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In una recente intervista il giudice Salamone entra nel merito della sua inchiesta sul caso Di Pietro, ne indica gli obbiettivi, informa sull'idea che si è fin qui fatta, dà valutazioni sul comportamento e la posizione dei vari testi, da Previti a Paolo a Silvio Berlusconi. Salamone adombra poi l'identikit dei possibili colpevoli e preannuncia una doppia archiviazione per il caso Cerciello-Di Pietro. È un episodio grave che non può essere passato sotto silenzio nemmeno in questa calura estiva. Quando i magistrati capiranno che non devono e non possono dare interviste? Il delicatissimo compito di inquisire, ed eventualmente arrestare, di giudicare, ed eventualmente condannare, i cittadini non è ad essi attribuito per i loro begli occhi ma all'unico scopo che facciano rispettare la legge penale che è alla base del patto sociale. Il magistrato parla quindi solo per “documenti e atti”. Punto e basta. Qualunque altra cosa che esorbiti da quest'ambito o è irrilevante, in quanto riguarda la vita privata del magistrato, che è di nullo interesse per l'opinione pubblica, o, se invece attiene alle inchieste che sta conducendo, è illegittima. E una volta tanto siamo d'accordo con Cesare Previti quando dice che «la riservatezza dei Pm è un fatto di assoluta sostanza». Così come siamo d' accordo con quella parte del progetto di legge in discussione in Parlamento (e solo su quella) che intende vietare espressamente o comunque ridurre in modo drastico le “esternazioni” dei magistrati. Non si tratta di un attacco alla libera manifestazione del pensiero, che in quanto tale appartiene a tutti, ma di un ovvio limite legato alla funzione: come un generale è vincolato al segreto militare o anche un modesto impiegato di banca non può dare informazioni sui conti dei clienti così, e a maggior ragione, un magistrato non può rivelare il contenuto delle inchieste che conduce. È una cosa talmente evidente che ci si vergogna di doverne stare qui a scrivere. Ogni protagonismo dei giudici è deleterio. E noi crediamo che il governo dovrebbe far propria la proposta avanzata più volte dal Procuratore di Firenze, Pier Luigi Vigna, di vietare la pubblicazione dei nomi dei magistrati, sia inquirenti che giudicanti, com' è già in altri Paesi. La funzione del giudice infatti, proprio per la sua straordinaria delicatezza e le conseguenze che può avere sulla vita degli individui, deve essere il più possibile asettica, anonima impersonale. Ciò a tutela innanzitutto delle inchieste. Se si fosse seguita questa linea di prudenza oggi non assisteremmo al grottesco che la cosa più importante di Mani Pulite non è il fatto che abbia smascherato una vastissima e sistematica corruzione politica e imprenditoriale, sia della vecchia che della nuova classe dirigente, o che si pretende nuova, ma se i 120 milioni prestati a Di Pietro siano un illecito. I magistrati, a questo punto, avrebbero dovuto almeno capire che le loro interviste, “esternazioni”, uscite di campo, protagonismi sono utilizzati da tutti coloro che hanno interesse a che giustizia non sia fatta. Così si spiega come, dopo quattro anni di inchieste ineccepibili, nell'ambito delle quali, ad onta di varie ispezioni, non è stata riscontrata alcuna irregolarità su migliaia di provvedimenti prodotti, sia stato possibile il vergognoso ed intimidatorio attacco alla magistratura portato dal “partito degli imputati”. È stato possibile perché i magistrati, con la leggerezza del loro comportamento extraprocessuale, ne hanno dato il destro. Certo non c'è misura fra un'intervista incontinente e un furto o un'evasione fiscale di decine di miliardi, ma il gruppo dei demagoghi di Forza Italia, dei Feltri, degli Sgarbi, delle Maiolo, dei Berlusconi, dei Ferrara, è lì apposta per confondere le acque. Vediamo così che in Italia è stata introdotta una nuova procedura penale. Se un Pubblico ministero apre un'inchiesta non si indaga più sull'inquisito ma su di lui. Ci sono avvocati, come Taormina, che credono che compito del loro ufficio non sia difendere l'imputato ma attaccare il Pm. È  chiaro che se passa un principio del genere la giustizia è finita. Già ora c'è Salamone che indaga su Di Pietro e magistrati di Caltanissetta che indagano su Salamone in attesa che altri Pm indaghino su di loro a seconda che l'inchiesta di Brescia vada o no in una certa direzione. La persona del magistrato infatti è ormai utilizzata come una pistola puntata contro le sue stesse inchieste. Due giorni fa quell'inquietante personaggetto che risponde al nome di Tiziana Maiolo (c'è da rabbrividire al solo pensiero che a capo della Commissione Giustizia della Camera ci sia una donna che, per un ingiusto arresto, peraltro di un sol giorno, patito vent'anni fa, porta un odio incoercibile e cieco ai magistrati), vedendo che l'inchiesta di Brescia punta sull'evidente tentativo, attuato a suo tempo dal governo Berlusconi, di bloccare Mani Pulite, ha affermato, prendendo spunto proprio dall'intervista di Salamone, che il magistrato non é né libero né sereno perché indagato dai colleghi di Caltanissetta (per fatti peraltro che con la sua inchiesta non c'entrano nulla). Ma se i magistrati siciliani dovessero archiviare la pratica Salamone le Tiziane Maiolo di turno troverebbero la maniera di farli inquisire in modo da poter insinuare che non sono stati “né liberi né sereni” in un circolo vizioso senza fine. Non voglio dire con questo che i magistrati non debbano rispondere di eventuali illeciti penali. Ne debbono rispondere come e, in un certo senso, più degli altri perché cittadini e perché magistrati. Ma la loro responsabilità va accertata a tempo e luogo. Non è assolutamente accettabile l'automatismo che sembra essersi instaurato per cui si indaga prima sul magistrato e poi sull'imputato. Ma, anche qui, questo giochetto puerile quanto truffaldino e devastante non avrebbee potuto essere agito se i magistrati avessero condotto le loro inchieste nel modo più asettico, anonimo, impersonale possibile. Allora sarebbe stato evidente a tutti, forse, chissà, anche a Vittorio Feltri, che la persona fisica del Pm ha un rilievo marginale, perché gli atti che pone in essere non sono suoi ma dell'Ufficio giudiziario cui fa capo (non per nulla si chiama sostituto procuratore) e perché ciò che conta è il merito delle sue inchieste e la funzione che ricopre. Purtroppo il protagonismo di alcuni magistrati contribuisce a confondere le idee ai cittadini, a far credere ciò che non è, non può e non deve essere, a tutto vantaggio dei lestofanti che lo strumentalizzano. Noi abbiamo un grande rispetto della funzione giudiziaria. E sulle colonne di questo giornale e altrove l' abbiamo sempre difesa. Ma è assolutamente necessario e urgente che i magistrati abbiano più rispetto per se stessi.