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Indro Montanelli, il ‘bastian contrario’ per eccellenza negli anni che partono dal dopoguerra e arrivano quasi ai nostri giorni, è ancora ben presente nel dibattito pubblico italiano. Su di lui si scrivono libri e tutti cercano di tirarlo dalla loro parte come se una figura come la sua fosse inquadrabile in questa o quella corrente di pensiero.

Invece su Curzio Malaparte, che per quarant’anni fu il suo grande rivale, è sceso da tempo il silenzio. E si capisce facilmente il perché. Montanelli, morto nel 2001, ebbe il tempo di vedere e denunciare magagne che tuttora pesano sul nostro Paese, a cominciare da quel berlusconismo che non accenna a voler morire, che anzi pare destinato a seppellirci tutti. Malaparte è morto nel 1957 quando  “il delinquente naturale”, per la fortuna di tutti, non era ancora comparso all’orizzonte.

La rivalità fra i due, Curzio e Indro, era tale che sul letto di morte, mentre i comunisti e i gesuiti si contendevano la sua anima, Malaparte gridava: <<No, non posso morire prima di Montanelli!>> . Da questo punto di vista si era scelto l’avversario sbagliato: Montanelli è morto a novantadue anni , Malaparte a cinquantanove per un tumore (“lo stramaledetto” come lo chiamava lui) conseguenza dell’iprite che aveva respirato quando nella prima guerra mondiale, giovanissimo, sedicenne, era andato a combattere, come volontario, nelle Ardenne.

Il peggior affronto che si possa fare a Curzio Malaparte è ignorarlo, dimenticarlo. Fu uno scandalo politico e letterario durato quasi quarant’anni. Dal 1920 anno in cui pubblicò il suo primo libro, La rivolta dei santi maledetti, fino al giorno della sua morte, Malaparte ha seminato intorno a sé, alla propria opera di scrittore e al suo personaggio, scalpore, fascino, odio, amore, invidia. Tutto si può dire insomma di Malaparte tranne che abbia attraversato inosservato la sua epoca. Affascinò e sedusse tutti i grandi e i grandissimi del suo tempo, da Stalin a Mussolini, da Gobetti a Togliatti. Con molti altri fece baruffa, rissa, lite, come con Gramsci che lo bollò con parole di fuoco o Nenni col quale ebbe un duello. Attirò l’attenzione di Trotskij che lo definì, con un misto di ammirazione e di sospetto, l’”enfant terrible” della cultura italiana. Fu l’unico giornalista occidentale a intervistare Mao. Pubblicò libri, La pelle e Kaputt, che furono per anni best-seller internazionali, fu giornalista e polemista unico, ebbe amici e nemici ovunque, a destra e a sinistra. Si azzuffò insomma con mezza Italia, e con l’altra mezza fece l’amore. Certo, se seppe farsi molto amare Malaparte fu altrettanto abile nel suscitare odi profondi. Una volta disse arrogantemente: <<Non mi hanno mai perdonato di essere venti centimetri più alto della media degli scrittori italiani>>.

E allora chi è stato più grande fra Malaparte e Montanelli? Come personaggio non c’è partita, troppo dirompente il primo, più riservato, nonostante tutto, il secondo. Su un altro piano io penso che Malaparte sia due categorie sopra Montanelli. Aveva una visione internazionale che mancava a Indro, certe sue corrispondenze dal Cile sono ancora attuali per capire il Sudamerica. Inoltre aveva una cultura figurativa che nessun giornalista italiano, a parte gli specialisti, né di ieri, né tantomeno di oggi, ha mai avuto. Il giudizio definitivo lo lasciamo però a un divertente aneddoto che ci ha raccontato Arturo Tofanelli, direttore del Tempo. Una volta, all’epoca in cui Malaparte faceva “Battibecco” (50.000 copie in più quando iniziò la rubrica, 50.000 in meno quando dovette abbandonarla, nessun giornalista italiano di oggi è in grado di spostare un così alto numero di copie che da sole fanno un giornale) a Tofanelli venne l’idea di scatenare una bella e fruttuosa polemica fra lui e Montanelli. Malaparte cioè avrebbe dovuto attaccare in “Battibecco” Montanelli , questi gli avrebbe risposto per le rime, e i giornali su cui scrivevano i due sarebbero andati a ruba. Per perfezionare il piano ci fu un incontro fra Tofanelli, Montanelli e Malaparte. I tre discussero a lungo, l’accordo sembrava raggiunto, ma all’ultimo momento Malaparte si ritirò: <<No, non ci sto, non mi conviene, conviene di più al lui>>.

Il Fatto Quotidiano, 5 agosto 2021