scelta della “via della seta” fatta dal nostro ministro degli Esteri Di Maio. Ma non si vede in nome di che noi dovremmo rinunciare a un mercato enorme, in ascesa e molto promettente come quello cinese.

 La via a mio parere giusta era quella di Angela Merkel e cioè di una ragionevole equidistanza fra questi colossi economici e militari, il che comporta ovviamente la creazione di un vero esercito europeo e quindi l’abolizione dell’anacronistico impedimento alla Germania di avere l’Atomica (ce l’hanno India, Pakistan, Sudafrica, Israele e non si vede perché non il più importante e determinante paese europeo). La cosa è tanto più urgente perché adesso la Gran Bretagna si è staccata di fatto dall’Europa per privilegiare, come da parte sua è legittimo per ragioni storiche, i rapporti con gli Stati Uniti. La mia formula è da sempre questa: un’Europa politicamente unita, neutrale, armata e nucleare, non per aggredire alcuno ma per avere, autonomamente, il deterrente necessario per impedire che altri aggrediscano noi. Questo era, ho la presunzione di credere, il pensiero di Angela Merkel quando disse paro paro: “gli americani non sono più i nostri amici di un tempo, dobbiamo trovare la forza di difenderci da soli”. Ma Angela è allo scadere del suo mandato che ha tenuto con polso fermo per vent’anni favorendo sì la Germania, ma, con essa, anche l’intero Vecchio Continente. Adesso al posto di Merkel abbiamo Draghi. Auguri.

Il Fatto Quotidiano, 19 giugno 2021