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Non so se l'onorevole Berlusconi, l'onorevole Fini, l'onorevole Urbani e tanti altri autorevoli esponenti della Destra che si dice liberale e democratica e persino moderata si sono resi conto della gravità delle affermazioni fatte e degli atteggiamenti assunti, con la minaccia addirittura di mobilitare la piazza, dopo la sentenza con cui il Tribunale di Milano ha condannato il Cavaliere a due anni e nove mesi di reclusione per corruzione della Guardia di Finanza. L' onorevole Berlusconi ha affermato: «Si è messa mano all'arma dei processi politici per eliminare l'opposizione democratica. Questo significa che non siamo più in una democrazia ma in un regime. Da oggi la nostra opposizione cessa di essere opposizione a un governo e diventa opposizione a un regime». Da parte sua l'onorevole Fini ha parlato di «sentenza politica gravissima», e ha aggiunto che a Milano «c'è un Tribunale speciale». In quanto all'onorevole Urbani ha detto: «Come nel Risorgimento, quando i patrioti non riconoscevano la legittimità dei giudici che li condannavano, così oggi l'opposizione parlamentare non riconoscerà la legittimità di sentenze politiche che puntano a distruggere la democrazia». All'onorevole Urbani si potrebbe obiettare che un simile atteggiamento apparteneva non solo ai patrioti del Risorgimento ma anche, più recentemente, ai terroristi rossi che, se arrestati e condannati, si dichiaravano «prigionieri politici» contestando la legittimità della Magistratura in quanto, appunto, organo di un Regime. Però, coerentemente con questa impostazione, le Brigate Rosse si erano messe fuori dal sistema. L' onorevole Berlusconi, l'onorevole Fini, l'onorevole Urbani continuano invece a restarci, sono addirittura parlamentari della Repubblica. E qui sta il punto. In un sistema democratico e liberale la Magistratura è come l'arbitro di una partita di calcio. Dell'arbitro si può dire che sbaglia, che ha commesso un'ingiustizia, che ci ha gravemente danneggiato, non che non è legittimato a fischiare. Se lo si fa allora si lascia la partita, si esce dal campo e si porta la lotta su un altro piano, fuori dal sistema e contro il sistema, come fecero i terroristi rossi. È una posizione estrema ma ancora comprensibile, almeno sul piano concettuale. Ciò che invece non si può assolutamente fare è negare la legittimità delle decisioni dell'arbitro quando ci fischia contro e tenerle per buone quando sono a favore. Per la semplice ragione che se alcuni giocatori cominciano a comportarsi in questo modo, prima o poi saranno seguiti da tutti gli altri, nessuno rispetterà più le decisioni dell'arbitro e la partita finirà in una zuffa. Fuor di metafora: salterà il patto sociale. È questa la conseguenza cui porta l'atteggiamento degli onorevoli Berlusconi, Fini e Urbani. Non si capisce come d'ora in poi si possa pretendere, poniamo, dagli squatter (che hanno avuto due morti suicidi in conseguenza di inchieste giudiziarie) di rispettare i Tribunali, le leggi e la polizia dello Stato italiano se autorevolissimi personaggi, rivestiti di ruoli istituzionali, affermano che non sono legittimi. Non capisco come lo si possa pretendere dagli operai delle Banchigliette o dagli immigrati o dagli emarginati di tutte le risme o anche dai Massimo Fini, cioè dai comuni cittadini, che quei Tribunali e quelle leggi hanno finora rispettato ritenendoli legittimi. Se questo è davvero un Regime allora il diritto di ribellarsi appartiene a tutti i cittadini non solo a una parte di essi. Se questo è un Regime allora tutti abbiamo diritto di uccidere il Tiranno, di sbaraccare Il sistema; con i suoi Tribunali, le sue leggi e i suoi poliziotti, e non solo quella parte del Regime che non piace all'onorevole Berlusconi. Se questo è un Regime allora qualunque cittadino ha diritto di tirare un colpo di pistola al primo gabellotto che si presenta alla sua porta. Se questo è un Regime non sono valide le sentenze del Tribunale di Milano ma nemmeno quelle di Brescia e di Canicattì. Se questo è un Regime allora la lotta va fatta a tutti coloro che vi ricoprono cariche istituzionali o hanno posizioni di potere e quindi non solo a Scalfaro, a Mancino, a Violante, a Prodi, a D'Alema ma anche agli stessi Berlusconi, Fini e Urbani che, pur contestandolo, ne fanno parte. Se questo è un Regime e le sue leggi sono le leggi di un Regime allora non sono più legittime, poniamo, nemmeno quelle che consentono a Berlusconi di avere tre Reti televisive. Oppure questo è un Regime solo per la parte, i Tribunali, le sentenze e le leggi che non garbano all'onorevole Berlusconi, mentre per tutto il resto rimane invece uno Stato di diritto? Non so se la destra conservatrice, la borghesia imprenditoriale, si è resa ben conto di dove porta la strada che ha imboccato. Porta al caos, all'anarchia, al disfacimento dello Stato, forse alla guerra civile o comunque a una lotta di tutti contro tutti. Dalla zuffa, dal caos, dalla rivolta, dalla jacquerie, dalla dissoluzione dello Stato o dalla sua riduzione a parodia la borghesia ha tutto da perdere, a cominciare dalla propria posizione dominante. Noialtri, come diceva Marx, abbiamo da perdere solo le nostre catene. Non è il caso di gettare scintille su una brace che attende solo di diventare Incendio. Bisognerebbe fare attenzione prima di instillare nella popolazione la convinzione che lo Stato italiano, con le sue Istituzioni, i suoi Tribunali, le sue leggi borghesi, è una burletta o, peggio, una finzione e un'infamia. Perché non è detto che, una volta avviata la giostra, alla conclusione del giro a finire impiccato sul più alto pennone sia solo Prodi. Deus dementat quos vult perdere.