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Alla solita presentazione del libro dell’eterno Bruno Vespa Silvio Berlusconi alla caccia di ‘responsabili’, da reclutare soprattutto fra i Cinque Stelle, per rimpinguare Forza Italia che rischia di veder ridotto il suo consenso allo zero virgola, ha affermato: “Sappiamo che queste persone non avrebbero convenienza a tornare al voto perché non sarebbero rieletti. Invece così avrebbero ancora 4 anni di stipendio, 14 mila euro al mese dei quali non dovrebbero darne 8 mila al partito. E io so che l’interesse privato è sempre superiore all’interesse generale”.

L’ex Cavaliere si è fatto un selfie. Nelle sue parole c’è il suo ritratto. Pensa che tutti siano come lui, disposti a corrompere, a farsi corrompere, interessati solo al denaro. Omnia sozza sozzis. Purtroppo col suo impareggiabile cinismo Berlusconi coglie nel segno. Mi diceva Susanna Agnelli che il sogno di suo fratello, Gianni, che se ne intendeva, era di trovare l’Incorruttibile, ma che non l’aveva mai incontrato. Non ci sarebbero corrotti, o ce ne sarebbero molti di meno, se non esistessero i corruttori ed è certamente difficile per chiunque resistere a un corruttore che ha la potenza di fuoco di Berlusconi e che già si è appropriato di un disabile approdato nel mondo grillino.

Ma la parte più grave del discorso dell’uomo di Arcore è là dove dice: “Io so che l’interesse privato è sempre superiore all’interesse generale”. Questo sentimento, chiamiamolo così, sarebbe già grave in un normale cittadino, diventa gravissimo in un uomo politico la cui funzione è proprio quella di guardare all’”interesse generale”. E quello che Berlusconi dice lo ha sempre praticato in venticinque anni di vita politica, mascherandosi da liberale e da “moderato” (se c’è un uomo che non è moderato, che è in realtà un violento, questi è Silvio Berlusconi: come disse il buon Mino Martinazzoli “la moderazione non è un luogo in cui ci si pone all’interno degli schieramenti politici, è un modo di essere”). Si è sempre interessato e occupato dei fatti suoi, senza avere alcuna idealità che non coincidesse coi propri interessi privati. E la sua attività di politico cominciata nel 1994 è lì a dimostrarlo senza se e senza ma. In venticinque anni, passati per la metà al governo del Paese e per l’altra come il più importante leader dell’opposizione, non ha combinato assolutamente nulla che avesse a che fare con l’”interesse generale”. Quello che solo ha fatto è stato togliere agli italiani quel poco di senso di legalità che ancora gli era rimasto.

Eppure quest’uomo nefasto, questo “delinquente naturale”, questo corruttore di magistrati, di finanzieri, questo colossale evasore fiscale, questo specialista nella compravendita di parlamentari a suon di milioni di euro, questo truffatore ai danni di una ragazza orfana e minorenne, questo individuo sospettato con buone ragioni di avere rapporti con la mafia e di aver cominciato la sua carriera di imprenditore grazie ai soldi della mafia, è ancora e sempre lì e condiziona la vita politica del nostro Paese.

Questo tumore chiamato Berlusconi si è sviluppato, con le sue infinite metastasi, in una democrazia. Nelle altre democrazie occidentali, pur imperfette e corrotte come sono in genere le democrazie, un fenomeno come quello berlusconiano non sarebbe mai esistito. In Italia invece è stato e continua a essere possibile.

Massimo Fini

Il Fatto Quotidiano, 19 dicembre 2018