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Prima sono stati gli occidentali e gli islamici, più recentemente i cinesi, adesso ci si mettono anche i principi arabi a distruggere quel che resta dell'Africa Nera. In nome del business, come ormai tutto. Circa 80 mila Masai, un antichissimo popolo di pastori, cacciatori e guerrieri, dalla pelle ambrata, di straordinaria bellezza come tutte le etnie di origine nilotica (Li vidi per la prima volta durante un viaggio giovanile, nel 1969, nei dintorni di un villaggio al confine fra Kenya e Tanzania. Si stavano bagnando al fiume, uomini e donne, nudi tranne un minuscolo perizoma, le zagaglie a riposo, posate sulle rive. Una scena d'Arcadia africana) stanno per essere cacciati dalle terre in cui vivono da sempre. Avviene a Loliondo, in Tanzania. Il governo di Dar Es Salaam sta per concedere i diritti di sfruttamento di quel territorio, 1500 chilometri quadrati, all'agenzia turistica Ortelo Business Corporation legata al governo di Dubai (Emirati Arabi), specializzata nell'organizzare safari di lusso. Ne vuole fare una riserva di caccia per gli sfizi venatori degli Emiri e dei loro ricchi ospiti, europei e americani. I Masai devono quindi sloggiare. In contropartita dello sfratto avranno 500 mila euro o un ancor più sinistro 'progetto di sviluppo'. Ma non è la cifra ridicola che conta (poco più di 5 euro a testa). Il fatto è che con quest'atto di imperio e certamente di corruzione (le tangenti sganciate ai dirigenti del governo di Tanzania) si distrugge una comunità, si cancella una cultura, una tradizione, una storia. «La nostra terra non ha prezzo -ha detto un Masai, Samwel Nangiria- Gli avi dei Masai, le loro madri, le loro nonne sono sepolti qui». Ma poniamo anche che il compenso fosse adeguato che se ne farebbero i Masai di quei soldi? Se ne andrebbero a vivere in città o a Dubai o magari a Miami con le camicie a fiori? La loro vita ha senso là dove sono vissuti per secoli e millenni, in ogni altro luogo lo perderebbe.

Siccome i lestofanti al servizio del denaro non mancano mai, alcuni media sottolineano che la riserva di caccia della Ortelo Business Corporation risparmierebbe molti elefanti. In Africa 100 mila elefanti sono stati uccisi negli ultimi tre anni per venderne le preziose zanne d'avorio ai mercanti asiatici (bei soggetti anche costoro) perché in quelle culture si crede che le zanne abbiano un effetto afrodisiaco. Pur di realizzare la riserva di caccia per i super-ricchi si mette in campo l'ecologia animalista. Ma questa è più importante di quella umana? In realtà si tratta di un problema mal posto. I Masai vivono sostanzialmente di pastorizia e di allevamento del bestiame, cioè di economia di sussistenza (consumo quel che produco e caccio) e poiché non credono all'effetto afrodisiaco delle zanne di elefante ne ucciderebbero quanto gli basta per sfamarsi. Sono gli adescatori che vanno perseguiti, non gli eventuali bracconieri Masai.

La storia Ortelo Business Corporation-Masai di Loliondo è solo un atroce apologo della fine cui sono destinate tutte le comunità tradizionali anche quelle poche rimaste. Quando non le ha letteralmente distrutte o ridotte a 'riserve indiane', il Dio Quattrino, non importa se in salsa occidentale o islamica, le ha mostruosamente ibridate, togliendogli anche il loro profondo senso di comunità. I Masai, animisti, erano rimasti relativamente incontaminati. Ma se si continua a rompergli i coglioni con gli Ortelo Business Corporation o i 'progetti di sviluppo' non è escluso che si mettano anche loro a sequestrar persone e, in un orrendo connubio di modernità e cultura ancestrale, a filmarne le esecuzioni a colpi di zagaglia.

Massimo Fini

Il Gazzettino, 21 novembre 2014