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Con la schiacciante maggioranza  di 522 voti a favore e solo 6 contrari, col concorso quindi pressoché unanime di tutte le forze politiche, la Camera ha approvato nei giorni scorsi in via definitiva l'inserimento all'articolo 111 della Costituzione dei principi del cosiddetto «giusto processo». L'iter di questo provvedimento è stato straordinariamente veloce: solo nove mesi, un vero record se si tien conto della complessa procedura che richiede la revisione delle norme costituzionali ex art. 138 (l'approvazione di Camera e Senato ripetuta due volte a distanza non inferiore ai tre mesi) e se si considera che, in genere, le leggi ordinarie, di molta più agile emanazione, languono anni e anni in Parlamento. Inoltre, poiché la nuova norma costituzionale è stata approvata con una maggioranza superiore ai due terzi, non potrà nemmeno essere sottoposta a referendum popolare, come dispone lo stesso art. 138. E' una legge «blindata». Il corso di approvazione è stato plebiscitario, il capo dello Stato ha inviato un messaggio di felicitazioni al Presidente della Camera, i giornali hanno manifestato compatti il loro giubilo per «l'ingresso dell'ltalia nella civiltà giuridica» e le voci discordanti si contano sulle dita di una mano. Tutti i salmi dunque finiscono in gloria. Peccato che ciò che la Camera ha sanzionato non sia nient' altro che il famoso «colpo di spugna» su Tangentopoli. Il perché è presto detto. poiché le nuove norme sono state inserite nella Costituzione, gli imputati dei procedimenti in corso che sono stati trattati secondo le vecchie potranno sollevare eccezione di incostituzionalità pressoché in ogni processo, come minimo grandemente rallentandolo se non invalidandolo e costringendo la macchina giudiziaria a ricominciare da capo. Se si tien conto che la stragrande maggioranza dei processi per Tangentopoli è già al limite della prescrizione, la sanatoria è garantita. Tanto per fare qualche esempio, a causa dei nuovi rallentamenti imposti dal varo dell'art. 111 non hanno alcuna possibilità di arrivare a conclusione il processo per i fondi neri Eni-Montedison o quello per la corruzione dei giudici (imputati principali Berlusconi, Previti, Squillante e Verde) che sono ancora all'udienza preliminare. E questa situazione non è dovuta all'inerzia dei pubblici ministeri di Milano (ai quali, al contrario, si rimprovera in genere l'eccessiva solerzia), ma al fatto che i robusti collegi di difesa degli indagati hanno utilizzato ogni legittimo cavillo per prolungare le operazioni (a esempio l'onorevole Previti è riuscito a far rinviare una ventina di volte un'udienza accusando improrogabili impegni parlamentari). Sul Corriere della Sera (12/11) Vittorio Grevi, un asettico tecnico del diritto uso a misurare le parole, si dice «esterrefatto» che il Parlamento non abbia disposto nessuna «legge paracadute» per salvare i procedimenti in corso e scrive: «Una simile inerzia appare inspiegabile, a meno che non si voglia far saltare gran parte di tali procedimenti». Ma proprio questo era ed è lo scopo del Parlamento o perlomeno di buona parte di esso. Scopo addirittura dichiarato nelle parole dell' onorevole Marcello Pera, di Forza Italia, il quale ha sollecitato gli imputati a «sollevare sistematicamente eccezioni di incostituzionalità nei processi in corso». Oh, non temano i fautori della «tolleranza zero» (che son poi, curiosamente, anche i fautori del più rigoroso garantismo giuridico) che di queste allettanti opportunità possano approfittare i criminali da strada. In primo luogo perché la «tolleranza zero» è soprattutto affare della polizia, la quale può andar giù di mano svelta non avendo gli stessi obblighi giuridici della Magistratura. In secondo luogo perché il criminale da strada non può avvalersi, a differenza degli imputati «eccellenti», di abili e strapagati collegi di difesa capaci di portare i processi oltre la soglia della prescrizione. Costui è affidato in genere a un avvocato di ufficio che si limita ad alzarsi in piedi prima della sentenza e a dire: «Mi rimetto alla clemenza della Corte». Per questo il «colpo di spugna», tante volte tentato, tante volte fallito e finalmente realizzato l' altro giorno dal Parlamento risulta più iniquo e odioso dell' amnistia. Perché l' amnistia perlomeno sarebbe valsa per tutti. In realtà con il varo del nuovo articolo 111 il Parlamento ha sancito, nel tripudio della Nazione, l'entrata in vigore di due Codici penali: uno, inesistente, per lorsignori, l' altro, tendenzialmente orientato alla «tolleranza zero», per il cittadino comune. E tutto questo è stato chiamato «giusto processo».