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pubblicato su "Il Fatto"

Questi qui del "Fatto", giudiziose suorine illuministe, tendenzialmente di sinistra, mi sbertucciano perché mi servo della società preindustriale a spese della presente.In un "Battibecco" ho scritto che la disoccupazione, come fenomeno sociale, nasce con l'industrializzazione. Prima non esisteva. È un fatto storico, incontrovertibile. Aggiungo che non esisteva nemmeno la povertà. Il termine "pauperismo" nasce negli anni '30 dell'Ottocento in Inghilterra di fronte allo sconcertante paradosso che nel Paese più opulento d'Europa, impegnato nel più grande sforzo produttivo, imprenditoriale, commerciale, il numero dei poveri è di gran lunga superiore a quello dei Paesi dove l'industrializzazione è appena cominciata o non è ancora partita.

Il fenomeno è lucidamente descritto, dati alla mano, da Alexis De Tocqueville, uno dei padri nobili del sistema democratico a libero mercato, e quindi insospettabile di nostalgie reazionarie, nel suo fondamentale saggio "Il pauperismo" del 1835. Scrive Tocqueville: «I Paesi reputati come i più miserabili sono quelli dove in realtà si conta il minor numero di indigenti, mentre tra le nazioni che tutti ammirano per la loro opulenza, una parte della popolazione è costretta a vivere e a ricorrere all'elemosina dell'altra». E fornisce i dati statistici: in Inghilterra c'è un povero ogni sei abitanti, in Spagna e Portogallo, che sono appena all'inizio del processo di industrializzazione, il rapporto è di uno a 20, nella Creuse, regione francese che, a differenza dei dipartimenti del Nord, ha appena assaggiato le bellurie della modernità, il rapporto è di uno a 58. Ma è già una situazione compromessa rispetto al passato preindustriale europeo dove i poveri, cioè i mendichi, non sono mai stati più dell'1% della popolazione e, in genere, era mendico chi voleva esserlo, come i moderni clochard.La povertà nasce dall'opulenza, dalla comparsa dei bisogni superflui a scapito di quelli essenziali.

Ma c'è di più. In una società affluente i poveri scadono a "miserabili" che è una categoria sociologica diversa. Perché una cosa è essere poveri (secondo i nostri metri, naturalmente, come può essere povero un agricoltore di un società ancora tradizionale) dove tutti più o meno lo sono, altra è esserlo in una società dove prilla un'opulenza sfacciata. Da qui nasce la condizione di paria, e la percezione di se stessi come tali, dei poveri delle società ricche. È quanto ha sperimentato la maggior parte della popolazione russa dopo l'avvento trionfante del capitalismo, è quanto stanno vivendo i cinesi dopo il boom economico. È quanto possiamo verificare facilmente confrontando la prima immigrazione albanese (quella che, alla maniera di Pinochet, rinchiudemmo nello stadio di Bari) fatta di contadini e pastori ben nutriti, con la condizione degli albanesi di oggi.È la ricchezza a creare la povertà. Meditate, suorine, meditate.

Massimo Fini