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Un padre si rese conto che suo figlio era diventato un delinquente. Allora lo convoco' e gli fece una solenne ramanzina. Il figlio lo ascolto' con molta attenzione. Poi disse, dolcemente: «Vieni con me». Camminarono per un po' finchè giunsero nei pressi di un bosco e vi si inoltrarono. Il figlio strappo' un ramoscello da un albero, lo porse al padre e gli chiese di spezzarlo, cosa che l'altro fece con gran facilità. Ne strappo' un altro solo di poco meno esile e chiese al padre di fare la stessa cosa. Non ci furono problemi. Poi indico' un ramo piuttosto robusto e ingiunse: «Spezzalo». E il padre lo fece con una certa fatica. Andarono avanti in questa maniera con rami sempre più grossi. Finchè ne arrivo' uno che per quanto l'uomo si sforzasse e si impegnasse, madido di sudore, non riusci' a piegare. «Vedi» disse il figlio «se tu quella ramanzina me l'avessi fatta tanti anni fa quando ero ancora un giovane virgulto sarebbe stato facile rimettermi sulla buona strada. Oggi è troppo tardi».

Berlusconi andava fermato subito. Ormai è troppo tardi. E' il vero padrone del Paese, lo tiene in scacco e continuerà a farlo finchè madre natura vorrà. Per la verità ci fu qualcuno che all'inizio ci provo'. L'imprenditore Silvio Berlusconi aveva accentrato nelle sue mani l'intero comparto televisivo privato nazionale. Un oligopolio illiberista e illiberale. Intervenne la magistratura per sanare la situazione. Berlusconi fu salvato da Bettino Craxi (che io considero il primo, vero, grande corruttore di questo Paese) che gli confeziono' una legge ad hoc, la Mammi', che congelava e legittimava la posizione oligopolista dell'allora Fininvest in campo televisivo. Il Cavaliere avrebbe pero' dovuto sbarazzarsi delle sue proprietà nella carta stampata. Disse a Montanelli: «Sono rovinato, devo vendere Il Giornale». E lo cedette a suo fratello Paolo.

Nel 1994 quando decise di entrare in politica non avrebbe potuto farlo senza cedere le sue aziende in quanto una legge del 1957 interdiva l'ingresso in Parlamento a chi fosse detentore di concessioni da parte dello Stato (nel caso di Berlusconi quelle televisive). Il Cavaliere doveva scegliere: o le aziende televisive o la politica attiva. E' il famoso conflitto di interessi. Berlusconi non cedette le aziende e entro' lo stesso in politica nonostante per la legge fosse ineleggibile. Promise un blind trust per il quale, pur rimanendo proprietario, non avrebbe saputo nulla delle attività della Fininvest, nomino' un comitato di 'tre saggi' che non si è mai saputo che fine abbia fatto. Violo' la legge e basta. Volerlo dichiarare ineleggibile ora, a vent'anni dal suo ingresso abusivo in Parlamento, dopo che è stato quattro volte presidente del Consiglio, è semplicemente grottesco. Bisognava impedirglielo allora, bisognava fargli rispettare la legge allora, oggi non ha più senso.

I vent'anni del berlusconismo e dell'antiberlusconismo sono stati atroci. Non parlo qui come giornalista che, non appartenendo a nessuna delle due bande, ha trovato sempre più difficoltà a lavorare fino a subire una sorta di 'conventio ad escludendum' , da destra e da sinistra. Parlo come cittadino e come uomo. In vent'anni ho visto crollare, e non certo per colpa del solo Berlusconi, tutti i valori di stampo ottocentesco che mio padre, che era del 1901, aveva cercato di inculcarmi, onestà, dignità, lealtà, assunzione delle proprie responsabilità, che ho cercato di osservare anche se, ovviamente, non sempre ne sono stato all'altezza.

Quando Berlusconi 'scese in campo' ero un uomo nel pieno del suo vigore. Oggi sono solo un vecchio smarrito che ha perso tutti i suoi punti di riferimento.

Massimo Fini

Il Gazzettino, 26 luglio 2013

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La sentenza di condanna di Silvio Berlusconi era già scritta. Non per un pregiudizio della magistratura milanese ma perchè il reato di concussione era 'in re ipsa': nelle sette telefonate che l'allora premier fece da Parigi ai funzionari della Questura di Milano perchè una ragazza sotto interrogatorio fosse liberata e affidata a persona di sua fiducia, Nicole Minetti, come poi avvenne. Qui non ci sono intercettazioni di dubbia interpretazione, ci sono i fatti. Quello di concussione è un reato contro la Pubblica Amministrazione che puo' essere commesso solo da «un pubblico ufficiale che, abusando della sua qualità o funzione, costringe o induce taluno a dare o promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità». La concussione si distingue dall'estorsione, reato che puo' essere commesso da chiunque, «mediante violenza o minaccia, costringendo taluno a fare o a omettere qualche cosa, procura a sè o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno». E' ovvio che il pubblico uffiaciale, tanto più se presidente del Consiglio, tanto più se si rivolge ad altri pubblici ufficiali di grado inferiore, non ha alcun bisogno, per ottenere cio' che indebitamente vuole, di ricorrere alla minaccia (tantomeno alla violenza) che è implicita nella sua stessa richiesta. Tanto è vero che i funzionari della Questura di Milano si adeguarono contravvenendo alle disposizioni dell'unico soggetto che aveva titolo a decidere del destino di Ruby, vale a dire il Pm del Tribunale dei minori, Annamaria Fiorillo, che aveva ordinato che la ragazza fosse affidata ad una comunità o, in attesa, trattenuta in Questura. Al processo la Fiorillo dichiarerà: «Nessun magistrato degno di questo nome avrebbe affidato Ruby alla Minetti, nessun magistrato degno di questo nome avrebbe accettato di considerare una marocchina 'nipote di Mubarak'». Eh si', perchè Berlusconi, che si rendeva conto che stava compiendo un grave reato, per salvarsi in corner si era inventato che il suo intervento aveva ragioni diplomatiche, poichè a lui risultava che Ruby fosse imparentata col rais egiziano. Ma la questura aveva accertato già nel tardo pomeriggio (le telefonate di Berlusconi sono intorno alla mezzanotte) che Ruby era di nazionalità marocchina. Non si sa se i funzionari della Questura fecero presente a Berlusconi questa decisiva circostanza, fatto sta che accettarono come buona la sesquipedale menzogna del Cavaliere (che chiamo' poi ad esprimersi sulla questione il Parlamento che, in una delle pagine più vergognose e umilianti delle Istituzioni italiane, sentenzio' che una marocchina era in realtà un'egiziana), dimostrando, una volta di più, se ce ne fosse stato bisogno, che subirono, senza fiatare, le indebite pressioni del premier.

Diverso è il discorso sul reato, minore (un anno di condanna rispetto ai sei per la concussione) di prostituzione minorile, che, rispetto al primo, è molto più difficile da dimostrare. Come si puo' accertare se due persone sono andate a letto insieme? Lo stesso sessuofobico Corano vuole che ci siano almeno quattro testimoni oculari del fatto. Ma tutti i media hanno intinto il biscotto su questo aspetto della questione. Quelli di sinistra perchè sono cretini, morbosi e moralisti nel senso deteriore del termine, quelli di destra perchè capivano benissimo che aggrappandosi alle debolezze dell'inchiesta sul reato minore potevano gettare delle ombre sulle indiscutibili certezze di quello maggiore, la concussione.

Infine i supporter di Berlusconi sostengono da sempre che il Cavaliere è vittima di un 'accanimento giudiziario' basato su 'teoremi'. E non si accorgono, o fanno finta di non accorgersi, che sono seduti su un teorema: l'innocenza a priori di Berlusconi. Un teorema inscalfibile perchè qualsiasi provvedimento giudiziario sfavorevole al Cavaliere invece di esserne la sconfessione ne è la dimostrazione. Contro questa logica, priva di ogni logica, è impossibile controbattere.

Massimo Fini

Il Gazzettino, 29 giugno 2013

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I seguaci di Berlusconi sostengono da sempre che le accuse della magistratura al Cavaliere sono basate su 'teoremi', su un 'accanimento giudiziario'. E non si rendono conto di essere assisi a loro volta su un teorema o, peggio ancora, su un assioma: l'innocenza a priori di Berlusconi. La differenza fra un teorema e un assioma è che il primo parte da una proposizione la cui verità deve essere dimostrata per via deduttiva sulla base di fatti, l'assioma non ha bisogno di fare questo faticoso percorso perchè è, per dirla con Plotino, una 'verità in sè', talmente evidente da non aver bisogno di essere dimostrata. E infatti l'assioma che Berlusconi è a priori innocente, vittima di un 'accanimento giudiziario', è indistruttibile perchè qualsiasi provvedimento giudiziario a lui sfavorevole invece di minarlo lo rafforza e lo riafferma. Contro questa logica, priva di ogni logica, è impossibile competere.

Un altro antico mantra dei berluscones è che un uomo politico che ha ricevuto milioni di voti «non puo' essere eliminato per via giudiziaria». Il senso di questa affermazione, ammesso che ce l'abbia, qual'è? Che chi è stato eletto con un certo numero di voti è, per questo, autorizzato a commettere reati? Che Berlusconi, se li salta il ticchio, puo' strangolare Veronica perchè ha il consenso popolare? E che livello di consenso bisogna raggiungere per godere di questa particolare immunità non prevista da nessun codice? Ci vogliono nove milioni di voti o ne bastano quattro o due? (Tutti questi paralogismi, e altri, sono già stati trattati nel e 'Manuale del perfetto impunito' di Marco Travaglio, del 2000, che ha la mia prefazione. Lo dico non solo a beneficio di quei lettori del Fatto che mi guardano con grande sospetto, quasi fossi una canaglia destrorsa, ma per significare come dopo tre lustri nulla è cambiato).

Una 'new entry' nella galleria dei 'nonsense', sostenuta soprattutto da Fabrizio Chicchitto, è che la condanna a Berlusconi per quello che impropriamente viene chiamato il 'caso Ruby' (in realtà è un caso di concussione dove il reato di prostituzione minorile ha un'importanza minore, tant'è che il Tribunale di Milano lo ha valutato meritevole di un anno di carcere rispetto ai sei comminati per la 'concussione per costrizione') «mette a rischio la pacificazione nazionale». Il senso di questa affermazione è che il sostegno del Pdl al governo va barattato con una sanatoria dei reati commessi dal Cavaliere.

Credo che nessun Paese, democratico o non, civile o incivile, a una persona che ha sul groppone due condanne, una in primo grado e una in Appello, per una colossale e scientificamente organizzata evasione fiscale, una condanna per concussione e prostituzione di minore, che ha goduto di cinque prescrizioni (alla faccia dell'avvocato Ghedini oltre che di Bruno Vespa che sostengono che i processi del Cavaliere sono insolitamente rapidi), in due delle quali pero' la Cassazione ha accertato in via definitiva che i reati a lui ascritti Berlusconi li aveva effettivamente commessi anche se era scaduto il tempo per poterli sanzionare, che si trova nella singolare situazione di aver pagato 600 mila dollari all'avvocato Mills perchè rendesse falsa testimonianza in processi che lo riguardavano, Mills è stato condannato, ma il corruttore, cioè il Berlusca, no, mentre un altro suo avvocato, Cesare Previti (che a questo punto va considerato quasi una vittima) è stato pure condannato per aver corrotto il giudice Metta per avere una sentenza favorevole nel cosiddetto 'Lodo Mondadori', ma il mandante dell'operazione, cioè ancora il Berlusca, ha usufruito, a differenza di Previti, della prescrizione perchè la Cassazione gli ha riconosciuto con una singolare motivazione, le attenuanti poichè nel frattempo era diventato presidente del Consiglio (che avrebbe dovuto essere semmai un'aggravante), bene, a nessuna persona con questo straordinario curriculum, sarebbe concesso di determinare la politica nazionale. Pero' questa è l'Italia. Ma si', diamogli, come vuole Cicchitto, un salvacondotto. Per le Bermude. Possibilmente nel Triangolo delle.

Massimo Fini

Il Fatto Quotidiano, 29 giugno 2013