0
0
0
s2sdefault
powered by social2s

“Non mi accontento. Do il massimo. Sempre. E’ il mio stile. Se sono le azioni a fare un uomo, sono io l’uomo di oggi. Un uomo non si accontenta. Rimani concentrato, mi dico. Sei un uomo. Più di una stretta di mano o di un lavoro ben fatto, fanno la disciplina e l’impegno vissuto ogni giorno. Giudica dai fatti. Sii fedele a te stesso. Questo fa di me un uomo di successo. Questo fa di me l’uomo di oggi. Boss bottled, la fragranza maschile di Hugo Boss”. Basterebbe questa pubblicità per capire che fine faremmo se si avverasse sul serio, a livello globale, quello ‘scontro di civiltà’ preconizzato da Huntington già nel lontano 1996. L’uomo occidentale, l’uomo Hugo Boss, l’uomo d’oggi, profumato, deodorato, azzimato, sbarbato, levigato, depilato (ma dove sono finiti i nostri ragazzi che negli anni Cinquanta sulle spiagge ostentavano un petto villoso, sia pur accompagnato da una deplorevole medaglietta della Madonna?) è completamente svirilizzato. Non è un uomo, ma la sua parodia. Noi non siamo più in grado di fare la guerra. Usiamo droni, dardo, predator, bombardieri, satelliti dagli occhi acutissimi ma non abbiamo più il coraggio di scendere sul terreno. Tant’è che nella guerra all’Isis siamo costretti a farci difendere dai peshmerga curdi e dai pasdaran iraniani che certamente non si profumano Hugo Boss. E nonostante tutto questo apparato tecnologico non riusciamo a sconfiggere un pugno di poche migliaia di guerriglieri, così come non siamo riusciti a piegare i resistenti afgani, che non si deodorano anzi puzzano, con bombardamenti assassini che durano da più di quattordici anni.

Inoltre non facciamo più figli. E non è solo per una questione economica, le popolazioni musulmane sono molto più povere di noi e figliano a carrettate. Il fatto è che l’uomo etero-light, come lo ha chiamato la collega Silvia Truzzi, troppo impegnato a guardarsi allo specchio non ha tempo per scopare o se lo fa ne è subito estenuato. Dall’altra parte le nostre donne, abbagliate dal mito tecnologico dell’eterna giovinezza, aspettano così tanto per far figli che, quando ci riescono, partoriscono al massimo dei nipoti. In più in Occidente il rapporto uomo-donna, per ragioni complesse che sarebbe troppo lungo cercare di spiegare in questo breve articolo, è diventato così difficile e complicato che i maschi preferiscono darsi all’omosessualità, cosa legittima ma, com’è noto, i figli non nascono dal didietro. E così l’età media dell’uomo occidentale supera la quarantina (quella italiana è del 42,5, quella tunisina del 32, su quella dei guerriglieri di Al Baghdadi non abbiamo statistiche ma da ciò che si legge dovrebbe essere intorno ai 24 anni com’era quella dei Talebani quando iniziarono la loro vittoriosa avventura per conquistare l’Afghanistan).

Vecchi, azzimati, esangui, spossati, infiacchiti dal benessere, privi di passione e di entusiasmi quanto di coraggio, come faremo ad affrontare questi altri che saranno anche ‘brutti, sporchi e cattivi’ ma han dalla loro la giovinezza, l’ardimento e una fiducia forsennata nel loro Dio?

Le cose sono due. O la smettiamo con queste stronzate-Hugo Boss e torniamo a essere degli uomini o invece di bombardare inutilmente i nostri nemici li innaffiamo con una tal quantità di profumi in modo da renderli simili a noi.

Massimo Fini

Il Fatto Quotidiano, 1 luglio 2016

0
0
0
s2sdefault
powered by social2s

Il fenomeno Isis, il più inquietante ma anche il più interessante dalla fine della seconda guerra mondiale, può avere quattro letture, che non si elidono ma si sovrappongono. All’inizio è una guerra interreligiosa fra sunniti e sciiti i cui rapporti di forza erano stati sconvolti dall’aggressione del 2003 proditoria, immotivata e illegittima degli Stati Uniti all’Iraq di Saddam, Stato sovrano rappresentato all’Onu, aggressione avvenuta senza la copertura dell’Onu, anzi contro la volontà dell’Onu (si sa che per gli occidentali la copertura dell’Onu va su e giù come la pelle dei coglioni: se c’è va bene, se non c’è va bene lo stesso com’è avvenuto appunto in Iraq, ma prima ancora in Serbia nel 1999 e dopo in Libia nel 2011).

Ma fin dalle origini il conflitto sunniti/sciiti oltre a un connotato religioso ne ha uno politico o, se si preferisce, geopolitico: è il tentativo di ridefinire confini statuali arbitrariamente disegnati dai colonialisti inglesi e francesi negli anni ’20 e ’30 del Novecento. Non a caso all’inizio il Califfato non si chiama così ma ‘Stato dell’Iraq e del Levante’, cioè aveva l’obbiettivo di riunire Iraq e Siria.

Dopo l’intervento degli americani e dei francesi che, almeno in linea di principio, con questo conflitto non avevano nulla a che vedere (ma ormai è consumata abitudine dell’Occidente di intromettersi nelle guerre altrui, com’è stato in Serbia e in seguito in Afghanistan) il principale obbiettivo dell’Isis è diventato colpire l’Occidente non solo e non tanto perché abitato da ‘infedeli’ (io credo che Al Baghdadi sfrutti l’elemento religioso per cooptare il più alto numero possibile di adepti) ma perché da più di due secoli esercita la sua violenza militare ed economica in Medio Oriente, nell’Africa subsahariana e anche in alcuni paesi del Maghreb. Non è un caso se i primi attacchi terroristici sono avvenuti in Francia essendo gli Stati Uniti troppo lontani e apparentemente irraggiungibili (ma dopo i fatti di Orlando nemmeno gli Usa possono sentirsi più al sicuro).

Ma in quarta battuta -almeno questa è la mia personalissima opinione- quella dell’Isis, intorno al quale si raccolgono iracheni, siriani, libici, somali (gli Shebab), nigeriani (Boko Haram), egiziani (Fratelli Musulmani), maliani, pachistani e da ultimo, dopo la morte del Mullah Omar, anche afgani, è la lotta dei Paesi poveri del Terzo mondo contro i Paesi ricchi del Primo. Naturalmente, per il momento, gli sconvolgimenti innescati dalla guerra dell’Isis e all’Isis ma anche, e forse soprattutto, dalla fame che la nostra economia ha provocato in Africa Nera, si traduce, con le migrazioni, in una lotta in Europa fra i poveri del Terzo mondo e i poveri di casa nostra. Ma una volta che questi ultimi capissero che sono omologhi ai poveri del Terzo mondo, vittime entrambi della violenza del turbocapitalismo, queste due povertà si potrebbero saldare e puntare contro i padroni del vapore nazionali e internazionali. Si avvererebbe così paradossalmente, in salsa islamica, la profezia di Marx.

Il Fatto Quotidiano, 29 giugno 2016

 

 

 

0
0
0
s2sdefault
powered by social2s

Meravigliosi Europei. Non perché ci siano grandi squadre e grandi interpreti (tranne, naturalmente, Andres Iniesta, Don Andres) anzi complessivamente sono piuttosto mediocri, ma perché hanno messo completamente fuori gioco le tipe. Annullate, azzerate, spianate. Solo un pervertito, da internare immediatamente nei reparti psichiatrici degli Ospedali generali, potrebbe rinunciare a vedere non dico Italia-Spagna, ma Inghilterra-Islanda per uscire con una donna. Fra una partita di calcio e una donna ogni maschio bennato non ha dubbi: sceglie la partita. Dice: ma potrebbero vederla insieme. Tel chi il pirla che non ha capito niente. Il calcio è un rito sacro (per la verità l'ultimo spazio restante al sacro in una società completamente materialista) che vuole una concentrazione assoluta e non ammette distrazioni e diversioni. Non sono mai stato allo stadio con una donna. O l'uno o l'altro. Eppoi di calcio non capiscono nulla (anche se mi dicono che adesso ci sono addirittura delle guardialinee, robb de matt). Provate a cercare di spiegare a una tipa il fuorigioco. Niente da fare, le risulta più indigesto della teoria dei quanti (del resto nemmeno la matematica, troppo razionale, entra in quei loro cervellini dispettosi per i quali la linea più breve per unire due punti non è la retta ma l'arabesco).

Eppoi portano sfiga. Molti, moltissimi anni fa stavo seguendo in tv un Toro-Juve in cui i granata stavano tenendo bene. Nella stanza entrò mia moglie e fu subito gol per la “goeba”. Da allora, durante le partite, chiudo la porta a chiave. E questa tradizione s'è trasmessa a mio figlio.

Meravigliosi Europei. Se, superando la barriera della segreteria telefonica e la chiusura del cellulare, lei riesce a chiamarti: “No, c'è la partita”.

Meravigliosi Europei, per venti giorni ci liberano delle loro moine, dei loro attuzzi, dei loro scodinzolamenti, di quello eterno ondular di chiappe e ci permettono di lasciarci andare a quel poco o a quel tanto di omosessualità che è in ciascuno di noi. Dopo il 10 luglio torneremo succubi.

Massimo Fini

Il Fatto Quotidiano, 26 giugno 2016