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Montano di giorno in giorno, amplificate dai media americani, europei e italiani (soprattutto il Corriere della Sera), le notizie di un probabile e imminente arresto a Belgrado di Slobodan Milosevic. Con questo crescendo di notizie, come già avvenne prima dell'intervento Nato in Kosovo, si sta preparando il terreno perché l'opinione pubblica internazionale accolga col dovuto favore la carcerazione di quello che è oggi il leader dell'opposizione jugoslava. Per ora si sta cercando di incastrarlo perché a suo tempo, attraverso una falsa dichiarazione sui suoi beni patrimoniali, avrebbe ottenuto a prezzi di favore una casa a Dedinje, il quartiere chic di Belgrado (se lo stesso criterio si applicasse da noi, andrebbe in galera più della metà della classe politica italiana, ricordando «Affittopoli» e lo scandalo dello Iacp, le case popolari date agli uomini della nomenklatura), poi, una volta messo Milosevic in ceppi, sarà più facile precisare le accuse di «crimini di guerra e crimini contro l'umanità e consegnarlo al Tribunale Internazionale dell'Aja della signora Dal Ponte dove la sentenza è già scritta. Milosevic sarà stato anche un autocrate, peggio un dittatore, però durante il suo regime gli oppositori c'erano e stavano a piede libero non nelle carceri di Belgrado tant'è che poi hanno vinto le elezioni, ora che invece in Jugoslavia c'è la democrazia si progetta di mettere, sia pur per nobilissimi motivi, il capo dell'opposizione in galera. Non è un bel vedere democratico. Ma il Congresso americano incalza e punta alla gola del governo jugoslavo il coltello del ricatto economico: o arrestate Milosevic entro la fine di marzo e poi ce lo consegnate senza fare tante storie o blocchiamo i cento milioni di dollari di aiuti promessi per cercare di ricostruire la Jugoslavia devastata dai bombardamenti della Nato. È il solito errore dell'Occidente pensare che tutto, ma proprio tutto, si possa comprare col denaro, fatto anche, in questi giorni, col regime afghano: se non distruggete i Budda vi diamo i quattrini. Buon Dio, i Talebani sono degli sciagurati ma bisognerebbe conoscere un po' anche le altre culture, almeno per sapere che questo scambio, denaro in contropartita di un valore religioso, è il modo peggiore per ottenere il risultato che si dice di voler conseguire. Così ricattare la Jugoslavia, proporle di barattare la sua sovranità e dignità nazionale con i dollari, è il modo migliore per rinfocolare il nazionalismo serbo e rendere ancor più spinosa, per Belgrado, la «questione Milosevic». Il suo arresto si presenta infatti non privo di rischi. È vero che il gruppo di persone che fa quadrato intorno alla sua casa di Dedinje per impedire l'arresto, non è molto folto, ma come nota Franco Venturini sul Corriere della Sera è rappresentativo dei più vari strati sociali: piccola borghesia, operai, giovani nazionalisti che odiano l'America, anziani che rimpiangono l'epoca di Tito. Arrestare Milosevic potrebbe innescare una miccia pericolosa. Inoltre a Belgrado hanno altri problemi più gravi. Non passa quasi giorno che, in Kosovo, dei serbi vengano rapiti da commandos albanesi, intimiditi sparacchiati e tre settimane fa un bus di serbi è stato fatto saltare in aria, una strage con dieci morti e decine di feriti gravi. In Kosovo i serbi sono diventati gli albanesi di prima e agli uomini dell'Uck sta riuscendo, anzi è già un dato di fatto, quella «pulizia etnica» di cui era stato accusato Milosevic e che, per onore della verità, l'autocrate di Belgrado non aveva mai cercato di attuare prima dell'intervento Nato (aveva conculcato i diritti civili degli albanesi kosovari, che è cosa diversa). Ma c'è di più. Poiché l'appetito vien mangiando è dai tempi della guerra della Nato che gli uomini dell'Uck, che adesso si chiama Ucpmb, cercano di strappare alla Jugoslavia i territori di Presevo, Medvedia e Bulanovic, che appartengono alla Serbia non al Kosovo, col pretesto che si tratta di enclaves albanesi. Di questo passo possono arrivare fino a Belgrado, dove pure vivono molti albanesi e magari anche in Italia (anzi, attraverso le loro organizzazioni criminali, che proprio nel Kosovo «liberato» hanno il loro fulcro, ci sono già e spadroneggiano). Presevo, Medvedia e Bulanovic fanno parte della fascia smilitarizzata di sette chilometri che la Nato ha imposto a Belgrado, per cui, pur essendo territorio serbo a tutti gli effetti, l'esercito jugoslavo non può metterci piede. Ci sono solo poliziotti serbi che sono vittime quotidiane degli uomini dell'Ucpmb, che hanno ereditato l'armamento pesante che gli americani fornirono all'Uck per combattere la Jugoslavia e che quindi hanno gioco facile. In pratica il territorio di confine serbo verso il Kosovo è già militarmente occupato dalla guerriglia albanese. La stessa situazione si sta profilando al confine fra Kosovo e Macedonia. Nei giorni scorsi gruppi di ribelli albanesi, resi baldanzosi dall'assoluta impunità di cui godono dopo l'intervento Nato, hanno attaccato a colpi di mortaio le truppe di confine macedoni. Non è la prima volta. L'obiettivo è «liberare» la Macedonia dove su due milioni di abitanti vivono 500 mila albanesi. Preoccupata, la Bulgaria, dove pure vive una consistente comunità albanese, ha proposto di inviare proprie truppe a sostegno della Macedonia. Insomma a un pericolo serbo se n'è sostituito uno albanese. Ed era inevitabile che andasse a finire così. I Balcani sono la cosiddetta «polveriera» d'Europa perché vi convivono in precario equilibrio tre etnie: serba, croata e musulmana. Ogni volta che una viene messa sotto, come è stato per quella serba con l'intervento Nato, un'altra impone la propria egemonia. Domanda: è stato un bene per l'Europa e in particolare per l'Italia sostituire i serbi con gli albanesi? La risposta è: no. Perché i serbi, cristiani, ortodossi, legati da sempre da rapporti di amicizia con Francia e Italia, fanno parte della nostra cultura (Kusturica è un regista serbo) i musulmani albanesi molto meno, anzi per niente. E dietro gli albanesi si intravede l'ombra della Turchia, per noi inquietante se la storia conta qualcosa. E la storia conta qualcosa. Ma di che stiamo parlando? Il problema, dimenticavamo, è arrestare Slobodan Milosevic.