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Mi sembra che le opposizioni stiano facendo con Berlusconi premier lo stesso errore che commisero col Berlusconi candidato quando, demonizzandolo, finirono per favorirlo. Intendiamoci, il governo Berlusconi ha fatto finora molti errori (il rinvio sine die  di una seria legislazione anti-trust, le mani sulla Rai) e anche delle autentiche mascalzonate (il “decreto Biondi”, il tentativo di delegittimare i giudici), ma non mi pare nè intelligente, nè opportuno, anzi controproducente, contestarne, con i toni esasperati che si sono sentiti in questi giorni, anche gli atti dovuti, obbligati, inevitabili. È il caso della Finanziaria. Io non sono certo un esperto in materia ma, come cinquantenne, sono uno di quei cittadini che verranno più penalizzati dal riordino del sistema pensionistico con una decurtazione, se non sbaglio, del 3%. Ma onestamente mi chiedo che cosa il governo, qualsiasi governo, potesse fare di diverso stante la catastrofica situazione dell'lnps e la previsione statistica che, oltre il Duemila, ci sarà un pensionato per ogni lavoratore attivo. I soldi bisogna pur prenderli da qualche parte e non è certo colpa dell'attuale governo se nei decenni passati altri (dirò poi chi) hanno cicaleggiato sulla nostra pelle. E anche nel resto della Finanziaria non mi pare di vedere quelle nefandezze che altri vi individuano. Non mi sembra una Finanziaria peggiore di quelle che l'hanno preceduta, anzi, per la verità, un tantino migliore. Ci sono per esempio dei consistenti tagli alla Difesa, auspicati da anni proprio dalle sinistre e che però nessun governo aveva osato operare per timore di inimicarsi la potente consorteria dei militari. Ma a Eugenio Scalfari nemmeno questi van bene perché, scrive, “produrranno quarantamila disoccupati nell'indotto che lavora con quel ministero” (La Repubblica, 15/10). Ma a ragionare così non si può tagliar nulla, nemmeno un capello perché così si toglie il lavoro ai barbieri. Non sono d'accordo nemmeno sul significato che è stato dato all'indubbio successo dello sciopero generale. Si è detto e soprattutto scritto che era l'evidente dimostrazione che la maggioranza degli italiani sono contro la Finanziaria. Fino a prova contraria, in un Paese democratico, è il governo che rappresenta la maggioranza dei cittadini (poiché è espressione di un Parlamento liberamente eletto a suffragio universale) e non la piazza per quanto folta essa sia. Ancor meno mi è piaciuto il clima sessantottesco che, soprattutto da parte dei mass media, è stato creato intorno allo sciopero del 14. Ho sentito parlare di “festa dell'inventiva” e di orgoglio perché manifestazioni del genere non si vedevano da vent'anni. Non mi pare affatto un buon segno. Vent'anni fa erano infatti i “formidabili 70”, che sono stati l'incubatrice di tutte le demagogie che hanno portato al disastro finanziario di oggi. Pensavamo che i tempi della “fantasia al potere”, delle “variabili indipendenti” e della piazza che l'aveva perennemente vinta sulle legittime istituzioni fossero finiti per sempre. Ma evidentemente noi italiani non impariamo mai niente. Fu in quegli anni che i sindacati e le sinistre si fecero non solo complici del peggiore assistenzialismo e clientelismo di stampo democristiano ma spesso lo imposero agli stessi governi: dalle “pensioni baby” alle finte pensioni di invalidità, alle finte pensioni di anzianità, alle casse integrazioni protratte all'infinito, alle aziende decotte pubbliche e private tenute in piedi a tutti i costi (costi che poi si rovesciavano sulla collettività). Il disastro-Italia ha molti padri: i governi passati e i partiti che li hanno sostenuti, certamente, la grande industria che, attraverso le casse integrazioni e i prepensionamenti, ha fatto pagare i propri errori allo Stato (cioè a noi), altrettanto certamente, ma anche le forze di sinistra, i sindacati e quei milioni di fannulloni (alcuni dei quali erano sicuramente presenti anche nei cortei di venerdì) che su questa comoda situazione ci hanno marciato a redini basse finendo per tagliare le gambe ai veri lavoratori e, con essi, al Paese. Se abbiamo accumulato la sbalorditiva cifra di due milioni di miliardi di debito lo dobbiamo a tutti costoro e non possiamo certo prendercela con l'attuale governo che, essendo formato da forze che si affacciano per la prima volta alla gestione del potere, non può, come l'agnello della famosa favola, essere ritenuto responsabile dei guasti del passato che è chiamato a rimediare. Ecco perché non tanto lo sciopero generale ma l'enfasi che gli è stata data mi è sembrata parecchio demagogica e, in qualche caso, anche frutto di cattiva coscienza. Comunque andiamo pure avanti così, contestando questa modesta manovra finanziaria, la riforma delle pensioni, i tagli alla Sanità e persino quelli alla Difesa. Dobbiamo però essere consapevoli che di questo passo arriverà il giorno in cui un governo, con o senza Berlusconi, di destra o di sinistra, ci dirà: “Sapete qual è la novità? Che i vostri Bot sono carta straccia e che le pensioni non ve le decurtiamo per la semplice ragione che non ci sono più i quattrini per pagarvele”.