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Il destino degli Europei e dell’Italia, non solo calcistica, è legato a una caviglia. Quella di De Bruyne, il fortissimo centrocampista della Nazionale belga. Che De Bruyne fosse un fuoriclasse lo si sapeva, ma che sia assolutamente determinante per il Belgio, che con lui è una squadra e senza di lui un’altra squadra, se n’è avuta dimostrazione per due volte proprio in questa fase iniziale degli Europei. La prima volta quando il Belgio giocava con la Danimarca. I danesi stavano vincendo 1-0. De Bruyne era in panchina. Veniva da uno spaventoso incidente rimediato solo venti giorni prima nella finale di Champions: rottura del setto nasale e dell’arcata sopracciliare. L’allenatore Martinez lo teneva in panca per averlo a disposizione nelle partite decisive se il Belgio avesse superato il turno. Ma con quell’1-0 a sfavore il passaggio non era più così sicuro. Allora ha mandato in campo De Bruyne senza poter sapere quali fossero le sue condizioni. Un assist, un gol, 2-1 e partita chiusa.

Domenica si giocava Portogallo-Belgio. Il Portogallo è da sempre una squadra tignosa, ti irretisce con una serie infinita di passaggi e non ti fa giocare. Ma De Bruyne, che ha un ruolo fondamentale, dietro gli attaccanti, di raccordo con gli altri centrocampisti ma anche con la difesa, è uno che fa girare bene l’intera squadra. 1-0 per il Belgio. Si era verso la fine del primo tempo. C’è stato uno scontro fra il portoghese Palhinha e De Bruyne. Palhinha s’è rialzato, De Bruyne anche, ma zoppicava vistosamente. All’inizio del secondo tempo Martinez ha rimandato in campo De Bruyne. Ma dopo cinque minuti, facendogli un cenno da una parte all’altra del campo, De Bruyne ha fatto segno al suo allenatore che non ce la faceva a giocare. La partita, che il Belgio aveva governato con facilità, è cambiata di colpo. I portoghesi si sono lanciati all’attacco, i belgi non riuscivano più a superare la metà campo. Il Belgio si è salvato a stento grazie ai suoi difensori e in particolare a Vermaelen ripescato a 34 anni.

Da domenica sono passati cinque giorni. Sono stati sufficienti a De Bruyne per recuperare? Non si sa. Se gioca in buone condizioni l’Italia non ha speranza, se non gioca l’Italia passa e può vincere gli Europei.

Le partite degli Europei hanno un interesse che va oltre il gioco, che è sociale perché danno il carattere di una nazione. Mentre negli incontri fra le squadre di club sono mischiati francesi, italiani, olandesi, belgi, brasiliani, agli Europei in campo ci sono la Francia, l’Italia, la Germania, l’Inghilterra, il Belgio, la Svizzera. Lunedì si giocava Francia-Svizzera, con i francesi favoritissimi. Io ho puntato sulla Svizzera, contando proprio sulla notoria boria dei francesi. Boria che, fuori dal calcio, non ha nessuna ragion d’essere, soprattutto in campo militare dove le han sempre prese, a Sedan dai tedeschi, nella Prima guerra mondiale salvati dagli inglesi, nella Seconda, dove la famosa “linea Maginot” è stata aggirata dai tedeschi e dopo due settimane Hitler passeggiava sugli Champs Elysees. Ma al momento dell’incontro con la Svizzera erano i campioni del mondo, erano la squadra più forte ed erano francesi. Ma è stato proprio l’esser francesi che li ha fregati. Sono entrati in campo con troppa sicumera. Ma al 19° del primo tempo è successo un miracolo, anzi un doppio miracolo. Il primo è che la Svizzera ha segnato. Il secondo è come ha segnato. Dai tempi di Chapuisat la Svizzera non ha un centravanti. Ci mette per disperazione Seferovic, che è uno che sa giocare ma la porta non la vede proprio mai. Invece su un cross Seferovic, appoggiandosi al centrale francese, è salito in cielo inviando il pallone nell’angolo. Un gol alla Lewandowski che nessuno si sarebbe mai aspettato da lui. Nel secondo tempo il modesto Zuber è stato fermato in area di rigore con un fallo dubbio. Mentre l’insopportabile Var valutava la situazione, io mi auguravo che il calcio di rigore non fosse concesso alla Svizzera perché se lo avesse sbagliato si sarebbe invertita l’inerzia della partita. Come puntualmente è avvenuto. La psicologia è fondamentale nel calcio. Dopo 180 secondi la Francia, ringalluzzita dallo scampato pericolo, con i grandi giocatori che ha, era già 2-1. Che dopo poco è diventato 3-1. Svizzera spacciata. Ma l’allenatore della Svizzera Petkovic ha mandato in campo di tutto, terzini trasformati in attaccanti, uomini di classe sostituiti da gente fisica e gli svizzerotti ce l’hanno messa proprio tutta. Ha segnato ancora Seferovic, cui il primo gol aveva dato la sensazione di essere anche lui un centravanti, e poi Gavranovic. 3-3. A questo punto, sempre per una questione psicologica, era la Francia a essere spacciata. Sei campione del mondo, vincevi 3-1, e sei ai supplementari con la Svizzera. L’inerzia era tutta dalla parte elvetica. Nei supplementari non ci sono stati gol. Si è andati ai rigori. E a questo punto, per le stesse ragioni, la Francia era superspacciata. E qui Deschamps ha commesso l’ennesimo errore. Ha affidato il rigore decisivo a Mbappé, uno dei suoi fuoriclasse, o considerato tale, che aveva giocato male, che ha 22 anni e s’è fatto sopraffare dall’emozione e dal portiere svizzero Sommer che è piccolo ma ha grandissimi riflessi. Del resto Mbappé non mi ha mai convinto, nemmeno quando è diventato campione del mondo con la Francia. È uno a cui piace irridere gli avversari. E, storicamente, giocatori del genere non vanno mai troppo avanti. Così era anche Ronaldo agli inizi. Finché un giorno van Nistelrooij, che ci giocava insieme nel Manchester United ed era già una stella, stufo di passare sempre la palla a Cristiano quando lo vedeva meglio piazzato e di non riceverla mai, gli diede un cazzotto in faccia. Una lezione salutare. Da allora Cristiano ha cambiato atteggiamento ed è diventato Cristiano Ronaldo.

Dicevo che le Nazionali esprimono il carattere e lo spirito di un Paese. Noi italiani, fatte le debite eccezioni, siamo antisportivi e sleali. Lo abbiamo dimostrato nell’ultima guerra mondiale quando abbiamo tradito l’alleato passando dalla parte dei vincitori. Con quell’alleato non bisognava allearsi ma abbandonarlo in una lotta per la vita o per la morte è una cosa ripugnante. L’abbiamo dimostrato in Afghanistan dove abbiamo tradito gli alleati facendo patti con i Talebani. Lo abbiamo dimostrato adesso nella vicenda De Bruyne. Quando il centrocampista belga s’è fatto male, tutta l’equipe di Sky, a cominciare dall’insopportabile Caressa, ne ha gioito. Solo il simpatico Billy Costacurta, che è stato un grande giocatore e ha conservato il senso della lealtà sportiva, ha detto: “Beh, adesso non esageriamo, non mettiamoci a gufare”. Inoltre da parecchi giorni il nostro premier sta cercando, molto sportivamente, di spostare la finale degli Europei da Londra a Roma con la scusa della variante Delta e la speranza che l’Italia abbia un ulteriore vantaggio per vincere il torneo.

Stasera la partita Italia-Belgio, con o senza De Bruyne, ci dirà molte verità sul nostro calcio, su noi stessi e sul nostro futuro.

Il Fatto Quotidiano, 2 luglio 2021