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Il sindaco Rutelli, con l'intera giunta capitolina, ha deciso di denunciare penalmente, e civilmente per il congruo risarcimento danni, il leader della Lega Umberto Bossi «per le gravissime accuse e ingiurie che ha rivolto e continua a rivolgere nei confronti della città di Roma». Un collegio di giurisperiti è stato incaricato di tutelare legalmente il buon nome della Città Eterna e dei suoi abitanti. Alla stessa stregua Rutelli potrebbe querelarsi contro l' Apocalisse di Giovanni dove Roma è definita letteralmente «Una bagascia» («u l'è una bagascia» sta scritto sia pur in latino). È  vero che Giovanni è morto da qualche tempo però ci sono pur sempre gli editori che, dimostrando nessun riguardo per i sentimenti dei capitolini, continuano a pubblicare impunemente i suoi testi dove Roma è definita anche «la Bestia marina dalle sette corna» (Apocalisse, XIII,I) e paragonata a Sodoma e Gomorra per cui ne risulta che i suoi abitanti vengono accusati d'essere culattoni, inchiappettatori di bambini e bambine, dediti alle più turpi e vergognose pratiche sessuali. E poiché questi editori dediti all'ingiuria e alla diffamazione gratuita sono le Edizioni Paoline e la Sei, una responsabilità perlomeno oggettiva, di omesso controllo, va attribuita a Papa Wojtyla. Senza dimenticare il mandante di questa campagna di denigrazione e di delegittimazione: Cristo. Fu infatti Gesù, niente affatto bambino perché era già in età tale da poter essere penalmente perseguitato da Rutelli, il primo a seminare l'odio ideologico e razziale contro Roma dichiarando irresponsabilmente: «Io sono venuto a mettere a fuoco la terra, e perché non dovrei volere che bruci?» (Luca XIIl, 49). Un chiaro invito all'azione diretta, e diretta proprio contro Roma se è vero, che di lì a qualche anno alcuni suoi fanatici seguaci, chiamati Cristiani, «odiosi per i loro delitti» come scrive Tacito (per flagitia invises, Annali, XV; 44), diedero fuoco alla città, da essi considerata la sentina di ogni più abominevole vizio, scaricandone poi la colpa sul romanissimo Nerone (i cui eredi, se solo volessero seguir l'esempio di Rutelli, potrebbero far soldi a paIate dato che son circa duemila anni che contro questo imperatore, pacifista, non violento, e quindi, fin qui, anche rutelliano e pannelliano, radicale, amante, delle arti, del teatro e della musica, vengono propalate le più inaudite diffamazioni, con l'aggravante dell'attribuzione di fatti determinati). Ma se anche non fosse stato Cristo a cominciare la campagna antiromana allora fu certamente il suo apostolo Giovanni, ancora lui, per il quale Roma doveva subire la carestia, la morte, il lutto e il fuoco (e ridagli! Apocalisse, XVIII, 8). E anche San Pietro, sia pure con linguaggio trasversale, in armonia col suo carattere notoriamente prudente e, diciamolo pure, un po' vile, incita al rogo di Roma e dei romani così rivolgendosi ai suoi adepti fra cui c'erano numerosissimi schiavi celti: «Carissimi non meravigliatevi della fiamma che vi si para dinanzi... rallegratevi piuttosto» (Epistole, 1,4, 12-13). Ma chi davvero non scherza è Tertulliano che scrive: «Una sola notte, con qualche torcia, potrebbe assicurare la vendetta» (Apologetico, 37) in un contesto dal quale è chiarissimo che colei contro la quale si vuole procedere è Roma-Babilonia-Sodoma-bagascia-puttana-troia. Rutelli, e anche il giudice Papalia, non hanno nulla da dire per queste affermazioni gravissime, per questa evidente apologia di reato? Vabbè, Tertulliano è morto. E anche San Pietro, però in queste cose il responsabile, almeno per il risarcimento civile, è facilissimamente individuabile dato che siede sul suo soglio, oltretutto a due passi dal sindaco Rutelli. E  invece di querelarsi per difendere il buon nome, oltre che l' integrità, della città di Roma che cosa fa costui? Va a baciare la babbuccia di Wojtyla. Peggio: ne avalla e incoraggia il Giubileo che, con tutta evidenza, è il modo, subdolo, moderno, con cui gli eredi di Cristo, di Giovanni, di Pietro e di Tertulliano cercano di fare ciò che ai primi cristiani (purtroppo) non riuscì: distruggere Roma una volta per tutte, seppellendola sotto 50 milioni di pellegrini. Chi è il vero lanzichenecco, Bossi o Wojtyla? In fondo il primo si è limitato a definire Roma «ladrona» e i romani «porci, banditi, stronzi», teste di cazzo, fannulloni, indolenti, impuniti, trogoli, schifosi, puzzoni, maiali, carogne, figli di puttana, insomma i soliti eccessi verbali da miles gloriosus sostanzialmente innocui; ma gli altri, i cristiani, i romani li volevano mandare arrosto. Ieri. E oggi Wojtyla, con la complicità del bellimbusto Rutelli (fermo! niente querele; significa, secondo il Palazzi, «uomo di ricercata eleganza» ), progetta di distruggerla, Roma, non con il fuoco, metodo inefficace e prevedibile, ma con una sofisticata tecnica più adatta ai tempi: strangolandola nel proprio traffico. Ma forse non c'è nemmeno da aspettare il Giubileo. Ha già provveduto il sindaco Rutelli, con la sua iniziativa, a seppellire Roma: coprendola di ridicolo.