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Nel 1992 Berlusconi aveva messo gli occhi su Gigi Lentini, asso del Torino e anche grande speranza del calcio italiano. Gli obiettivi del Cavaliere, poi diventato ex perché nemmeno gli imprenditori sopportavano un simile mascalzone nel loro Ordine, erano due: prendere il ragazzo e sottrarlo al Torino che, essendo arrivato terzo nel Campionato, era diventato un avversario temibile. Di fronte alle offerte di Berlusconi, sempre sesquipedali, Lentini aveva detto ripetutamente e in pubblico che il denaro non era la cosa più importante, che lui era nato a Torino e nel Torino aveva fatto tutta la sua carriera. Di fronte al rifiuto del calciatore Berlusconi aumentò l’offerta alla sbalorditiva cifra di 64 miliardi. Ora nonostante Lentini fosse un campione non valeva 64 miliardi e nemmeno la metà. Figlio di operai delle Vanchigliette a questo punto il ragazzo non se la sentì di rifiutare l’offerta. Trasferito al Milan, in ambiente cui si sentiva evidentemente a disagio, Lentini fece la sciocchezza di guidare la sua Porsche con un ruotino e andò a sbattere ferendosi abbastanza gravemente. Quell’ingaggio stratosferico quindi non fu utile né a Lentini né al Milan dove giocò pochissime partite, le prime.

Che insegnamento aveva dato Berlusconi al vasto mondo giovanile che segue il calcio? Che il denaro è tutto e i sentimenti non contano niente. Perché Berlusconi è stato un corruttore non solo nel calcio ovviamente, ma in ogni ambito con cui abbia avuto a che fare. Questa favoletta, chiamiamola così, insegna anche che la prepotenza non giova a nessuno. Nella fattispecie non giovò al Torino, che sparì dalle zone alte della classifica, non giovò a Lentini e non giovò nemmeno al Milan. E ricorda la canzone di De André, Il Re fa rullare i tamburi. “Il re fa rullare i tamburi, il re fa rullare i tamburi, vuol sceglier fra le dame, un nuovo e fresco amore, ed è la prima che ha veduto, che gli ha rapito il cuore/ Marchese la conosci tu, marchese la conosci tu, chi è quella graziosa?, Ed il marchese disse al re, ‘maestà è la mia sposa ‘/ Tu sei più felice di me, tu sei più felice di me, d’aver dama sì bella, signora sì compita, se tu vorrai cederla a me, sarà la favorita/ Signore se non foste il re, Signore se non foste il re, v’intimerei prudenza, ma siete il sire siete il re, vi devo l’obbedienza/ Marchese vedrai passerà, marchese vedrai passerà, d’amor la sofferenza, io ti farò nelle mie armate, Maresciallo di Francia/Addio per sempre mia gioia, addio per sempre mia bella, addio dolce amore, devi lasciarmi per il re, ed io ti lascio il cuore/ La regina ha raccolto dei fiori, la regina ha raccolto dei fiori, celando la sua offesa, ed il profumo di quei fiori, ha ucciso la marchesa”. A parte il fatto che qui i mascalzoni sono due, il Re e il Marchese, che doveva infilzare subito a fil di spada il Sire, ma che per lo meno otterrà il maresciallato, la storia è analoga a quella di Lentini. L’oggetto del desiderio muore.

Sempre nel 1992 Berlusconi comprò Dejan Savicevic, che era considerato allora uno dei migliori giocatori del mondo. Ma non lo poteva utilizzare perché, per le leggi del tempo, il Milan aveva già tre stranieri, Van Basten, Gullit, Rijkaard. Lo tenne quindi a palleggiare nel giardino di Arcore, semi rovinandolo. All’epoca L’Espresso, che era ancora un giornale, mi chiese che cosa più rimproveravo a Berlusconi. Il mio cuore Torinista disse: “aver comprato Gigi Lentini”.

Ma a bocce ferme – per quanto possa sembrare incredibile nonostante la morte di Berlusconi la vita continua per tutti i vivi, con le rotture e anche le gioie di ogni giorno – una cosa però, a dispetto dei salivamenti e dei Funerali di Stato dedicati a questo soggetto, definito da un Tribunale della Repubblica una “persona dotata di una particolare capacità a delinquere”, la voglio dire. La più grande responsabilità, ai miei occhi, di Silvio Berlusconi è stata di aver tolto agli italiani quel poco di senso di legalità che gli era rimasto.

Il Fatto Quotidiano, 17 giugno 2023