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Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha graziato d'ufficio, cioè sua sponte, senza che vi fosse una richiesta dell'interessato e nemmeno delle autorità statunitensi, Joseph Romano, nel 2003 capo della base militare Nato di Aviano, condannato il 19 settembre 2012 dalla Cassazione, e quindi in via definitiva, a 7 anni di reclusione per il rapimento, a Milano nel febbraio 2003, dell'Imam radicale Abu Omar, di null'altro colpevole che di essere tale. Con Romano sono stati condannati dalla cassazione 22 agenti Cia che parteciparono all'operazione, compreso il capo dell'Intelligence americana a Milano, Bob Lady. Condanne cui si sono aggiunte, per ora solo in Appello, quelle di altri tre agenti Cia che operavano a Roma sotto vesti diplomatiche.

In questa operazione che gli Americani chiamano di «Extraordinary rendition» (in cui 007 Usa sono autorizzati a compiere qualsiasi tipo di reato in territorio straniero, in violazione di tutte le norme del diritto internazionale, col pretesto della lotta al terrorismo) Romano ebbe un ruolo centrale. Come capo della base Nato di Aviano, che gode di extraterrritorialità, fece entrare gli autori materiali del sequestro. Da qui trasportare Abu Omar nell'allora amico Egitto di Mubarak, dove la tortura è ammessa e praticata, fu un gioco da ragazzi. E infatti nelle prigioni egiziane Abu Omar fu sottoposto a torture fisiche e umiliazioni in stile Abu Ghraib, Guantanamo e anche peggio.

Giorgio Napolitano non poteva concludere in un modo peggiore il suo settennato. Il fatto stesso che abbia sentito il bisogno di motivare il suo atto dietro cavilli giuridici, giudicati da tutti i giuristi interpellati, nella più benevola delle ipotesi, «schiocchezze», dimostra che aveva la coda di paglia. La grazia è una prerogativa esclusiva del Capo dello Stato, un retaggio del potere regale, e puo' concederla a suo insindacabile giudizio. Ma Napolitano, con tipica ipocrisia catto-comunista, ha voluto travestire con abiti giuridici, tra l'altro sconfessando in questo modo ancora una volta, alla maniera di Berlusconi, la Magistratura italiana, una decisione squisitamente politica. Lo conferma il fatto che Joseph Romano, da tempo latitante e al sicuro negli Stati Uniti, come tutti gli altri 007 condannati, non correva alcun rischio di finire in carcere. Non solo perchè gli americani, che non ammettono che i loro militari siano giudicati all'estero mentre pretendono che quelli dei loro nemici siano spediti davanti al Tribunale internazionale dell'Aja, non ce lo avrebbero mai consegnato (come è avvenuto per il pilota responsabile della tragedia del Cermis ,20 morti, come avviene per i militari Usa di base a Napoli che stuprano le ragazze partenopee, rifugiandosi poi nell'extraterritorialità), ma perchè tutti e sei i ministri della Giustizia avvicendatisi dopo la vicenda di Abu Omar (Castelli, Mastella, Scotti, Alfano, Palma, Severino) appena insediati si sono affrettati a rassicurare gli americani che rinunciavano a dar corso alla ricerca dei latitanti in campo internazionale. Ci eravamo quindi già appiattiti come sogliole ai piedi degli Usa, cui è consentito nel nostro Paese fare cio' che vogliono, commettere anche, restando impuniti, i reati più ripugnanti, come il sequestro di persona e, sia pur interposto Egitto, la tortura. Il Presidente Napolitano ha voluto fare un ulteriore atto di servaggio. Per chi a cuore, nonostante tutto, la dignità del nostro Paese, suonano mortificanti le parole pronunciate dallo svizzero Dick Marty, relatore del Consiglio d'Europa per le indagini sui 'voli segreti' della Cia: «Non è un atto di giustizia , ma di sudditanza verso gli Stati Uniti».

Massimo Fini

Il Gazzettino, 12 aprile 2013