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Non c'è uomo politico che, dopo le elezioni dello scorso weekend, non abbia indicato nelle riforme elettorali la zattera di salvataggio per il nostro Paese. In particolare il toccasana sarebbe il sistema di votazione maggioritario. Anche la Democrazia cristiana, prima restia, si è improvvisamente convertita al nuovo verbo. Devo dire che nutro molti sospetti sul grande bla bla bla delle riforme elettorali. In generale, perché non credo affatto che il buon governo la buona amministrazione dipendano dai sistemi di votazione. Nell'Italia giolittiana si votava proprio con quel sistema uninominale maggioritario che oggi si invoca come panacea di tutti i mali, ma ciò non impedì che, quando la classe dirigente liberale, logorata da decenni di potere, non aveva più niente da lire e da dare, si creassero governi così deboli, indecisi e corrotti da aprire, anzi da spalancare, la strada al fascismo. In particolare perché temo che, oggi, nel sistema maggioritario si nasconda un cavallo di Troia pieno zeppo di democristiani. Capisco che, se si fosse votato con questo sistema, città come Varese e Monza sarebbero governabili già da domani mattina. E questo sarebbe certamente un bene. Ma se tale sistema viene trasportato dalle elezioni amministrative a quelle politiche rischia di risolversi in un gigantesco premio di maggioranza per la Democrazia cristiana. Col suo 24% la Dc resta infatti, nonostante il suo declino, di gran lunga il primo partito italiano. Il secondo, che è la Lega, è distaccato di nove punti in percentuale. . E la Lega non ha alcuna possibilità di raggiungere o sorpassare, in tempi ragionevoli, la Democrazia cristiana perché resta un movimento radicato nel Nord e, in misura molto minore, nel Centro, ma completamente assente al Sud. Per la Lega accettare il sistema maggioritario, rinunciando a priori ai voti di sette o otto regioni del Paese, è come, per un pugile, combattere con una mano legata dietro la schiena: non può farcela. Non riesco quindi a capire perché Bossi, dopo alcuni iniziali tentennamenti, abbia abbracciato il sistema uninominale e maggioritario. Gli conviene, per amministrare Varese e Monza o, domani, Milano, rinunciare al governo del Paese che è poi ciò che veramente conta e il vero motivo per il quale viene votato? A chi ha puntato sulla Lega non interessa tanto che sindaco di Varese sia Leoni o Maroni, ma che partiti della corruzione, del malaffare, della debacle economica e morale siano spazzati via. Del resto il brusco voltafaccia della Dc sulla questione del sistema maggioritario deve far riflettere. Evidentemente la Democrazia cristiana ha sperato fino all'ultimo che il quadripartito in qualche modo tenesse e di poter quindi continuare a fare i soliti proficui giochetti, ma una volta che si è resa definitivamente conto che l'antico schema non era più praticabile ha abbracciato il sistema maggioritario come il minore dei mali. E a difendere la proporzionale pura è rimasto solo Bettino Craxi, per la semplice ragione che solo con la proporzionale il Psi può ancora far finta di esistere. Ma per le forze di opposizione alla partitocrazia il problema oggi non è un Psi che non c'è più ma una Dc che, bene o male, c'è ancora. E con il maggioritario noi rischiamo l'incredibile paradosso di consegnare a una Democrazia cristiana delegittimata, indebolita, il governo del Paese per altri cinque o dieci anni. Sarebbe veramente il colmo. Io credo quindi che il sistema uninominale maggioritario vada introdotto per le amministrative, in modo da permettere alle città italiane di avere il governo cui hanno diritto, ma, diversamente da quel che ha scritto Vittorio Feltri su l'Indipendente di martedì scorso (e da quel che pensa Bossi), credo che la delicata decisione di adottare questo tipo di votazione anche per le elezioni politiche vada lasciata al futuro Parlamento eletto con l'attuale sistema proporzionale. Non è infatti pensabile che una questione del genere, così gravida di implicazioni, sia lasciata a “questo” Parlamento che non rappresenta più il Paese.