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L'XI convegno internazionale del fumetto, che si è tenuto in questi giorni a Prato, è stato interamente dedicato al venticinquesimo compleanno di Diabolik. Interrogata sul suo eroe la creatrice di Diabolik, Luciana Giussani, ha tenuto a precisare che il suo «è un personaggio di sinistra». E fin qui nulla da obiettare. Ma la Giussani ha aggiunto che Diabolik «è il primo eroe che ha infranto le regole, che si è ribellato» e, per soprammercato, Pierangelo Sapegno sulla Stampa ha contrapposto Diabolik, «eroe cattivo» e quindi anticonformista, a T ex Willer «eroe buono» e conformista. Eh no! Non si possono cambiare così disinvoltamente le carte in tavola come fan gli storici sovietici con i protagonisti della Rivoluzione d'Ottobre. I fumetti sono una cosa seria. Il primo ribelle, il primo «deviante», il primo anarchico, il primo «cavalier seul» della storia del fumetto è stato proprio Tex Willer, che è nato quindici anni prima di Diabolik. Tutti coloro che sono stati ragazzini nei Cinquanta lo sanno. Allora leggere Tex era una scelta di campo e di vita. Come tenere a Bartali e a Ettore invece che a Coppi e ad Achille. Nel Cinquanta infatti la maggioranza dei ragazzini leggeva Capitan Miki, Il grande Blek, L 'intrepido, Il Monello, Il Vittorioso e, poco più tardi, Nembo Kid, fumetti dove l'eroe rappresentava, in forme tradizionali, indiscutibili e codificate, il Bene. Tex non era il Bene. Non era, è vero, neanche il Male. Era il Bene a modo suo. Per cominciare, a differenza di tutti gli altri eroi dei fumetti di allora, aveva dei vizi: beveva whisky (sia pure per bagnarsi la gola dopo le lunghe galoppate) e fumava. Inoltre, mentre i protagonisti degli altri fumetti erano asessuati o avevano di fronte alle donne delle reazioni da giuggioloni, da nano Eolo, di Tex si capiva, sia pur per accenni estremamente casti e virili, che le donne gli erano tutt'altro che indifferenti. Non lo si vedeva in alcun modo, ma si sapeva che T ex scopava. Non era un eroe da oratorio. Questo come contorno. Nella sostanza Tex aveva una morale tutta sua che non sempre corrispondeva a quella ufficiale. Tex se ne strafotteva della legge, delle stelle degli sceriffi, degli uomini rispettabili, soprattutto se c'era da cavar d'impaccio un debole alle prese con un prepotente, il che accadeva quasi sempre. Non che Tex se ne andasse in giro con l'animo del giustiziere - ché anzi di suo sarebbe stato piuttosto pigro - è che girovagando per l'immenso West, dai confini del Canada a quelli del Messico (ah, il mitico nome di EI Paso da me conosciuto solo sulle carte disegnate da Galeppini!) gli capitava sempre di trovare qualche attaccabrighe -quando non era lui a incominciare - e da lì aveva inizio una storia... Certo Tex non era «di sinistra», anzi era sospettato, piuttosto, del contrario. Per questo è stato sdegnosamente ignorato per anni dagli snobistici cultori di «stripes» e dalle loro analisi sociologicizzanti, non ha attirato l'attenzione di Umberto Eco e non è stato mai un fumetto alla moda. Ma, a differenza di Diabolik, non ha nemmeno mai seguito le mode. Non s'è innamorato, come Diabolik, del '68, non è partito per la Cina, non si è arruolato con i Vietcong, non ha affrontato negli anni '70. come ricorda la Giussani. «temi sociali, come quelli dei processi giudiziari e dei manicomi» e non si è alla fine assiso, negli '80, sul riflusso. Eppure anche Tex qualche messaggio l'ha mandato. Tex è stato il primo trasgressore della morale corrente. Non la morale del West, va da sé. ma quella perbenista, borghese, baciapile, ipocrita, formalista, che metteva l'ordine e il conformismo sopra la verità e la giustizia, in cui vivevamo negli anni Cinquanta. Tex s'infischiava di molte cose di cui allora non era lecito infischiarsi. Per esempio, per sfuggire al palo della tortura aveva sposato una pellerossa, la dolce Lilith (che il suo creatore, Giovanni Bonelli, farà accortamente morire quasi subito non addicendosi al laconico Tex certe inevitabili svenevolezze del matrimonio) ed era poi diventato capo dei «Navajo», col nome di Aquila della Notte, in un'epoca in cui eravamo invasi da western «arrivano i nostri», in cui gli indiani erano rappresentati come feroci, sanguinari e scalpatori di fronte agli yankee civilizzatori e Soldato blu era molto di là da venire. Tex era stato poi per lunghi periodi, sia pur a causa di un equivoco iniziale, un vero e proprio fuorilegge, un bandito, wanted, ricercato da tutte le varie polizie degli States a cominciare da quei rangers in cui poi sarebbe entrato e di cui ora gli viene rimproverata l'appartenenza. Tex quindi piaceva poco alla borghesia baciapile di quegli anni che lo proibiva ai suoi pargoli. E considerava chi lo leggeva poco frequentabile. Certo sarebbero venuti poi anni in cui il conformismo e l'ipocrisia di quella borghesia ci sarebbero sembrati ben povera cosa a paragone col conformismo e l'ipocrisia del cosiddetto progressismo di sinistra (il progressismo di quelli che leggevano Diabolik...). Ma questo allora, noi ragazzi, non lo potevamo sapere. E nemmeno Tex.