La guerra israelo-palestinese è molto più pericolosa di quella russoucraina. E’ accertato che dietro l’aggressione di Hamas agli eterni aggressori c’è l’Iran, non solo ideologicamente (il Parlamento iraniano ha inneggiato pubblicamente a questa azione, il governo è stato solo un po’ più cauto) ma praticamente fornendo ai guerriglieri di Hamas mezzi di terra, oltre che droni, che hanno sfondato la linea di confine, cosa inaudita, mai avvenuta in precedenza in questa misura, al massimo Hamas era riuscita a penetrare in Israele con due o tre uomini subito freddati.È
Adesso gli Stati Uniti, che per ora hanno fornito agli israeliani munizioni per il sistema anti missili, mentre la portaerei USS Gerald Ford si sta dirigendo minacciosamente verso le coste palestinesi, avranno buon gioco e buon pretesto per attaccare l’Iran che vogliono spazzar via dalla faccia della terra da quando nel 1979 l’Ayatollah Khomeini scalzò lo Scià di Persia che era totalmente ai loro ordini. Del resto i Pasdaran iraniani, e lo stesso Iran, sono nell’”asse del Male”, perché tutti gli avversari dell’Occidente sono “terroristi”, da Putin ai Talebani parecchi dei quali marciscono ancora nella prigione di Guantanamo.
Colpisce, e lo hanno sottolineato tutti, che l’intelligence israeliana, considerata la più efficiente del mondo, si sia lasciata sorprendere in questo modo. E che di sorpresa si tratti lo dimostra anche il fatto che da alcuni mesi il governo israeliano aveva lanciato una campagna per incoraggiare il turismo verso Israele, dove peraltro, a parte Gerusalemme, eternamente contesa fra le tre religioni monoteiste, c’è ben poco da vedere se non le suggestioni lasciatevi da Cristo, il giardino degli Getsemani, il Calvario dove fu crocefisso Gesù sotto la pressione degli ebrei mentre il governatore della Giudea Ponzio Pilato, che aveva cercato in tutti i modi di salvare Cristo, dovette alla fine cedere alla furia degli energumeni. Una ferita che non si è mai rimarginata e che i cristiani di tutto il mondo, compresa la cattolica Italia, dovrebbero ricordare adesso che si sono riaccese le guerre ideologiche e di religione, che non è “l’oppio dei popoli” come sosteneva Marx, ma è la madre di quasi tutte le guerre.
Anche la risposta dell’esercito israeliano è stata debole, a fronte di quasi mille vittime israeliane fra militari e civili (bilancio provvisorio, perché il pezzo è stato pubblicato con un paio di giorni di ritardo) ci sono 490 caduti palestinesi, mentre di solito la proporzione è più che invertita, per un paio di israeliani morti in un raid si fanno nella Striscia di Gaza almeno una ventina di vittime civili sparando “a chi cojo cojo” col pretesto di uccidere i guerriglieri. Ed è molto probabile, se non sicuro, che la rappresaglia di Tel Aviv sarà durissima, diretta non solo a pareggiare i conti ma, in questo macabro calcolo, a superarli di molto. Inoltre, il ministro della Difesa Yoal Gallant ha annunciato: “il taglio delle forniture di elettricità, cibo, carburante, tutto è chiuso”. Come si vede la politica di strangolamento, soprattutto per quello che riguarda il cibo, non la fa solo Putin.
Infine non si può poi dimenticare che Israele ha la Bomba e che se fosse messo alle strette non esiterebbe a usarla, visto che i suoi strettissimi alleati americani l’hanno utilizzata a Hiroshima e Nagasaki quando il Giappone era in ginocchio e loro alle strette non erano affatto.
C’è poi l’Arabia Saudita, punta di lancia degli americani in Medio Oriente, che proprio di recente aveva intessuto, per la prima volta nella storia, rapporti con l’arcinemico Israele. Che farà poi la Turchia di Erdogan che, stando nella Nato, è un’ambigua alleata degli Stati Uniti ma persegue una sua propria politica in Medio Oriente?
Insomma è iniziata veramente “la guerra dei mondi”. Allegria.
Il Fatto Quotidiano, 11.10.2023
La sentenza con cui il Tribunale di Catania, nella persona del giudice Iolanda Apostolico, non ha convalidato il trattenimento di tre migranti tunisini, ha suscitato un putiferio. Contro la sentenza si sono scagliati i berluscones di tutte le risme e anche non strettamente berlusconiani, come la premier Giorgia Meloni, che dovrebbe conoscere i fondamentali della democrazia. Secondo la classica definizione di Montesquieu in democrazia esistono tre Poteri, distinti per funzioni e indipendenti l’uno dall’altro: il potere esecutivo che decide i provvedimenti concreti, il potere parlamentare che controlla politicamente le decisioni dell’esecutivo e il potere giudiziario che controlla che le leggi approvate dal Parlamento e pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale non contrastino, dal punto di vista della giurisdizione, queste stesse leggi. Inoltre ha il compito di dare stabilità all’intero sistema, nel penale e nel civile, regolando i rapporti tra i cittadini, sancendo quali abbiano violato le leggi e quali no. In altri termini se io ho violato norme del codice penale o di quello civile devo essere punito nel più breve tempo possibile. Se sono stato accusato ingiustamente devo essere assolto nel più breve tempo possibile. Purtroppo in Italia i tempi del processo hanno una durata da plantigradi. Ed è questo il vero, grande, problema della Giustizia italiana, non la “terzietà” dei giudici o la composizione del Csm.
Sulla personalità della Apostolico i giornali berluscones, ma anche non berluscones, si sono accaniti andando a scovare sui social network le dichiarazioni della magistrata e le sue intuibili predilezioni ideologiche. E qui hanno ragione perché il magistrato, come la moglie di Cesare, non solo deve essere onesto ma deve anche apparire onesto. Purtroppo in quest’Italia, che è la madre del Diritto ma se lo è dimenticato, i magistrati non sono più quelli di un tempo che parlavano solo “per atti e documenti” e stavano molto attenti anche alle loro relazioni personali. Giustamente il Codice di Alfredo Rocco, che sarà stato pure fascista ma era un grande giurista, fa riferimento agli Uffici (la Procura della Repubblica di, il Tribunale di, eccetera) e non al singolo magistrato. Perché il magistrato può essere anche ineccepibile, ma avrà pur sempre una moglie, dei figli, degli amici e quindi è attaccabile, la funzione no. Non per nulla, da ultimo, i giornali sono andati a ravanare sui comportamenti del marito della Apostolico.
Ma la questione, da più di un quarto di secolo, è tutta un’altra. E parte da quando i magistrati milanesi di Mani Pulite, nel periodo ‘92-’94, chiamarono la classe dirigente politica e imprenditoriale al rispetto di quelle leggi a cui tutti noi cittadini siamo obbligati (prima le inchieste più scottanti per i politici e i “colletti bianchi” finivano alla Procura generale di Roma, detta anche “il porto delle nebbie” e nella nebbia sparivano). Dopo un primo periodo di euforia (editoriale di Paolo Mieli sul Corriere, “dieci domande a Tonino”, come se ci avesse mangiato insieme a Montenero di Bisaccia) nel giro di pochi anni i veri colpevoli divennero i magistrati e i ladri le vittime e spesso giudici dei loro giudici. Antonio di Pietro, che era il più visibile perché aveva condotto gli interrogatori trasmessi anche dalla televisione in “Un giorno in pretura”, fu il più bersagliato. Subì sette processi da cui venne regolarmente assolto. In uno di questi processi Silvio Berlusconi, il più mascalzone di tutti i mascalzoni, intervenì su due personaggi perché testimoniassero contro Di Pietro. I personaggi furono condannati ma Berlusconi, del tutto incongruamente, assolto grazie ad una delle sue tante leggi “ad personam”. Che poi divennero “ad personas” perché bisognava salvare anche i “colletti bianchi”. Ed è più di un quarto di secolo che c’è una lotta all’arma bianca della classe dirigente contro la Magistratura. Basterà ricordare, fra tutti gli esempi che si possono fare, che Berlusconi premier affermò in terra di Spagna che Mani Pulite era una “guerra civile”. Si è creato così nel tempo, come dimostrano anche gli ultimi provvedimenti del governo Meloni, un doppio diritto, uno per lor signori e uno per il cittadino comune. Per sintetizzare e semplificare basta la dichiarazione di madama Santanché che per i delitti da strada, quelli commessi in genere dai poveracci, vuole “galera subito e buttare via le chiavi”. La spiegazione che si dà a questo “doppio diritto” è che i delitti da strada creano allarme sociale. E certamente il borseggio di una vecchietta è cosa grave, ma una bancarotta fraudolenta mette sul lastrico cento vecchiette che hanno affidato i loro soldi a quel covo di canaglie che sono le Banche. Insomma è la solita, sfacciata, infame, sporca giustizia di classe.
L’appoggio della collettività a Mani Pulite fu sgretolato: Di Pietro fu infamato, Feltri comprato, Bossi innocuizzato sbandierandogli sul muso i reati di opinione che aveva commesso (“vilipendio alla bandiera”, eccetera), Gianfranco Funari che era stato protagonista di quella stagione irripetibile fu costretto alla ridotta di Odeon.
Ma il mio slogan è e resta: ”toglietemi tutto, tranne Antonio Di Pietro”, yeah!.
Il Fatto Quotidiano, 6.10.2023
James Hansen, ex diplomatico di lungo corso, profondo conoscitore delle realtà internazionali, passato poi al giornalismo (ha lavorato per l’Herald Tribune e il Daily Telegraph) ha scritto in una sua “nota diplomatica”: “In Afghanistan ci sono andati tutti. Una lista, incompleta, comprende l’Impero macedone di Alessandro il Grande, l’Impero mongolo di Gengis Khan, l’Impero timuride di Tamerlano, l’Impero Mughal, vari imperi persiani, l’Impero britannico, l’Unione Sovietica e, più di recente, gli Stati Uniti. Se ne sono andati via tutti, malamente e sempre con la necessità di spiegare a casa come quattro straccioni afghani siano stati capaci di cacciarli”.
Fin qui Hansen. Possibile che gli americani che hanno centri studi e di ricerca ovunque, soprattutto in materia di strategia militare, non sapessero quello che sa Hansen e cioè che andare in Afghanistan è come mettere il piede nelle sabbie mobili e affondarvi?. L’ultima invasione, quella degli Occidentali, è particolarmente significativa perché l’esercito più numeroso che sia stato schierato dopo la Seconda guerra mondiale, dotato di armi tecnicamente sofisticate, è stato messo sotto dai talebani che avevano a disposizione il Kalashnikov, con cui non potevano raggiungere i B52 e i caccia che volavano a 10 mila metri d’altezza, e gli Ied. Avevano però una motivazione fortissima: difendere la loro terra e la loro indipendenza, quella motivazione che li ha sostenuti quasi dall’alba del mondo (la campagna di Kabul di Alessandro Magno è del 327-325 avanti Cristo).
Ma questa è storia del passato e del trapassato. Attualmente i new taliban, come vengono chiamati, hanno soppresso la coltivazione del papavero, da cui si ricava l’oppio, seguendo la linea del Mullah Omar che nel 2000 aveva preso e attuato concretamente questo provvedimento e la produzione dell’oppio era crollata quasi a zero. Poiché i media occidentali, a parte un fuggevole accenno di Sergio Romano, hanno sempre ignorato questo coraggioso provvedimento preso dal Mullah è utile vedere in proposito, a pro dei perenni increduli in malafede, il prospetto pubblicato il 17 maggio 2006 dall’insospettabile, in questo caso, Corriere della Sera.
Intanto il governo afghano ha messo a terra grandi progetti di ingegneria civile per la ricostruzione del Paese. In questo, aiutato dalla Cina, con cui confina, l’unico paese che non li abbia mai aggrediti. Del resto questo rapporto di buon vicinato conviene sia all’Afghanistan che alla Cina. I cinesi stanno scoprendo in Afghanistan grandi depositi di litio, diventato indispensabile per la produzione delle batterie e quindi per tutto il mondo digitale. Di recente una delegazione afghana (e quindi talebana) ha incontrato gli omologhi cinesi. Dalla Cina gli afghani sperano anche di ottenere il riconoscimento di Stato rappresentato all’Onu che gli è stato finora negato. Un’esclusione incomprensibile dato che perché esista uno Stato deve avere tre requisiti: un governo, un territorio, una popolazione. E l’Afghanistan li ha tutti e tre.
Scrive ancora Hansen che i talebani sono stati “mostrificati” -Hansen dice dai media americani io aggiungerei da tutti i media internazionali legati all’Occidente- per il modo in cui trattano le donne. Forse bisognerebbe capire una volta per tutte che quella afghana, non solo talebana, perché coinvolge tutte le etnie del Paese a cominciare dai tagiki del fu Massud, è diversa dalla nostra. Quando il Mullah Omar fu scalzato dal potere e diede inizio ad una resistenza durata vent’anni, il governo fu preso dai tagiki ma tutti gli afghani, tagiki, pashtun, hazara che fossero, si infuriavano a vedere che “le vispe terese” delle varie Ong sculavano a Kabul in Hot pants. La direzione di Tolo tv, l’emittente statale dell'Afghanistan, fu presa da un tagiko il quale si rifiutava di parlare con le sue redattrici.
Ora c’è da sperare che gli occidentali, tutti impegnati a sostenere il buffone di Kiev, non si rendano conto che i costumi afghani sono rimasti quello che sono sempre stati. Per ora sono distratti, occupati dalla guerra russo-ucraina, ma basta poco perché in nome della donna invadano di nuovo l’Afghanistan facendo la fine di tutti gli imperi possibili e immaginabili come ha segnalato Hansen. Se non ce l’ha fatta Gengis Khan, che non era uno che andava per il sottile, fece una trentina di milioni di vittime in Eurasia, figuriamoci se ci riusciamo noi con le nostre “volontarie” sculettanti. Da questo discorso va esclusa Emergency di Gino Strada che in Afghanistan tenne sempre una posizione equidistante, occupandosi di curare i feriti che erano soprattutto guerriglieri talib perché i militari occidentali erano curati negli ospedali sotto controllo degli occupanti, per cui si procurò la nomea di filo-talebano, così come oggi chi osa criticare Zelensky e il governo di Kiev viene immediatamente bollato come “filo-putiniano”.
Il Fatto Quotidiano, 3.10.2023
Sky
Clamoroso al Cibali: Chiara Martinoli è tornata sabato sera sugli schermi Sky. Per chi voglia saperne di più sulla grazia, femminile ma anche maschile, può leggere la voce sul mio Di(zion)ario erotico, uno dei miei migliori pezzi, forse il migliore in assoluto.
m.f