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Non sono cattolico ma trovo la sentenza della Corte d’Appello di Trento, con tutte le conseguenze che implica, accolta con giubilo da molte parti, semplicemente aberrante. Saltiamo qui tutti i sottili distinguo giuridici e veniamo alla sostanza.

1.E’ fuori discussione che ognuno ha diritto ad agire la propria sessualità come meglio crede o istinto gli detta (pedofilia esclusa). Ma questa libertà vale per sé e solo per sé non quando c’è in gioco un terzo soggetto, in questo caso il bambino. In linea di principio o, per meglio dire, per legge di natura, un bambino ha diritto di avere, almeno sulla linea di partenza, un padre e una madre. Quindi non è affatto vero che questa legge, soprattutto quando non ci sono ancora bimbi nati da una coppia omosessuale, maschile o femminile, ma c’è solo la possibilità che questo possa avvenire grazie alle varie moderne tecnologie, tutela il bambino, gioca invece, e irresponsabilmente, sulla sua pelle, su un suo diritto fondamentale. 2.Questa legge sancisce la completa mercificazione del corpo della donna. Afferma Serena Marchi, autrice di un libro su queste questioni: “Nei miei viaggi per incontrare madri surrogate ho potuto constatare che quasi tutte le donne lo fanno con gioia, ma soprattutto con la consapevolezza di colmare una sorta di ingiustizia della natura, che impedisce a due uomini di avere figli”. Non diciamo e propaghiamo cazzate. Non è possibile, non è umanamente possibile, che una donna porti in grembo per nove mesi un figlio, lo dia alla luce con i dolori del parto e poi sia contenta di non vederlo mai più o solo qualche volta per gentile condiscendenza dei genitori-non genitori (più probabilmente il figlio non saprà mai chi è sua madre. “Who is my mother? Where is my mother?” invoca Cristo sulla croce). Il mondo, soprattutto il Terzo Mondo, è pieno di povera gente disposta a tutto. Siamo di fronte alla solita storia: la rapina degli occidentali delle risorse altrui. Finora ci si era limitati, si fa per dire, a rapinare le risorse energetiche, adesso gli portiamo via anche la carne. I famigerati trafficanti di uomini che solcano il Mediterraneo trasportando per denaro i migranti sono una bagatella a confronto. Dobbiamo invece considerarli dei benefattori dell’umanità? Mi stupisce che le femministe, che ci rompono i coglioni da anni, in questo caso abbiano solo rilasciato dei deboli lai. 3.Ma c’è una questione ancora più grave che va oltre tutte le altre. Ed è quella posta, con molta lucidità, da Claudio Risé in un articolo sul Giornale del primo marzo. Scompare qui la figura della madre e anche della donna, cioè dell’essere che, antropologicamente, ha dato il via all’esistenza dell’umanità. Quando sento dire, come fa questa Serena Marchi, che queste pratiche, tecniche e giuridiche, “colmano un’ingiustizia della natura” non so se mettermi a piangere o a ridere. La Natura non è né giusta né ingiusta, non è né morale né immorale, è semplicemente amorale. La Natura ha elaborato le sue leggi in milioni di anni e per milioni di anni su queste leggi abbiamo vissuto. Invece nel mondo contemporaneo noi ci stiamo progressivamente e sempre più pericolosamente allontanando dalla Natura finché essa ci caccerà fuori a pedate. Abbiamo perso, e non solo in questo campo ma in tutti i campi, quel senso del limite che i Greci avevano profondamente introiettato capendo la pericolosità di andare a modificare la Natura e a violentare le sue leggi. Perfino Bacone, che è considerato uno dei padri della rivoluzione scientifica, afferma: “L’uomo è il ministro della Natura ma alla Natura si comanda solo obbedendo ad essa”. Ma che c’importa dei Greci, che hanno elaborato la cultura più profonda del mondo occidentale, e di Bacone, di fronte all’adesione pressoché totalitaria a quanto avviene nei laboratori dei moderni Frankenstein? Anche Dostoevskij attraverso le parole del Grande Inquisitore ne I Fratelli Karamazov aveva avvertito: “Oh, ne passeranno ancora dei secoli nel bailamme della libera intelligenza, della scienza umana e dell’antropofagia, poiché, avendo cominciato a edificare la loro torre di Babele, andranno a finire con l’antropofagia”. Quando leggevo I Karamazov questa storia dell’antropofagia non la capivo. La capisco ora. Con la “libera intelligenza”, con la Scienza tecnologicamente applicata, senza più limiti, senza più freni, ma imprigionata nella propria follia, stiamo divorando noi stessi.

Massimo Fini

Il Fatto Quotidiano, 2 marzo 2017

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E il Figlio disse al Padre. “Papà vorrei scendere un po’ sulla Terra”. Dio corrugò la fronte. Era da un po’ di tempo che quel figliolo lo preoccupava. Niente di grave in verità. Nulla a che vedere con la rivolta di Lucifero, quel campione di superbia, ammalato di SuperEgo, che aveva osato dire “meglio essere primi in Inferno che in Ciel servire”. L’aveva cacciato giù nel profondo, quello screanzato. Anche se gli seccava un po’ quello che gli riferivano gli Angeli addetti ai servizi segreti. Pare che Satana si divertisse un mondo. Era un sadico e si era inventato per i Dannati le torture più terribili, gente immersa nel ghiaccio per l’eternità, cose che nemmeno a Guantanamo…Del resto la colpa era sua. Era stato Lui a dare a Lucifero quel compito. Ma Satana e i suoi sodali (nel profondo ne aveva cacciati un bel po’ perché la sedizione era stata seria e molti vi avevano aderito) stavano esagerando. Poiché Lui non aveva poteri sull’Inferno, che era l’unico luogo fuori dalla Sua giurisdizione, da un po’ di tempo si era dato da fare per tramutare le pene e molti li aveva mandati in Purgatorio. Qui niente waterboarding, stimoli elettrici, umiliazioni, solo una profonda sonnolenza in attesa che passasse il periodo di carcerazione preventiva e assurgessero anche loro al Paradiso.

No, da suo Figlio non c’era da temere nulla del genere. Era dolce, affettuoso, accuditivo (cosa che era diventata importante adesso che Lui veniva vecchio. Addirittura laggiù sulla Terra qualche devoto lo raffigurava con una lunga barba bianca, cosa che gli seccava moltissimo). Era solo un po’ irrequieto quel suo figliolo, attraversava l’età dell’adolescenza. Ma la sua contestazione era soft.

Perché vuoi scendere sulla Terra, figliolo?”. “Papà qui mi annoio un po’. Siamo solo in tre, tutti maschi per giunta. E poi, lo dico col massimo rispetto, quello Spirito Santo è veramente insopportabile. E’ troppo astratto e non si possono mai fare quattro chiacchiere alla buona. Qualche volta scendo le scale e vado giù a giocare a calcio con i Cherubini e i Serafini. Ma vince sempre la squadra dove ci sono io. E ho il sospetto che mi facciano vincere apposta per evitare qualche ritorsione. Anche se Noi, lo dovrebbero sapere, non siamo punitivi come quei nostri vicini, come si chiamano, ah sì gli Jahvè. Insomma per dirtela tutta, Padre, vorrei farmi qualche scopatina. Con le Sante non c’è niente da fare, sono quasi tutte vergini e anche quelle che non lo sono hanno in testa il dovere della castità. E poi non posso essere proprio io a dare il cattivo esempio dopo che da duemila anni facciamo professione di sessismo. Addirittura qualche tempo fa un tuo Vicario in terra, non mi ricordo più come si chiama, so però che è finito all’Inferno perché si è scoperto che non credeva in Te, aveva messo nella sua location, come simbolo del Male, la fotografia di quella bellissima, carinissima, ingenuamente maliziosa, deliziosa ragazza, te la ricorderai sicuramente anche Tu, BB, Brigitte Bardot. Un vero bijoux. Un eccesso di zelo se mi consenti, pardon se mi permetti, Padre”.

E quanto vuoi stare laggiù sulla Terra?”. “Ah poco, pochissimo, una trentina d’anni, un attimo in termini cosmici. Stai sereno, scusami, stai tranquillo, non ti lascerò solo con lo Spirito Santo a lungo. Allora, me lo permetti, Padre? Dai, solo una ‘fuitina’, rapida rapida”. “Va bene, però ti devo avvertire che per tutto il periodo in cui sarai un uomo in carne e ossa patirai le sofferenze degli uomini”. “Beh, vorrà dire che farò un po’ di esperienza”. “Va bene, va bene. Oltretutto potrai essere utile per portare a Noi, con qualche miracolo ben mirato, un po’ di quella gente perché mi sembra che da qualche tempo, laggiù, molti abbiano deviato e non ci riconoscano più come i veri padroni del Cielo e della Terra. Comunque per scendere, per favore, prendi l’astronave più piccola, quella un po’ scassata (Trovare un bravo meccanico qui è un'impresa. Va bene la contemplazione, il mirar le beatitudini eterne, ma insomma un Santo Benedetto ha detto laggiù "ora et labora") perché ho intenzione di farmi un gran bel viaggio con l’Ammiraglia”.

Una volta sceso in terra Cristo si trovò di fronte ad alcune questioni logistiche. Essere un bèbè non lo attirava affatto, ma la cosa poteva essere superata inventandosi qualche leggenda a cui gli uomini, quegli eterni creduloni, avrebbero prestato sicuramente fede. Lui voleva nascere intorno ai vent’anni. Con i poteri suoi e di suo Padre poteva permetterselo. E così fece. Per una decina d’anni s’immerse nella vita degli uomini: donne, prostitute, feste, vino, hashish che si faceva venire dall’Oriente e anche qualche scappatina con i ‘travesta’.

Dopo essersi divertito pensò che era giunto il momento di seguire le raccomandazioni di suo Padre che gli aveva chiesto di fare un po’ di proselitismo. Era un grande illusionista, moltiplicò i pani e i pesci, camminò sulle acque del lago di Tiberiade, resuscitò un morto, ridette la vista a un cieco. In verità questa fu l’operazione più difficile. Dovette mandarlo sul lago, fargli raccogliere un bel po’ di argilla, spalmargliela sugli occhi, aspettare un bel po’ di tempo e poi finalmente quello tornò a vedere. Ma nemmeno lui era sicuro che questo miracolo fosse avvenuto realmente o non fosse piuttosto frutto di autosuggestione.

Era anche un po’ deluso. Non è che la sua missione avesse avuto un grande successo. In tutto aveva raccolto dodici seguaci. Ma anche quel piccolo manipolo aveva irritato della gente di laggiù, gli ebrei, quelli che credevano al loro vicino di casa, Jahvè. Così un giorno si trovò circondato da quelli: gli volevano fare la pelle. Per fortuna arrivò in tempo il comandante romano della piazza che lo portò dal governatore di Giudea, un certo Ponzio Pilato. Costui chiamò i maggiorenti degli ebrei e chiese loro di cosa accusassero quell’uomo. “Afferma di essere il figlio di Dio –risposero- mentre di Dio ce n’è uno solo, il nostro”. Mentre il mob, la folla, tumultuava sotto il palazzo chiedendo che a quell’imbroglione fosse data la giusta punizione, Pilato chiese a Cristo: “Senti, rinuncia a questa storia del ‘figlio di Dio’, io mando via quei rompicoglioni che non fanno che innescare gazzarre mentre è mio dovere mantenere l’ordine pubblico e tu sei salvo”. “Io non posso rinnegare me stesso” rispose Cristo. “You are foolish Jesus Christ, how can I help you se sei così testone? Io non credo che tu nemmeno intenda le mie parole, sembri quasi assente, non capisci che la tua vita è nelle mie mani?”. “Nelle tue mani non hai proprio niente, everything is fixed, and you can’t change it”. Pilato prese la frusta, chiese a Cristo di abbassarsi la tunica bianca scoprendo la schiena e gli assestò 39 frustate. Ma quello era irremovibile. “Senti Cristo, tu mi sei simpatico, sei anche un gran bel ragazzo, giovane, perché ti vuoi martirizzare e far crocifiggere?”. “Sia fatta la volontà di Dio”. “E allora sai che ti dico: io me ne lavo le mani”.

E così Cristo fu portato sul Calvario seguito da una folla urlante tutta eccitata, come sempre, per uno spettacolino fuori ordinanza. I chiodi piantati nelle mani e nei piedi facevano un male cane. Inoltre a star lì gli era venuta una sete terribile. Peraltro il Padre lo aveva avvertito: per quel suo capriccio avrebbe dovuto sopportare i dolori degli uomini. Cominciò a pensare di essersi cacciato in un brutto guaio. Invocò l’aiuto di suo Padre. Silenzio. Forse Quello era in giro per il cosmo con la sua Astronave e non si accorgeva di ciò che stava accadendo. “Padre, padre, perché mi hai abbandonato?”. Cominciò anche a dubitare che suo Padre avesse quei poteri di cui si era sempre vantato. Venne anche sepolto in un sepolcro. A quel punto Dio, ritornato dal suo viaggio, di cui era molto soddisfatto, si accorse di quello che stavano facendo a suo Figlio e lo richiamò a sé.

Allora com’è andata la tua esperienza?” gli chiese sorridendo. “Male, molto male, mi hanno conciato per le feste. E poi anche tutti quei divertimenti non è che siano gran cosa. Il sesso di cui laggiù fanno gran caso non è che un semplice sfregar di mucose, anche piuttosto disgustoso devo dire. Ma il fatto più grave è che quelli lì, gli uomini, sono della gentaccia. Ti proporrei di cacciarne molti di più all’Inferno abbandonando quella politica di appeasement con gli umani che hai inaugurato da un po’ di tempo. Fai come gli Jahvè. Forse sono loro a essere nel giusto”.

Massimo Fini

Il Fatto Quotidiano, 24 febbraio 2017

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De hoc satis dicevano i latini nella loro lingua ellittica, insuperabile nella sintesi. Letteralmente: “di questo abbastanza”. Che può essere tradotto senza forzature in “di questo ne abbiamo pieni i coglioni”. Di quale hoc abbiamo pieni i coglioni? In prima battuta dei nostri quotidiani (dei settimanali cosiddetti politici non vale nemmeno la pena parlare, solo l’Espresso, nella sua spocchia radical chic, crede ancora di esistere) che ogni giorno ci ammanniscono dalle sei alle otto pagine sui fatti interni dei partiti, queste associazioni private, queste bocciofile, i cui ruminamenti non dovrebbero avere alcun interesse né rilevanza pubblica (a meno che, naturalmente, non riguardino fatti penali). Prendiamo per esempio, a caso, qualche titolo del Corriere di un giorno qualsiasi, o di più giorni, e come partito, in particolare, il Pd. Ma il discorso vale per qualsiasi giornale e, a seconda delle evenienze, per qualsiasi partito. “Congresso Pd, rischio scissione”; “Un partito che si aggroviglia”; “Sfida a D’Alema (senza dirlo); “Pd, sì al congresso tra le tensioni”; “Il leader: li seppelliremo con le loro regole. In bilico le urne a giugno”; “Il ‘nemico numero uno’ seduto muto in platea. E Matteo lo provoca (senza mai nominarlo)”; “Il rebus urne. I tre partiti dem”; “Una velocità che strappa l’unità del Nazareno”. Questo il Corriere del 14 febbraio. Dopo è stato un crescendo fino all’apogeo di questi giorni in cui pare (nel momento in cui scrivo nulla è ancora certo) si scinda. Lotte interne al coltello, retroscena, incontri segreti, notizie dettagliate su che cosa hanno mangiato nei loro pourparler o su quali cessi d’oro si sono seduti. Che possono interessare queste cose a una persona normalmente sana di mente? Non c’è da stupirsi se le vendite dei giornali si sono ridotte al lumicino (nostalgia dei tempi in cui il Corriere dedicava solo due colonne, firmate da Luigi Bianchi, ai retroscena della politica; nostalgia delle tribune politiche dirette da Jader Jacobelli che, nonostante il suo aspetto da gallinaceo, era un uomo molto colto).

Ma i giornali hanno altre responsabilità verso se stessi e la collettività. Prima si sono autocannibalizzati dedicando quasi altrettante pagine ai quibusdam che sfilano ogni giorno nelle Tv generaliste, facendo diventare personaggi e opinion maker degli individui che, volendo essere leggeri, sono braccia sottratte all’agricoltura o ai lavori domestici. Sono costoro che orientano la collettività, che dettano le mode, che impongono i costumi. Non i giornali, che come se ancora non bastasse si sono ulteriormente autocannibalizzati dando un rilievo enorme a quanto accade sui social network dove la prevalenza del cretino, che in linea di massima si esprime in forma anonima dando libero sfogo ai suoi peggiori e bestiali istinti – una sorta di jihadista vigliacco- o più semplicemente alla sua idiozia, è assicurata.

Ma in fondo giornali, Tv, social non sono che delle sovrastrutture, degli epifenomeni. Il vero nocciolo duro della disgregazione italiana, politica, culturale, etica, sono i partiti, queste bocciofile intrinsecamente mafiose e spesso criminalmente mafiose.

I grandi teorici della democrazia liberale, da Stuart Mill a John Locke, non prevedevano la presenza dei partiti. E come nota Max Weber fino al 1920 nessuna Costituzione liberaldemocratica li nominava. E anche la nostra Costituzione, che pur nasce dal CLN, cioè dall’alleanza di tutte le formazioni antifasciste, dai comunisti ai monarchici, cita i partiti in un solo articolo, il 49, che recita: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. E’ un diritto, non un obbligo. Partendo da quest’unico articolo i partiti hanno occupato anche gli altri 138. Contro questo pericolo, vale a dire la partitocrazia, avevano tuonato già nel 1960 il grande giurista Giuseppe Maranini e persino lo stesso Presidente del Senato Cesare Merzagora, un galantuomo indipendente. Io mi onoro di aver dato battaglia, in solitaire come giornalista (sul versante politico c’erano i radicali di Panella) alla partitocrazia più o meno dagli inizi degli anni Ottanta. Ma è stato tutto inutile. La degenerazione partitocratica, come un tumore maligno, è andata progressivamente enfiandosi producendo metastasi in ogni settore della vita pubblica e privata. Oggi siamo arrivati al punto che è l’Assemblea della bocciofila Pd a determinare la data del momento più sacrale della democrazia: le elezioni. De hoc satis.

Per tornare al punto da cui siamo partiti, a questo eterno e assordante chiacchiericcio, insulso, inconsistente, vuoto, degradato e degradante ma soprattutto inutile, io preferisco…preferisco… No, non dico chi preferisco. Perché verrei messo immediatamente al gabbio. In nome della democratica libertà d’espressione, naturalmente.

Massimo Fini

Il Fatto Quotidiano, 21 febbraio 2017