0
0
0
s2sdefault
powered by social2s

EUGENIO SCALFARI
Data di nascita: 6 aprile 1924
Luogo di nascita: Civitavecchia
Origini: calabresi
Professione: manager editoriale
Stato civile: sposato con Simonetta DeBenedetti, figlia del mitico direttore deLa Stampa Giulio De Benedetti
Figli: Enrica, fotografa, titolare conmammà dell’agenzia Agf, e Donata, giornalistaa Mediaset

Una volta chiesi a Montanelliun giudizio su Eugenio Scalfari.“Non è dei nostri”, risposesenza esitazione il grande Indro,intendendo dire che non è ungiornalista. Il suo stile è orripilante:ciceroniano, “ore rotundo”,privo di capacità di sintesi, involuto,avvocaticchio, retorico,pomposo, magniloquente, sussiegoso,oracolare. E corrispondeperfettamente all’uomo. In unlibro senile, Incontro con io, conambizioni penosamente filosofiche,ha scritto: “Ho finalmenteraggiunto la pienezza di me”. Nonosiamo immaginare, perchépieno di sé Scalfari lo è semprestato. Parlando, come suole, excathedra, non ha mai rinunciato aimpartire lezioni, soprattutto dimorale; in particolare ai colleghi.Del suo giornale ha scritto: “Laqualità culturale e morale diRepubblica non ha riscontro connessun fenomeno analogo nelgiornalismo italiano i suoi lettorirappresentano il meglio dellasocietà”. Questa boria incontrollata lo ha esposto anche a figuracceincresciose. Nel 1969, quando era deputato socialista, unvigile osò fargli una multa alla Stazione centrale di Milano perchéaveva parcheggiato la macchina in sosta vietata. Lui esplosenel più classico e italico: “Lei non sa chi sono io!” e gli scagliòcontro l’Espresso dove il vigile figurava come l’emblema delpotere arrogante e protervo e lui, Scalfari, come il cittadinoinerme. Del resto una certa vocazione censoria questo campionedella “libera stampa” l’ha sempre avuta. Quando neisinistrorsi anni ‘60 Maurizio Costanzo invitò Montanelli alsuo talk-show, attaccò il conduttore perché aveva dato la parolaa “un fascista”. Quando, negli stessi anni, gli extraparlamentaridiedero l’assalto al Corriere cercando di impedirne l’uscita,plaudì all’iniziativa: “Questi giovani ci insegnano qualcosa(...) l’assalto alle tipografie può essere un ammonimento pertutte quelle grandi catene giornalistiche abituate (...) a nasconderele informazioni, a manipolare le opinioni pubbliche (...).Chi ama la libertà (...) non può che rallegrarsene”.(L’Espresso, 21 aprile 1968).Prototipo assoluto del radical-chic, concuore a sinistra ma portafoglio ben sistematoa destra, e ostentato calzino lungocolor panna come massimo dell’eleganzamentre lo è del kitsch. O per dirla con leparole di un insolitamente coraggiosoGiorgio Bocca “aveva un po’ di questadisinvoltura: esser di sinistra però essersempre gli amici dei potenti”. Scalfari neha fatto un’intera collezione con una particolarepredilezione, lui che cominciòcome impiegato di banca, per banchieri,finanzieri, uomini di denaro, da Carli aBaffi a Visentini a Rovelli a Cefispoi abbandonato a favore di Sindona(ah, la mai trovata lista dei500 privilegiati che scamparonoal crack sindoniano...).Dal suo maestro Cicerone Scalfariha preso, oltre al trombonismo ealla doppia morale, anche lo spudoratoopportunismo. E’ stato, viavia, fascista, azionista, liberale,radicale, repubblicano, socialista,comunista, democristiano demitiano.Non c’è stanza del Potereche non abbia bazzicato. Quandosi accorse che la Lega di Bossi stavaper prendere piede e sconvolgere ilsistema di potere in cui era cosìben incistato, Scalfari fondò unacomica Lega nazionale che, scalzandoquegli straccioni di leghisti,avrebbe dovuto provvedere, nientemeno,alla “gestione dellaNazione con una morale nuova,con gente credibile e non compromessa”(La Repubblica, 1 dicembre1991). Più avanti creò, con FerdinandoAdornato, una Alleanzademocratica che alle elezioni presepercentuali da albumina. Il fatto è che in politica (la sua grandee vera passione se intesa come Potere) Scalfari non ne hamai azzeccata una. Nel 1959, già dimentico del massacroungherese, pubblicò sull’Espresso un articolo dall’eloquentetitolo “La Russia ha già vinto la grande sfida?”, in cui profetava,con la consueta sicumera, che il sistema sovietico avrebbe prevalsosu quello liberista americano, che, riletto oggi, ha effettiesilaranti e surreali, alla Bergonzoni. Ogni volta che ha dato ilsuo appoggio a qualcuno, si trattasse di Berlinguer o di DeMita, il suo si è trasformato in una sorta di “bacio della morte”.Ma la vera, grave responsabilità di Scalfari è un’altra. E’ di esserestato il grande corruttore della coerenza intellettuale e moraledell’intellighenzia del nostro Paese. E’ lui che ha dato inizioalla pratica di scrivere una cosa e il mese dopo, una settimanadopo, il giorno dopo, a seconda di circostanza, l’esatto opposto,senza batter ciglio. Il record lo raggiunse in un articolo suCraxi dove nella seconda parte smentiva la prima.In vecchiezza, non bastandogli l’omeliadomenicale su Repubblica, s’è messo a scrivereromanzi, con esiti imbarazzanti. Perchédal punto di vista letterario ha unacultura da bigino. E’ rimasto un impiegatodi banca. In tanti anni non ho mai lettonei suoi lunghissimi articoli un riferimentocolto se non qualche accenno allaRecherche che però conosce di secondamano perché gliel’ha sunteggiata l’amicoVisentini che ne era un cultore.In una recente biografia autorizzata hafatto scrivere: “Scrittore italiano occasionalmenteprestato alla politica”. Ha raggiunto,finalmente, “la pienezza di sé”.