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Vivere in Italia è deprimente. Mortificante. Avvilente. L'altra sera ero alla trasmissione di Funari ad Odeon. Collegato con noi era il deputato Giorgio Iannone di Forza Italia che ha collaborato con Tremonti alla stesura della nuova legge sul risparmio che tra le altre cose, prevede pene molto lievi o addirittura solo amministrative nel caso di dichiarazioni false da parte dei responsabili di una società se il «quantum» non supera una certa percentuale del fatturato (una sorta di «modica quantità» applicata alla frode della fede pubblica). Ad una domanda di Morena, l'assistente e moglie di Funari, che non capiva un certo codicillo della legge, l'onorevole Jannone ha risposto che quella norma era fatta per favorire i risparmiatori «perché i ricchi, i grandi patrimoni , le imprese hanno mille modi per eludere il Fisco a cui i primi non possono accedere». Cioè il Governo invece di ingegnarsi a fare una normativa che impedisca queste elusioni miliardarie ne vara una per tacitare i peones con pochi spiccioli. Così i grandi patrimoni continueranno tranquillamente a «eludere» e questa elusione ricadrà, come sempre, sulla testa del contribuente comune, che si pensa a tener buono con un'elemosina non richiesta che non lo ripaga nemmeno lontanamente dell'ingiustizia sostanziale di cui è vittima.Nell'ultimo mese sono stato un paio di volte alla trasmissione «Il senso della vita» di Paolo Bonolis. Il cachet era ridicolo rispetto alle cifre che circolano in quell'ambiente per qualsiasi squinzia o squinzio. Mi ha colpito il rigore fiscale che Mediaset applica su questi contratti. Non si accontenta della ritenuta d'acconto, ma preleva subito alla fonte tutta la presumibile aliquota fiscale calcolata sui tuoi guadagni annuali. E va bene. Ma questa aliquota opera anche sulle spese di viaggio e di soggiorno rimborsate in modo forfettario. Ora, le spese sono spese, non guadagni. Non importa, vengono tassate anche quelle e ciò che rimarrà andrà ad aggiungersi ai tuoi guadagni annuali e verrà ritassato. È tutto regolare naturalmente (è sempre tutto regolare) e del resto Mediaset non ci guadagna nulla, ma mi veniva da sorridere mentre ascoltavo le spiegazioni della gentile contabile dell'azienda. Sorridevo al pensiero che tale rigore fiscale venisse applicato a me quando un ex ministro della Difesa e tuttora senatore della Repubblica, che per difendersi da un'accusa più grave ha ammesso di aver evaso le tasse per miliardi e a chi gli chiedeva qualche spiegazione ha risposto «Embè, sono fatti miei». Loro possono evadere o eludere, noi non solo non possiamo evadere o eludere ma siamo tassati anche su ciò che non abbiamo guadagnato ma speso. Embè?Sono piccoli esempi, per carità, ma tutto in Italia è organizzato per pelare e tosare il famoso ceto medio e lasciare intatti, con «i mille modi» che hanno a disposizione, lorsignori. Il cittadino comune questi «mille modi» non li conosce, se firma un contratto lo fa in buona fede, non va a vedersene ogni minimo risvolto, anche perché si tratta di cifre per cui non vale la pena.Ora, credo che tutti abbiano capito che la democrazia è una finzione. Ma negli altri Paesi la classe dirigente si ingegna a renderla perlomeno credibile. Da noi no. È codificato che ci sono i nobili signori e i paria, per quali vale, nella sostanza, un diritto diverso (e quando, per qualche accidente, rischia di essere uguale ci sono le leggi «ad personam» o «ad personas»). Viviamo in un sistema feudale mascherato da democrazia. Noi, come dice Nietzsche, siamo solo degli «schiavi salariati» che devono lavorare come ciuchi, essere tosati come pecore, comprare stronzate per arricchire lorsignori, risparmiare il denaro perché, fisso come un bersaglio, ce lo possano rapinare con più comodo, per essere seppelliti, alla fine, con pensioni ridicole, perché il denaro delle nostre è stato usato per pagare le pensioni d'oro, le pensioni baby, le pensioni di anzianità fasulle, le pensioni di invalidità false che son servite a lorsignori per comprare il consenso con i nostri soldi e farsi eleggere per comandarci, dominarci e umiliarci.

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L'unica ragione rimasta per tenere i soldi in Banca, dati i redditi ridicoli dei depositi, dei Bot e di ogni forma obbligazionaria, era la sicurezza. "Ho i soldi in Banca, così almeno i ladri non me li rubano". Giampiero Fiorani e la sua 'banda del buco' incistata alla Popolare ha sfondato anche questo muro del suono. Quando qualcuno dei loro "mastruzzi" non andava a buon fine o perdevano in Borsa, costoro si rifacevano con vari trucchi sui depositi dei clienti. Mirabile.Chissà se questa vicenda così simbolica riuscirà a far capire qualcosa ai risparmiatori . Il risparmiatore, sempre lodato, è infatti il fesso istituzionale del gran gioco del denaro. È un povero che, attraverso la intermediazione della Banca, presta il suo denaro ai ricchi perché questi facendolo girare vorticosamente, in modo lecito o illecito, diventino sempre più ricchi. Se poi le cose vanno male il rischio ricade sulla testa del risparmiatore, come dimostrano le vicende Parmalat e Cirio.La grande invenzione dell'economia moderna è infatti che l'imprenditore non rischia più denaro suo, come il mercante di un tempo, ma quello degli altri.Gli imprenditori e i finanzieri, che son quelli che han capito il gioco, si guardano bene dal risparmiare, dato che sanno che il denaro, come il cerino acceso, meno ti resta attaccato alle dita e meglio è, perché viene sempre il momento in cui qualcuno te lo frega. Il risparmiatore invece lo tiene fermo, pronto per essere impallinato. Perché questo è l'inevitabile destino del denaro. Il denaro, nella sostanza, è infatti un credito che postula quindi un debito e come dice Vittorio Mathieu nella sua 'Filosofia del denaro': "È storicamente provato che alla lunga i debiti non vengono pagati". In genere ci viene mangiato dall'inflazione, ma ci sono anche altri sofisticati sistemi senza arrivare alla brutale grassazione di Fiorani & Soci.Se il risparmiatore non può contare su una giustizia metafisica - giustamente perché è un fesso - non può nemmeno sperare in quella terrena. Non ci si illuda che l'inchiesta della brava e coraggiosa Giuseppina Forleo porti da qualche parte.Poiché nell'indagine sono coinvolti anche i politici, sia per i soliti finanziamenti illeciti, sia, più profondamente, perché un sistema come quello messo in piedi dalla "banda del buco" non può formarsi senza coperture politiche (del resto l'intreccio fra le oligarchie politiche e quelle economiche è un dato delle democrazie rappresentative), cominciano già a circolare le antiche parole d'ordine del quasi subito dopo Mani Pulite con cui, nel giro di pochissimi anni, le nostre classi dirigenti riuscirono a convincere il popolo italiano che i veri colpevoli non erano i ladri ma i magistrati che li avevano scovati."Tintinnar di manette", "li arrestano perché confessino", "li arrestano sotto Natale, così parlano più facilmente perché vogliono passare le vacanze a casa (Andrea Annunziata, Margherita); "Questo è il regalo di Natale dei magistrati prima delle elezioni. Bisogna vedere chi vogliono colpire veramente" (senatore Carlo Vizzini); "È il colpo finale alla Cdl" dice un anonimo leghista "perché disarticolando noi danno una botta micidiale al Cavaliere".Pierluigi Bersani: "La giustizia deve fare il suo corso, ma non possono essere i magistrati ad occuparsi di acquisizioni bancarie"; Domenico Contestabile: "Non è possibile che i magistrati si mettano a fare i banchieri".Il senatore Lino Jannuzzi di Forza Italia si spinge più in là: "Si è fatto un passo in più rispetto a Tangentopoli perché la magistratura sta invadendo un campo in cui finora non si era mai permessa di entrare".Siamo già all'"invadenza", alla "supplenza". Fra poco arriveremo al "complotto". E si scoprirà che il giudice Forleo, da bambina, ha avuto in regalo un ciondolo da uno degli inquisiti. E se non è stata lei, fu suo padre o suo marito o suo figlio. E il processo si farà al Gip e ai Pubblici Ministeri. Come avvenne con Antonio Di Pietro.

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Quella della Val di Susa non è una rivolta ecologista. È una rivolta localista, antiglobalista, antimodernista . Può anche essere che la Tav non abbia quell'impatto ambientale che molti temono. Ma il punto non è questo, non è più questo. È che la gente si è stufata di vedersi passare sopra la testa decisioni che, oltre a toglierle i propri tradizionali punti di riferimento, arricchiscono in astratto la Nazione, ma impoveriscono in concreto le persone, dal punto di vista esistenziale ma, da qualche anno, a causa della globalizzazione, cioè della spietata competizione fra Stati, anche da quello economico. E non ha nessuna intenzione di "mettersi il cuore in pace". Quel che interessa, in Val di Susa come altrove, non è collegarsi sempre più velocemente col mondo intero, ma avere una vita più semplice, più serena, più equilibrata, più coesa, più umana, anche se, eventualmente, più povera. Poco importa che la sinistra, che a suo tempo ha approvato la Tav, ora cerchi di strumentalizzare la situazione. Perché la rivolta della gente della Val di Susa è contro le oligarchie politiche, tanto della destra che della sinistra, e quelle economiche, che sono le uniche a trarre sicuramente dei vantaggi da un'opera colossale come la Tav. Ed è completamente fuori strada il Governo quando addebita la rivolta agli "anarchici insurrezionalisti". Non si può delegittimare una rivolta che vede uniti sindaci e assessori di ogni colore politico, parroci, operai, impiegati, pensionati, donne, casalinghe, ragazzi, cioè l'intera Val di Susa, con argomenti alla Bush. Quella della Val di Susa è una rivolta antimodernista . È significativo che questa gente, fino a ieri pacifica e ubbidiente, abbia scelto, per chiamarsi a raccolta, uno strumento antico come le campane delle chiese. Si vuole tornare alle dimensioni del villaggio, a comunità più piccole, più controllabili dove le persone abbiano almeno l'impressione di decidere da sé il proprio destino. Dice: ma l'interesse nazionale? In un mondo globalizzato non esistono più interessi nazionali ma solo lontanissimi interessi globali ai quali i primi sono subordinati. Inoltre, come ho cercato di spiegare in un paio di articoli, l'Occidente, con gli attacchi alla Jugoslavia e all'Iraq, ha commesso il formidabile errore di abbattere il principio di sovranità nazionale abbattendo però, con esso, anche quello di appartenenza nazionale. Se esistono valori sovranazionali superiori a quelli nazionali ciò vale sia nel grande che nel piccolo, cioè nel locale. Quando le scrivevo sembravano cose teoriche, lontane, la rivolta della Val di Susa ne è invece una prima concretizzazione. Del resto doveva essere evidente anche ai "padroni del vapore" che una globalizzazione così spinta avrebbe provocato, come reazione, una localizzazione altrettanto spinta, alla ricerca di identità e di radici che stiamo perdendo. Val di Susa emblematizza lo scontro dei decenni a venire. Che non sarà più fra un liberalismo trionfante e un marxismo morente, fra Destra e Sinistra, ma fra modernisti e antimodernisti. Fra élites, politiche, economiche e intellettuali, ancora convinte della bontà dello Sviluppo avviatosi con la Rivoluzione industriale, e razionalizzato dall'Illuminismo, e le popolazioni esasperate, del Primo e di ogni mondo, che han finito di credere alla bella favola della Modernità.

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Massimo Fini, oggi (ieri per chi legge, ndr) è giunto il via libera finale alla nuova legge elettorale. Dopo tre legislature l’Italia chiude così la propria parentesi maggioritaria e torna al “vecchio” proporzionale. Tu sei stato proporzionalista anche nel periodo nel quale tutti si schieravano invece per il maggioritario...«Sì, io mi son sempre dichiarato favorevole a un proporzionale alla tedesca, con uno sbarramento per evitare la proliferazione dei partitini».Tu pensi che il proporzionale sia un sistema elettorale migliore in assoluto, o che semplicemente meglio si adatta al “caso italiano”?«È un sistema che porta a vantaggi in generale e, inoltre, si adatta particolarmente bene alla situazione italiana perché noi abbiamo una storia e una cultura particolari, sfumature politiche che sarebbero una ricchezza (se fossero onesti coloro che le rappresentano) rispetto alla divisione, che non ci appartiene, tra destra e sinistra, tra schieramenti con! trapposti. Il maggioritario è messo in dubbio anche in Inghilterra, dove nasce; là c’è un partito che prende quasi un terzo dei... ...voti e rimane sostanzialmente fuori dal Parlamento... Il proporzionale è il sistema più equo in assoluto; il maggioritario va anche contro la storia, perché sempre più oggi vi sono forze politiche che non sono qualificabili né di destra, né di sinistra: penso alla Lega Nord o, in altri Paesi, agli ambientalisti radicali. Sono formazioni che vanno oltre gli schieramenti tradizionali, come anche tutti i movimenti localisti. Ciò premesso, devo dire di non aver capito bene la questione della lista bloccata...».Beh, la nuova legge esclude i voti di preferenza, l’elettore non può decidere di dare il proprio voto a Tizio piuttosto che a Caio, solo traccia la croce sul simbolo di partito. Gli eletti in Parlamento provengono da liste compilate dai partiti stessi, fa fede l’ordine con cui i vari candidati compaiono nell’elenco: se gli eletti sono s! ei, passano i primi sei nella lista, eccetera.«Questo mi s! embra allucinante, inquietante. Già il cittadino può avere molti dubbi su entrambi gli schieramenti, ma potrebbe voler dire: “Provo almeno a scegliere una persona di mia fiducia”. Così, invece, gli si toglie anche questo diritto per darlo ai partiti. Ribadisco il mio favore per il sistema proporzionale in quanto tale, ma davvero non riesco a capire come sia stato possibile “inquinarlo” con questa trovata, le cui ragioni purtroppo non mi sfuggono. Così si impedisce al cittadino di fare le proprie scelte».Si dice che col meccanismo delle preferenze vadano a nozze soprattutto i signori delle tessere, i capataz, i maghi delle clientele.«È vero, la preferenza avvantaggia i signori delle tessere; ma questa alternativa favorisce i “signori” e basta, quelli che detengono il potere nel partito, non lasciando alcuno spazio agli altri. Ogni tanto, col proporzionale e le preferenze, i “capi” qualche sberla la prendevano; così invece il potere dei partiti diventa intoccabile. Già! il cittadino decide molto poco, non ha fiducia negli schieramenti, può invece averla in qualche persona (perché non sono tutti mascalzoni: quasi tutti, ma non tutti): con questa novità non conta davvero più nulla. Tra l’altro la Costituzione non dà ai partiti questa rilevanza assoluta, tratta il tema solo in un articolo, là dove dice che i cittadini possono organizzarsi in partiti per concorrere a formare la volontà nazionale. Così viene invece santificata la loro preminenza; è quasi una propaganda indiretta al mio libro Sudditi».Gli avversari del proporzionale lo criticano con tre argomentazioni di fondo, vediamo cose ne pensi tu. Prima tesi: eliminando il maggioritario, che aveva favorito la creazione di un sistema faticosamente bipolare, si rischia di tornare alla perenne palude centrista e alla Balena Bianca. Come rispondi?«La palude dalla quale siamo faticosamente usciti, purtroppo, era meglio di quello che siamo andati a costruire. Questo è il commento amaris! simo di chi, come il sottoscritto, la Democrazia Cristiana l’h! a combattuta da quando era ragazzino. Per una qualche eterogenesi dei fini, quella che è stata chiamata impropriamente la “rivoluzione italiana”, ossia il cambiamento del 1992-94, in realtà è stata una restaurazione al peggio. Dobbiamo addirittura rimpiangere quel senso dello Stato che abbiamo sempre rimproverato ai democristiani di non possedere, e che ora ci accorgiamo sia ancor meno presente nell’attuale classe politica».Seconda obiezione dei detrattori di questa nuova legge elettorale: sarebbe un provvedimento “tagliato su misura” per favorire la maggioranza che l’ha votato. ”Questi provvedimenti si fanno col consenso di tutti”, spiegano i sostenitori di questa tesi.«In parte sono d’accordo: una legge elettorale, specie se approvata proprio al termine della legislatura, richiederebbe un consenso più generale di quello che si è registrato in questo caso. La sinistra ha ragione, le regole del gioco devono essere condivise e non cambiate proprio in dirittura d’arriv! o».C’è, però, una contro-obiezione, in questo caso: il proporzionale “fotografa la realtà”, fa in modo che vinca chi ha più voti, il che come principio non mi pare sbagliato; e semmai è il maggioritario che rischia di far prevalere chi ha meno voti, come peraltro accaduto nel 1996. Insomma, non è una “legge-truffa” che modifica capziosamente il risultato delle urne.«Questo attiene infatti ai vantaggi del proporzionale che abbiamo già detto, al fatto che sia un sistema più equo. Nulla da aggiungere. Il maggioritario toglie la proporzionalità della rappresentanza - che non è poco per un sistema democratico - senza dare nulla in cambio di positivo».I nemici della nuova legge dicono in realtà che, se il proporzionale assicura la rappresentanza, il maggioritario garantisce almeno la governabilità...«Non è vero che, in una situazione come quella italiana, il maggioritario garantisca una maggiore governabilità. Obbliga infatti alla creazione di coalizioni troppo et! erogenee, costringe forze politiche lontane tra loro a stringe! re alleanze che, dopo le elezioni, non sono però in grado di governare il Paese. A sinistra c’è il problema di Rifondazione Comunista, a destra c’è la Lega Nord...».La legge approvata prevede però un premio di maggioranza che a sua volta solleciterà questa aggregazione in poli...«Sì, regalando così al proporzionale gli svantaggi del maggioritario... Non so perché, ma in Italia riusciamo sempre a fare le cose nel modo peggiore possibile. Ripeto, il proporzionale ha molti pregi; ma questo è un discorso perlopiù teorico, perché la scelta di impedire il voto di preferenza determina un mio giudizio negativo anche su questa nuova normativa».C’è una terza, ultima argomentazione dei nemici del proporzionale: tornare a quel sistema contrasta con la volontà popolare espressa col referendum del 1993.«Questa argomentazione non è decisiva, se non altro perché la volontà popolare è stata espressa più di dieci anni fa. Bisognerebbe fare un’altra consultazione, credo e spero! che nel frattempo gli elettori si siano resi conto dell’errore fatto allora. Credo che sia proprio così, ormai in molti hanno capito che il sistema maggioritario non era adatto al Paese ed è addirittura in controtendenza storica. Il Parlamento, in qualsiasi caso, è svincolato dal dover rispettare una volontà espressa così indietro nel tempo».Al di là dell’episodio specifico: non è un po’ un vizio della politica quello di ignorare bellamente il responso referendario?«Direi che non è un vizio della politica: è la politica. Sono quarant’anni che vedo e vivo queste cose e sono giunto a una conclusione: abbiamo a che fare con oligarchie alle quali frega molto poco del cittadino, salvo andargli a chiedergli il voto appena prima delle elezioni. Per il resto, tentano solo di autotutelarsi e non hanno alcun interesse per la volontà popolare».Un paio di domande sull’altro “tema del giorno”. Cosa pensi dell’arresto di Gianpiero Fiorani? È una vicenda parecchio brutta, com! unque la si voglia interpretare.«Aveva ragione Federico Fe! llini quando mi diceva che in Italia la realtà supera sempre l’immaginazione. Oggi ci sarebbe un’unica ragione per affidare i propri soldi a una banca, dato che gli interessi sono ridicoli: metterli al sicuro. Questi, invece, rubavano pure sui depositi! Da una parte è esilarante, dall’altra ho l’impressione che nella Penisola il più pulito abbia la rogna. È questo un Paese profondamente corrotto, non solo nella classe dirigente ma anche in parti notevoli della cittadinanza, altrimenti queste cose non potrebbero verificarsi con questa frequenza. Siamo messo peggio di certi Stati centrafricani; dire che siamo a livello sudamericano non è esatto, là hanno fatto cadere un paio di presidenti perché violavano le leggi. L’Italia di oggi è mortificante, verrebbe voglia di andarsene; attraverso il mio sito sono in contatto con un ex leghista che ora vive in Nuova Zelanda, mi spiegava come là sono riusciti ad andare al passo con la cosiddetta civiltà, ma nello stesso tempo a conservar! e la loro anima, le loro tradizioni. Certo, il loro Paese è molto meno popoloso... Ma resta il fatto che noi siamo in piena crisi e, se proseguono anche le difficoltà economiche, sono proprio curioso di vedere fino a che punto arriverà la pazienza degli italiani. Per altro temo che sia un popolo molto, troppo paziente...».Il Paese è vecchio, carico di storia, sfibrato...«Beh, ma è diventato marcio nel giro di trenta-quarant’anni, perché quando era ragazzo era fuori discussione che l’onestà personale fosse un valore fondamentale. La persona disonesta allora era additata al pubblico ludibrio, oggi invece è considerata astuta, “quella han capito come vanno le cose”. Questa mentalità si respira ovunque. Se uno fa un discorso di giustizia diventa giustizialista; se tocca la morale è moralista... Tutto ciò per poter violare le norme che ci siamo dati, così che qualcuno deve rispettare e altri no. In tempi diversi si sarebbe già fatta una rivoluzione. Penso alla gente dell! a Val di Susa...».Se n’è molto parlato.«Già. Loro osan! o invadere un cantiere e vengono caricati dalla polizia in nome della legalità. I potenti, invece, trovano sempre un escamotage, una legge ad hoc che copra le malefatte. Alla fine cresce l’esasperazione, è inevitabile».Fino a quando? Davvero pensi a un punto di rottura? La capacità civile di ribellarsi mi pare poca.«Sì, è poca perché c’è un generale senso di impotenza. Dato che non si può ricorrere alla violenza...».Lo dici quasi con un tono di rimpianto.«È vero. Inizio a pensare che la democrazia, che si è affermata coi bagni di sangue, avrà presto restituita la pariglia. Aveva ragione Voltaire: la democrazia è la tirannia dei parecchi. E ricordo che uccidere il tiranno è sempre stato lecito».

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Nei giorni scorsi è morta in Iraq la prima kamikaze occidentale. È una cittadina belga di 36 anni che si è fatta saltare a un posto di blocco insi eme al marito, un marocchino con passaporto belga . È risultato che i due facevano parte di un gruppo terroristico ramificato in varie città fiamminghe, di cui la polizia belga ha arrestato 14 membri: sette sono tunisi ni, gli altri sono belgi a tutti gli effetti (cioè autoctoni, bianchi insomma) e di questi almeno tre non sono convertiti all'Islam, sono solo occidentali che si sono schierati a fianco degli insorti iracheni perché ritengono che un popolo abbia il diritto inalienabile di difendersi da un'occupazione straniera.Questo episodio, all'apparenza marginale, suona come una si nistra campana d'allarme per l'Occidente e sembra confermare una mia tesi secondo la quale potremmo andare incontro, in prospettiva, ad una guerra civile fra occidentali e proprio a causa di alcuni clamorosi errori compiuti negli scorsi anni dall'Occidente nella sua smania di cambiare il diritto internazionale per poterlo utilizzare a proprio comodo.Nel 1999, quando non era in atto alcuna guerra al terrorismo e l'11 settembre era di là da venire, alcuni Paesi della Nato attaccarono la Jugoslavia che era alle prese con un grave problema interno, l'indipendentismo albanese. Lo fecero contro la volontà dell'Onu e violando il principio di diritto internazionale, fino ad allora mai messo in discussi one, della non ingerenza negli affari interni di uno Stato sovrano. Alla base di questo attacco alla Jugoslavia, come poi di quello all'Iraq, c'era una nuova concezione del diritto internazionale, una concezione globalizzante, secondo la quale esi stono valori etici "universali" superiori a quello dell'intangibilità della sovranità nazionale. E poiché in Kosovo era in atto un "genocidio" (in realtà, in un anno e mezzo di guerriglia c'erano state 205 vittime civili kosovare, ma non è questo il punto), si aveva il diritto, anzi il dovere, di intervenire con la forza.Gli occidentali non si sono resi conto che in questo modo non abbattevano solo il principio dell'intangibilità della sovranità nazionale, ma anche quello dell'appartenenza nazionale. Se infatti esi stono valori sovranazionali "universali" più forti della sovranità nazionale, io non ho più l'obbligo morale di schierarmi sempre e comunque col mio Paese, com'era fino a ieri ("Right or wrong, my country") se ritengo che stia violando valori etici "universali". Ma mentre l'appartenenza nazionale è univoca (io sono italiano o non lo sono, sono belga o non lo sono), i valori ritenuti "universali" sono opinabili. Anche all'interno di uno stesso Paese e di una stessa cultura ciò che è "universale" per l'uno può non esserlo per l'altro o comunque possono esserci gerarchie diverse per cui per alcuni certi valori sono più "universali" di altri. Così, per rifarci alla si tuazione irachena, ci sono occidentali che ritengono la difesa dei "diritti umani" violati da un dittatore un valore "universale" talmente indiscutibile da legittimare l'occupazione di un Paese, mentre per altri occidentali è più indiscutibile il diritto naturale e "universale" di opporsi a un'occupazione straniera, comunque motivata. Il conflitto non è più fra Stati, ma fra universalismi contrapposti, che passa trasversalmente all'interno dei vari Paesi . Per cui, per esempio in Italia, c'è chi - è inutile nasconderlo - sta con gli insorti iracheni contro i nostri soldati. Per ora in Occidente questo conflitto ideologico fra "universalismi" contrapposti è solo politico, e rimane sotto controllo, ma se la globalizzazione dei diritti si espande ulteriormente insi eme all'incrudirsi della si tuazione, potrebbe diventare anche violento. Uno scontro fra occidentali, come la kamikaze belga e i tre belgi-belgi suoi compagni sembrano preannunciare. Insomma gli occidentali, abbattendo il principio dell'intangibilità della sovranità nazionale e, con esso, anche quello dell'appartenenza nazionale con conseguente obbligo morale di schierarsi col proprio Paese, hanno posto le premesse per il possi bile scatenamento, al loro interno, di una guerra civile trasversale e planetaria.