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In uno sgangheratissimo articolo sul Giornale (29.05.2024) Augusto Minzolini, prendendo in esame il cosiddetto ‘caso Toti’, si scaglia contro i magistrati genovesi che hanno previsto gli arresti domiciliari per il Presidente della Regione Liguria. Secondo l’articolo 274 del Codice di procedura penale gli arresti domiciliari, che sono già in qualche modo una misura più lieve della custodia in carcere, possono essere decisi su richiesta del pubblico ministero al Gip, cioè a un giudice che deve convalidarla, in tre casi: uno, pericolo di inquinamento delle prove, due, pericolo di reiterazione del reato, tre, pericolo di fuga. Solo il Pm che sta conducendo le indagini può sapere se questi pericoli esistono in concreto. Il suo apprezzamento è ampiamente discrezionale, ma questa discrezionalità gli è attribuita dalla legge. Evidentemente i pubblici ministeri genovesi, sempre sotto il controllo del Gip, hanno ritenuto che almeno uno di questi requisiti esistesse. Improvvisatosi Pm e Gip, Minzolini sostiene che i giudici genovesi non hanno “lo straccio di una prova”. Minzolini definisce “retorica qualunquista” quella di coloro che ritengono che i diritti, ma anche i doveri, degli uomini che ricoprano cariche pubbliche debbano essere uguali davanti alla legge a norma dell’art. 3 della Costituzione.

Ma è inutile seguire, o piuttosto inseguire, Minzolini nei suoi sragionamenti sgangherati, fra cui c’è quello della “giustizia ad orologeria”, consueto negli opinionisti di destra che si autodefiniscono “garantisti”, categoria giuridica, come quella, contrapposta, dei “giustizialisti”, mai esistita in nessun Codice, né italiano né europeo né di qualsiasi altro Paese. Poiché in Italia ci sono elezioni ad ogni momento, comunali, regionali, politiche e adesso anche europee, i magistrati non potrebbero mai agire senza che cali su loro il sospetto, accreditato nel caso Toti da Minzolini, di fare politica e di essere schierati con una parte politica. Esemplare, in questo senso, è il “caso Teardo”, presidente della Regione Liguria arrestato e poi condannato per “associazione a delinquere, concussione, concussione continuata, peculato ed estorsione” pochi giorni prima delle elezioni politiche in cui si era candidato. Se Teardo non fosse stato arrestato a tempo opportuno, in omaggio alla teoria della “giustizia ad orologeria”, sarebbe diventato un parlamentare della Repubblica, autorizzato, con tutte le guarentigie di cui i parlamentari godono in Italia, immunità compresa, a continuare i suoi maliaffari.

Ma perché dico che è inutile inseguire il professor Minzolini nei suoi sragionamenti? Perché è evidente che è tutto teso a salvaguardare dal rispetto della legge politici e ‘lorsignori’, non certamente gli stracci autori di reati da strada per i quali vale il brocardo di Daniela Santanchè, “in galera subito e buttare via le chiavi”, condiviso da tutta la irriconoscibile destra italiana (ma la destra, e mi scuso con la vera Destra, non era per “la legge e l’ordine”?). Forse Minzolini, se si vuole dar credito a questo personaggio che non ne ha, dovrebbe chiedersi come mai i ‘lorsignori’ di qualsiasi tipo vanno ai “domiciliari”, in genere nelle loro belle case, e i poveracci direttamente in carcere. È una delle tante discriminazioni sociali che esistono in Italia giustificata con l’argomento che per ‘lorsignori’, abituati alla bella vita, il carcere sarebbe troppo duro mentre i poveracci che vi entrano, vi escono e spesso vi rientrano perché nessuno dà loro lavoro, vi sarebbero abituati.

Comunque, e in sostanza, il tentativo di Augusto Minzolini è di dare una lezione morale a chi chiede il rispetto della legge. Ci chiediamo dove fosse Minzolini quando noi difendevamo Valpreda, in carcere da quattro anni senza processo e poi assolto, o il presunto terrorista rosso Giuliano Naria che ha fatto nove anni di carcerazione preventiva, non i “domiciliari”, per essere poi anche lui assolto. Gli sarà facile rispondere che in quegli anni prestava il suo fascino ai film di Nanni Moretti Io sono un autarchico ed Ecce bombo. Ma non è certo per questo che noi non accettiamo lezioni morali da Augusto Minzolini. Costui, arrivato alla direzione di Rai1, la più importante televisione generalista del nostro Paese, in virtù di meriti che gli erano stati attribuiti dallo Spirito Santo, è stato condannato a due anni e mezzo di carcere per “peculato continuato”. Un peculato miserabile, non bastandogli lo stipendio, presumiamo remunerativo, della Rai, Augusto Minzolini sgraffignava sulle ‘note spese’, cosa che peraltro ho visto fare anche a molti altri dirigenti Rai. Costoro facevano i fenomeni, facevano i munifici, invitando a cena un mucchio di persone pagando il conto. Ma quel conto non lo pagavano i Minzolini di turno, lo pagava la Rai con i soldi del canone, cioè con i soldi tuoi, caro, stupidissimo, lettore. E ti tocca anche beccarti l’accusa infamante di “forcaiolo” da un Augusto Minzolini non per nulla ribattezzato da Marco Travaglio “Minzolingua”, nel senso che lecca i potenti ma lecca anche le briciole dei pranzi di gala.

Il Fatto Quotidiano, 5 giugno 2024