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L' alleanza elettorale Polo-Lega per le amministrative, ma con evidente proiezione sulle politiche del 2001, segna il trionfo di Silvio Berlusconi e la fine di Umberto Bossi. Il Senatùr è stato dato per morto già molte volte, ma ora temo che per lui non ci siano più vie di scampo. L'alleanza va a colpire proprio lo «zoccolo duro» leghista perché toglie al movimento il suo bene più prezioso, l'identità. Particolarmente umiliante per i «puri e duri» è il dover subire, sotto il ricatto di An, il cambiamento del nome. In quanto agli elettori, diciamo così, normali del Carroccio non si vede perché, a questo punto, con una Lega annacquata, non debbano votare il ben più potente Berlusconi. Boicottato dall'inizio, Umberto Bossi, nella sua titanica impresa di voler cambiare il Paese, ha trovato una serie di ostacoli durissimi, di poteri forti. Ma l' ostacolo più insormontabile sono stati gli italiani. I quali hanno dimostrato di non voler cambiare. Questo, in realtà, lo si vide già alle elezioni del '94 dopo il biennio della cosiddetta «rivoluzione italiana» che, sotto l' avanzata della Lega e le inchieste della Magistratura, sembrava aver spazzato via il vecchio regime. Mi ricordo che quel giorno stavo seguendo le elezioni in tivù in compagnia della mia fidanzata e man mano che arrivavano i dati mi rabbuiavo sempre più. «Perché fai quella faccia?», mi domandò lei. «Non hai votato per il polo delle Libertà?» «Sì», risposi. «Ma mi aspettavo che la Lega prendesse il 30 per cento e Forza Italia il 10, invece sta avvenendo esattamente il contrario». Vedevo infatti che, sorprendentemente, a cogliere i frutti dell'albero scosso dalla Lega era Silvio Berlusconi. E non mi sembrava proprio che, a differenza di Bossi, potesse rappresentare il nuovo, la rottura, un uomo che era stato ben incistato nel vecchio regime e aveva goduto i favori, restituendoli, del simbolo stesso di quel sistema, Bettino Craxi, ora assurto al cielo dei Beati ma responsabile, assieme agli altri, della più spettacolare grassazione ai danni dei cittadini italiani, 600 mila miliardi, un quarto del debito pubblico. Certo, molti che in quella tornata avevano votato Berlusconi vedevano in lui l'imprenditore abile, capace di rimettere in sesto l'economia del Paese. Altri l'anticomunista viscerale. Ma molti, moltissimi, avevano già capito che in Berlusconi, a differenza di Bossi, non c' era nulla di rivoluzionario e che anzi sarebbe stato uno dei perni, col Pds, della restaurazione riformando in chiave anticomunista la vecchia Democrazia cristiana. È quanto puntualmente avvenuto. Basta guardare i vertici di Forza Italia: i capigruppo alla Camera e al Senato, La Loggia e Pisanu, sono due vecchi arnesi ex dc e di ex socialisti, che di socialista non hanno più nulla e forse non hanno mai avuto nulla, sono zeppi i quadri del partito. Il tutto condito con antichi estremisti di sinistra, come Giuliano Ferrara, Paolo Liguori, Tiziana Maiolo, Gaetano Pecorella, Memmo Contestabile, Paolo Bonaiuti. Inoltre con Forza Italia e i Ds è ricominciato l'antico gioco consociativo che era già stato di Dc e Pci e che oltre ad aver portato il Paese al tracollo economico gli aveva tolto ogni respiro di libertà. Come allora anche oggi maggioranza e opposizione fingono di litigare furiosamente (vedi par condicio) ma sottobanco, e neanche tanto sotto, si spartiscono il potere e il sottopotere a cominciare da quel centro nevralgico di un sistema democratico moderno che è l'apparato dell'informazione televisiva. La Restaurazione è stata attuata in pieno nel giro di soli sette anni e adesso che, con una serie di opportune leggi mascherate da garantismo, è stata messa la mordacchia alla Magistratura, non c' è neppure più da temere la giustizia. Della Restaurazione Bossi non poteva essere che la prima e più importante vittima. Non gli è bastato essere stato il solo politico ad aver lanciato in questi anni idee nuove, a cominciare dal federalismo, e di averne ancora di buone essendo stato l'unico a capire quale pericolo siano la globalizzazione e l'egemonia americana. Così come non gli è bastato aver capito con molto anticipo che la futura Europa politicamente e militarmente unita sarà un'Europa delle Regioni e non più degli Stati nazionali. Le idee immediatamente spendibili, come il federalismo, gli sono state scippate dagli avversari per non farne niente e quelle troppo in anticipo sui tempi non sono state nemmeno prese in considerazione. Bossi, sia pur nel suo modo un po' confuso, voleva davvero cambiare le cose, gli italiani no. Per questo trionfa Berlusconi e il Senatùr se ne torna, patetica figura di Don Chisciotte, a Cassano Magnago da dove era venuto.