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Abbiamo centrato tutta la nostra vita sull’economico. E l’economico ci sta rubando la vita. Non c’era bisogno delle statistiche per capire che in Italia non si fanno più figli. Basta andare in giro per le strade, soprattutto di una grande città, per vedere più cani che bambini, basta guardare negli scaffali di un supermarket per accorgersi che quelli dedicati al cibo e agli accessori degli animali hanno più spazio di quelli per le esigenze dei bebè. In ogni caso adesso la recentissima indagine dell’Istat lo certifica: in Italia il tasso di natalità è di 1,34 per donna e scende a 1,26 se si escludono gli stranieri residenti.

Ma non è un problema italiano ma di tutto l’Occidente e dei Paesi che hanno adottato in pieno il nostro modello di sviluppo. Nell’Europa continentale solo la Francia supera di uno striminzito 0,1 quei due figli per donna che è il minimo per rimanere in una situazione demografica almeno di stabilità (dato che la tecnica non ha trovato ancora il modo di far partorire gli uomini). Tutti gli altri Paesi europei sono abbondantemente al di sotto (Germania 1,41, Spagna 1,41, Paesi Bassi 1,72, Svizzera 1,42). Negli Stati Uniti il tasso di natalità è 1,84, in Giappone 1,27. Siamo delle società femminee ma senza madri.

Non c’è bisogno di statistiche nemmeno per capire che nei Paesi, economicamente, socialmente, culturalmente, lontani da noi figliano di più. Basta guardare i barconi che arrivano da noi con numerose donne incinte. Ma lasciamo, anche qui, parlare i dati: in Medio Oriente il tasso medio è 2,5. In Africa Nera è, mediamente, del 5. Più una popolazione è povera più fa figli: in Congo è 6,7, in Nigeria 5,32 e così via.

Le donne che lavorano non hanno tempo per fare figli e accudirli. Ma il discorso vale anche per gli uomini. Si sarebbe pensato che gli uomini avendo perso il loro tradizionale ruolo virile (non fanno più la guerra, non hanno più forti passioni politiche) si sarebbero rifugiati nella famiglia. Invece no. Nessuno, uomo o donna che sia, vuole rinunciare ai confort, al benessere e i figli tolgono spazio a questi agi. Inoltre si rilutta a fare figli se si pensa di non poter dar loro le consuete opportunità: piscina, corsi d’inglese, lezioni di piano, lezioni di danza.

Ma la cosa veramente strabiliante è che la donna abbia rinunciato così facilmente alla sua funzione antropologica. Ci sono poi donne che i figli li avrebbero voluti ma si sono fatte abbagliare dal mito della medicina tecnologica che dice loro che possono fare figli a qualsiasi età o quasi. Ma la Natura è sempre la stessa e non fa sconti. La donna raggiunge il massimo della sua fertilità a 27 anni. Dopo comincia a decrescere sia pur lentamente, ma già a 35 anni ci sono dei problemi, a 40 ancora di più. A quaranta si può fare il terzo o il quarto figlio, ma diventa difficile fare il primo. Oltre bisogna ricorrere a pratiche tecnologiche sofisticate, a disposizione di pochi e con possibilità di riuscita limitate.

Sul ruolo della donna si decide la grande partita fra Occidente e mondo musulmano e non per nulla i politici, gli intellettuali, i giornalisti del nostro mondo suonano continuamente la grancassa perché le donne islamiche si omologhino alle nostre e ne assumano la mentalità e i costumi.

Se l’Occidente, un mondo in piena decadenza anche per molti altri segnali, non capisce in fretta che è tempo di invertire la rotta, sarà sommerso dagli altri mondi, si estinguerà, scomparirà.

Dobbiamo produrre di meno, consumare di meno, lavorare di meno, stressarci di meno, rinunciare a tante cose inutili e idiote. Dobbiamo riappropriarci di quello che è il vero valore della vita: il Tempo. Non il denaro, non quello che chiamiamo ‘benessere’, non la ricchezza. E in questo Tempo ritrovato fare la cosa che fin dall’alba del mondo è stata sempre ritenuta, da uomini e donne, la ricchezza più grande: avere dei figli.

Massimo Fini

Il Fatto Quotidiano, 1 dicembre 2017