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Il deputato regionale siciliano Cateno De Luca, uno dei tanti ‘impresentabili’, arrestato solo due giorni dopo la sua elezione per evasione fiscale e messo ai ‘domiciliari’, è stato, quasi negli stessi giorni, assolto o prescritto in un altro processo che lo vedeva imputato per quattordici reati. Ma resta pur sempre ai ‘domiciliari’ per il processo in corso. La misura cautelare dei ‘domiciliari’, in luogo del carcere, comporta non solo, com’è ovvio e come dice la parola stessa, che l’indagato non possa uscire dal proprio domicilio e che non possa avere contatti, nemmeno telefonici, con persone diverse da quelle autorizzate dal magistrato.

Ora invece De Luca, attraverso il suo profilo Facebook, lo smartphone, Internet, rilascia interviste, anche televisive, parla del processo in corso, minaccia gli avversari politici, intimidisce i magistrati postando immagini che lo ritraggono come un ‘bravo ragazzo’, molto pio. Secondo il procuratore della Repubblica di Messina Maurizio De Lucia una cosa del genere “non dovrebbe essere possibile”. E vorrei vedere. E infatti il gip si è affrettato ad aggravare per De Luca la misura degli arresti domiciliari che non possono trasformarsi in un’allegra scampagnata extramoenia sia pur telematica, se si vuole mantenere un senso a questa misura.

Gli ‘arresti domiciliari’ dovrebbero, per legge, essere concessi solo in casi particolari, quando l’indagato ha più di 70 anni o per ragioni di salute o per altri gravi motivi. Invece vengono regolarmente elargiti a ‘lorsignori’, quasi mai ai cittadini comuni. Lo stesso avviene per le pene sostitutive come i ‘servizi sociali’ spesso scontati in modo ridicolo come è stato nel caso di Berlusconi. Si giustifica questa disparità di trattamento col fatto che il carcere sarebbe più penoso per le persone ‘perbene’ rispetto a individui che col carcere hanno una certa confidenza per esserci già stati più volte (per costoro vale il brocardo “in galera subito e buttare via le chiavi”, copyright della ‘garantista’ Daniela Santanchè, ma che è proprio di quasi tutti i cosiddetti ‘garantisti’ di ceppo berlusconiano). Se c’è un’argomentazione razzista, socialmente razzista, è questa. Io credo invece che assaggiare il carcere, naturalmente quando ce ne siano i legittimi presupposti, faccia bene proprio a ‘lorsignori’. Ho conosciuto bene Sergio Cusani. Prima della condanna definitiva a quattro anni di carcere che ha scontato per intero veniva spesso a trovarmi per confessarsi e sfogarsi. Sull’Indipendente gli avevo fatto un ritratto in cui non gli scontavo nulla, ma raccontavo in modo benevolo la storia di questo ragazzo figlio della buona società napoletana che arrivato a Milano si era fatto travolgere prima dalla cretineria del Sessantotto (andate a vedere, se vi va, il film Il mio Godard che racconta quegli anni) e poi era finito a fare il brasseur d’affaires per il partito socialista. Cusani era stato abbandonato come una ‘mela marcia’ dai suoi compari maggiori e trovava, evidentemente, in me una delle pochissime persone con cui confidarsi. Ho rivisto Cusani più volte dopo aver scontato la condanna, un uomo nuovo completamente rigenerato che, pagato il suo debito con la giustizia, può girare a testa alta: la lezione del carcere l’ha imparata e gli ha fatto bene. Conosco anche Lele Mora (cosa volete, è un mio vizio frequentare più le persone borderline che quelle ‘perbene’). Mora, che ha fatto un periodo di carcerazione preventiva per il processo ‘Ruby bis’ che lo vede coinvolto insieme a Emilio Fede e Nicole Minetti, l’ho rivisto un paio di volte (ha il suo nuovo ufficio proprio accanto al mio barbiere) e mi è parso un uomo cambiato, molto lontano dal prosseneta arrogante di un tempo. Anche lui, se non ho capito male, deve avere imparato qualcosa dalla lezione del carcere.

Se gli ‘arresti domiciliari’ devono essere ridotti a una barzelletta, come la vicenda De Luca ha dimostrato, tanto vale abolirli. Ma allora sia rimesso in libertà anche Roberto Spada per il quale, per tenerlo dentro (non c’era flagranza di reato), è stata trovata un’aggravante inusitata: l’aver agito in un contesto mafioso e “con metodo mafioso”. Cioè se uno dà una capocciata a un giornalista a Milano è meno grave che se la dà a Ostia (Senza nulla togliere all’inviato della Rai che faceva semplicemente il suo mestiere e il suo dovere, sono anche convinto che se Spada la capocciata invece che a un giornalista- altra casta di privilegiati, spesso graziati, vedi Alessandro Sallusti e Lino Jannuzzi- ma a uno che passava di lì non ci sarebbero state le pletoriche manifestazioni di solidarietà in nome della “libertà di stampa”, figuriamoci).

In realtà, si tratti di fermi, di indagini, di ‘arresti domiciliari’, di condanne definitive, di pene sostitutive, di grazia, siamo di fronte alla solita, sporca, storia: in Italia esistono, di fatto, due diritti, uno per le persone di alto livello sociale (la gente ‘perbene’), uno, diverso, per tutti gli altri, cattivi o buoni che siano.

Massimo Fini

Il Fatto Quotidiano, 14 novembre 2017

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Io coltivo un sogno per nulla irrealizzabile: che Silvio Berlusconi ridiventi presidente del Consiglio. Perché l’affermazione del “delinquente naturale” come capo del nostro Paese chiarirebbe, una volta per tutte, a noi stessi e forse anche all’Europa (forse, perché l’Italia sta infettando anche gli altri Stati del Vecchio Continente) che cosa siamo diventati noi italiani, oggi, che cos’è la nostra cosiddetta democrazia, oggi.

Perché Berlusconi rappresenta al meglio il peggio degli italiani. Lasciamo pur perdere che costui è stato condannato in via definitiva per un grave reato, la frode fiscale, che ad altri cittadini costerebbe conseguenze pesantissime e che invece Berlusconi ha scontato in modo ridicolo, irridente, insultante per chi in galera ci è andato sul serio. Lasciamo pur perdere le nove prescrizioni di cui questo soggetto ha goduto per reati ancora più gravi, che in due casi anche la Cassazione aveva accertato, come la corruzione di magistrati e di testimoni. Lasciamo pur perdere che ha tuttora dei processi in corso.

Ma concentriamoci su alcuni aspetti che non hanno a che fare strettamente col giuridico: la menzogna, la volgarità, la disumanità mascherata da calda umanità. Costui ha truffato, in combutta con Previti, una minorenne, Anna Maria Casati Stampa, orfana di padre e di madre morti in circostanze drammatiche, approfittando della sua età e del suo smarrimento. Fatti lontani dirà qualcuno, ma che dicono di che pasta sia fatto l’uomo fin dall’inizio della sua formidabile carriera imprenditoriale e politica. E infatti questa spietatezza, priva di ogni scrupolo, si è puntualmente ripetuta di recente quando Berlusconi, premier, con abili maneggi, è riuscito a mandare una minorenne psicolabile, contro la volontà dell’unico soggetto legittimato a decidere sul caso, il pm dei minori Annamaria Fiorillo, là dove non doveva proprio andare: fra le braccia di una prostituta ufficiale.

La volgarità. Qualcuno ricorderà, forse, quello schioccar di dita in televisione con cui intendeva dire, umiliandoci tutti, che in quel solo attimo lui guadagnava quanto nessun lavoratore onesto avrebbe mai guadagnato in mille vite. Oppure le corna fatte alle spalle del ministro degli Esteri spagnolo in un importante consesso internazionale o il goffo e goliardico tentativo di avvicinare le teste di Putin e di Bush in un altro importante convegno internazionale o anche l’epiteto di nazista appioppato al deputato socialdemocratico tedesco Martin Schulz che ci rese ridicoli davanti al mondo intero o ancora la “culona inchiavabile” rifilato ad Angela Merkel. E fermiamoci qui per carità di Patria, ammesso che il nome di Patria possa avere ancora un senso in questo Paese. Questa volgarità non è precipua di Berlusconi, noi italiani siamo Berlusconi. La volgarità la vediamo dilagare nelle nostre strade, nella nostra cultura, nella nostra televisione, nel nostro giornalismo.

La menzogna. Infinite sono le promesse non mantenute da Berlusconi nel quasi quarto di secolo in cui è stato, di volta in volta, premier o capo dell’opposizione. Ma in questo non si differenzia da moltissimi altri politici italiani. Sfido chiunque ad affermare che l’Italia è migliorata di un ette, economicamente, dal 1994, anno in cui Berlusconi divenne per la prima volta premier, al 2008 (dopo il 2008 intervengono variabili internazionali a cui nessuno avrebbe potuto porre rimedio, ci provò il disprezzatissimo Mario Monti, che politico non era, cui fu affidato il lavoro sporco).

L’Italia calcistica, se batterà la Svezia, andrà ai Mondiali e potrebbe anche vincerli. Ma l’Italia nel suo complesso un campionato mondiale lo ha già vinto con ampio margine: quello della distruzione etica di un Paese e di una comunità. Proponiamo che questa specialità sia introdotta, insieme alle gare con le slot machine, nel programma delle prossime Olimpiadi di Tokyo.

Massimo Fini

Il Fatto Quotidiano, 11 novembre 2018

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            Egregio signor Fini,

 

ho letto il suo articolo apparso oggi sul Fatto Quotidiano e l’ho trovato insopportabile per le volgarità di pensiero che esprime contro le donne.

 

La violenza mal celata verso l’essere umano femminile che ancora osa “sculettare” e provocare!

 

Ancora oggi, nonostante centinaia di uccisioni e violenze sulle donne, lei fa fatica a capire che la vostra violenza comincia proprio con la mano appoggiata volgarmente sulla gamba di una donna da parte di uno sconosciuto. Un atto intimo ingiustificato se non con la vostra prepotenza sessuofoba e irrefrenabile.

 

Ha fatto bene a dimettersi il ministro della Difesa britannico autore del gesto ‘divertente’.

 

Perché una donna dovrebbe subire in silenzio una confidenza del genere da parte di uno sconosciuto?! Perché il signor Hoffman si permette di dire quella battuta schifosa e volgare in pubblico ad una giovane diciassettenne lavoratrice che gli porta (ahimè) la colazione: ‘Oggi vorrei un uovo sodo e un clitoride alla coque”?

 

Perché purtroppo la cultura che vi contraddistingue quando parlate delle donne tra voi maschioni da bar sport è sempre la solita. Lei si scandalizza solo se a Dustin Hoffman non verrà assegnato l’Oscar e non perché la volgarità e la violenza di quella battuta è già uno stupro, impunito.

 

Per lei, invece, diventiamo addirittura “soggetti pericolosissimi” se reagiamo finalmente alle vostre aggressioni, e suggerisce di partire al contrattacco: ma cosa farebbe di peggio? Ah...sì, vorrebbe accusare di calunnia la donna che denuncia o rende pubblica una molestia. Tanto esiste la prescrizione e il colpevole se la caverebbe ancora una volta. Perché a lei non frega niente che le leggi sono già dalla vostra parte: le pene non sono mai adeguate al dolore, all’umiliazione e alla sofferenza di una donna violata e offesa.

 

La colpa, lei sostiene, è delle “giovani” donne (e le vecchie?) che, “sculettando vestite sommariamente”, vi provocherebbero, giustificando la violenza,

 

Caro signor Fini, auspico che sia arrivato il momento di denunciare e far conoscere ogni sopraffazione e volgarità anche se subita dieci, venti, trenta anni fa o oggi da parte di voi uomini.

 

E da adesso in poi, per scaramanzia, toccatevi il vostro di sedere, non quello di una donna.

 

         Claudia Mori

 

         Il Fatto Quotidiano, 8 novembre 2017

 

 

 

Gentile Signora,

 

cerco di rispondere nel modo più educato possibile alla sua lettera estremamente aggressiva. La caccia alle streghe, il clima di sessuofobia, amplificato da quel megafono di cretinaggine che sono i social, ha già provocato la prima vittima, che non sono le donne molestate dieci o vent’anni fa, ma il ministro gallese Carl Sargeant che, accusato da fonti anonime di ‘condotta inappropriata’, senza che gli fosse stato fornito dettaglio alcuno su che cosa consistesse questa ‘condotta inappropriata’, si è suicidato.

 

Lei ha gravemente equivocato quando io scrivo che noi maschi siamo molestati “dalle continue provocazioni di giovani donne che sculettano, sommariamente vestite, nelle pubblicità e sulle televisioni”. Con questo io non dico affatto che ciò autorizzi il maschio a comportamenti aggressivi, ma il contrario. L’esibizione continua del nudo femminile ci disturba e ci distanzia dalle donne, esattamente come Lei sarebbe disturbata dal classico esibizionista che si apre l’impermeabile. Mi pare che le donne abbiano perso la loro sapienza antica quando sapevano che il ti vedo, ma soprattutto il non ti vedo faceva parte del gran gioco della seduzione che spero che Lei, nella sua sessuofobia, non vorrà eliminare.

 

In una bella intervista, molto equilibrata, al Corriere Monica Bellucci, insieme ad alcune sciocchezze storiche che volentieri le perdoniamo (cara Monica, ma quando mai, in qualsiasi epoca, “le donne a tavola mangiavano i resti del cibo dell’uomo”, informati meglio) fa una sensata distinzione fra molestie e avance. Per ragioni antropologiche, che ho già cercato di spiegare in un precedente articolo e che quindi non rispiego qui anche perché dubito che Lei sarebbe in grado di comprenderle, ragioni che sono poi diventate culturali, l’uomo è stato messo dalla parte della domanda. Ciò implica che, in linea di massima, la prima mossa spetta a lui. Noi siamo della stessa generazione e Lei dovrebbe avere contezza di come una donna sa farti capire, con quei codici comportamentali non scritti che hanno sempre caratterizzato il rapporto uomo-donna, il suo no. Questo riguarda noi persone comuni. Nel caso di uomini potenti che ricattano, direttamente o implicitamente, una donna facendole balenare futuri vantaggi la situazione è molto più chiara: a lei basta dire di no, rinunciare ai vantaggi e denunciare in quel momento il molestatore. Se non lo fa, se accetta, si prostituisce. Io, a differenza del sindaco boy-scout di Firenze, Nardella, non ho nulla contro la prostituzione, che in Italia non è reato, ma la parola è quella: prostituzione.

 

Ma torniamo a noi comuni mortali che non facciamo parte del mondo dei vip a cui Lei appartiene. Qualcuno ci dovrebbe pur spiegare in che cosa consistono i ‘comportamenti inappropriati’. Basta una carezza sui capelli per concretare il reato di molestia? Se sì allora le donne poi non si lamentino se rinunciamo a qualsiasi tipo di corteggiamento, ci teniamo a distanza e preferiamo andare a giocare a biglie. In queste cose dovrebbe prevalere il buonsenso che Monica Bellucci, molto più giovane di Lei, dimostra e Lei no. Aggiungo che è proprio la sua aggressività a far male alle donne come mi conferma la mia segretaria, una bella donna nei suoi forties.

 

Inoltre in quest’orgia sessuofobica si finisce per confondere le molestie sessuali o i ‘comportamenti inappropriati’ con lo stupro. Lo stupro, commesso ai danni di una donna o di un uomo, è un fatto gravissimo, peggiore dello stesso omicidio perché la persona che lo ha subìto se lo porterà dentro tutta la vita. Le molestie o i ‘comportamenti inopportuni’ sono, se consente, pardon se permette, di una gravità di molto inferiore.

 

Ma c’è un’altra questione emersa proprio in questi giorni. Kevin Spacey, che è gay, è stato accusato di aver organizzato su uno yacht una festa per ‘soli uomini’. Dov’è il reato? Dov’è la sconvenienza? Adesso non siamo più nemmeno legittimati a fare feste con chi ci pare e piace? Il puritanesimo sessuofobico, a cui Lei sembra appartenere, sta invadendo in modo pericoloso le nostre vite private. E Berlusconi allora? Io non ho mai speso una sola parola contro il rapporto di Berlusconi con le donne, perché ritengo che il presidente del Consiglio, come qualsiasi altro cittadino, in casa propria è libero di fare ciò che più gli piace, sempre che non commetta reati. E le ragazze che partecipavano alle sue feste sapevano benissimo a che cosa andavano incontro e non se ne possono poi lamentare, o peggio farne strumento di ricatto. E’ la stessa cosa, se vogliamo, delle giovani donne che sono andate a letto consapevolmente con uomini di potere e poi, a vent’anni di distanza, recitano la parte delle vergini incontaminate e violentate.

 

Io non la conosco, Signora, ma dalla rabbia che emerge dalla sua lettera si direbbe che Lei non conosce il mondo e le inevitabili debolezze degli uomini e delle donne, la loro diversità che è poi ciò che reciprocamente ci attrae. Credo che potrebbe dire, parafrasando Pablo Neruda al contrario, sempre ammesso che sappia chi è Neruda prima di andarlo a cercare su internet: “Confesso che non ho vissuto”.

 

Senza simpatia e senza cordialità. Preferisco Monica Bellucci.

 

Massimo Fini

 

Il Fatto Quotidiano, 9 novembre 2017