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«Di solito non leggo l'intervento di Massimo Fini (preferisco Gervaso e la Graziottin), non solo perchè il suo cognome mi ricorda il tradimento, ma soprattutto per la sua aperta simpatia per i talebani. L'articolo del 28/2 ha però risvegliato il mio interesse. Mi riconosco in molte delle sue affermazioni, specie quando critica i nostri politici (in questo momento è anche particolarmente facile farlo), quando sottolinea la loro incapacità (o mancanza di volontà) di risolvere i problemi del Paese...Non condivido gli attacchi sul piano personale («gli occhi da serpente») che nulla hanno a che vedere con una valutazione dell'impegno e dell'entusiasmo dimostrati dal nuovo premier...Ma sappiamo che Renzi è comunista e le scelte saranno coerenti col suo credo politico. I comunisti se hanno le mani in tasca l'hanno stretta a pugno. Siamo tutti curiosi e sospettosi, a destra e a sinistra, sul futuro del nostro paese sotto la sua guida.

Vorrei infine confessare che sono d'accordo con Massimo Fini sul fatto che i talebani hanno coraggio fisico e morale. Ci vuole tanto coraggio fisico e morale per distruggere a cannonate incredibili tesori artistici. Ci vuole tanto coraggio fisico e morale per uccidere decine di persone per impedire le vaccinazioni ai bambini. Ci vuole tanto coraggio fisico e morale per massacrare le donne a sassate in mezzo alla strada. E' proprio vero, e cito le sue parole, che «il prestigio si conquista con le azioni», non certo con le cattiverie scritte seduti comodamente davanti al computer». Prof. Luciano Bevilacqua

Non ci vuole coraggio, nè fisico nè morale, per combattere una guerriglia, che non possiede contraerea, quasi esclusivamente con l'aviazione facendo, nella confusione, più di 100 mila vittime civili, vecchi, donne e bambini compresi. Non ci vuole coraggio, nè fisico nè morale, per uccidere con un missile dieci bambine, dai 9 agli 11 anni, che stavano facendo legna in un bosco, scambiandole per guerriglieri (Nangarhar, 18/12/2012, ma è solo un episodio fra mille). Non ci vuole coraggio, nè fisico nè morale, a lanciare dagli aerei senza pilota e senza equipaggio, i Dardo, missili assassini standosene a 10 mila chilometri di distanza, a Nellis nel Nevada.

Ci vuole invece tanto, troppo, coraggio, fisico e morale, a tener testa per 13 anni (la guerra più lunga che si ricordi nella Modernità), in una condizione di totale inferiorità militare, al più potente, tecnologico e robotico esercito del mondo, appoggiato, per sopramercato, anche dalla Russia e dall'Iran.

Ritenere Matteo Renzi un comunista è un insulto, non a Renzi ma ai comunisti italiani che, pur con tutte le loro nefandezze e menzogne, erano per lo meno una cosa seria.

Quanto a me di coraggio, almeno morale, ne ho dimostrato in dosi industriali mettendomi contro da trent'anni (e non da ora, da ieri o l'altro ieri) la partitocrazia, ogni genere di lobby, lasciando la mia classe d'origine, la borghesia, e ottenendo l'ostilità di buona parte del giornalismo italiano. Se avessi avuto un po' meno coraggio avrei avuto una vita molto più facile, personale e professionale, e non avrei dovuto saltabeccare da un giornale all'altro per trovare spazi di libertà.

Eppoi basta con questa storia di criticare stando «seduti comodamente davanti al computer». Appartengo a un'altra generazione di giornalisti. Non uso il computer e per trenta dei miei quarant'anni di carriera ho fatto il cronista, poi l'inviato, in Italia e all'estero, alzando quasi ogni giorno il culo dalla sedia, cosa che non mi pare di poter dire per molti dei miei più giovani colleghi.

Massimo Fini

Il Gazzettino, 7 marzo 2014

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Sappiamo che la storia dell'Ucraina è particolare. Nondimeno la cacciata con la violenza delle armi del presidente Yanukovich, di cui è stata richiesta anche l'incriminazione davanti al Tribunale internazionale dell'Aja, pone delle importanti questioni di principio. Finora per le democrazie occidentali era pacifico che una rivolta armata della popolazione fosse legittima quando era contro un dittatore, come è avvenuto in Tunisia con Ben Alì, in Egitto con Mubarak, in Libia con Gheddafi (anche se, per la verità, in questo caso più che il popolo furono i missili francesi a cacciare il rais di Tripoli). Ma Yanukovich era arrivato al potere democraticamente nel 2010 col 51,8% dei voti, in elezioni che erano state considerate regolari anche da quell'Occidente che deve sempre ficcare il naso dappertutto. Eppure in Ucraina l'Occidente si è schierato dalla parte della piazza e di una rivolta armata estremamente violenta (quando si sequestrano una sessantina di poliziotti si è fuori da qualsiasi manifestazione, per quanto dura, espressa democraticamente) e contro il presidente che aveva dalla sua il suffragio della maggioranza e che ha reagito con altrettale, e forse anche maggiore, violenza. Finchè Yanukovich, sotto le pressioni della piazza e dell'Occidente, è stato costretto a fuggire.

Ebbene se vale in principio affermato dall'Occidente in Ucraina, e cioè che anche un regime democraticamente eletto può essere legittimamente rovesciato con la violenza, non si vede perchè non possa essere applicato anche in Italia. Anzi a maggior ragione in Italia in cui da cinquant'anni almeno non esiste più una democrazia ma una partitocrazia, dove cioè i partiti, scavalcando completamente il ruolo loro affidato dalla Costituzione (art.49), hanno arbitrariamente e illegalmente occupato tutto l'occupabile, dalle Istituzioni (Presidenza della Repubblica, Parlamento, consigli regionali, provinciali, comunali, comitati di zona), il parastato, la Rai e anche ampi settori del privato spingendosi giù giù fino ai Consigli di circolo didattico, che sono associazioni di genitori all'interno degli istituti scolastici.

Tranquilli. Non succederà nulla. Gli italiani sono troppo slombati, infiacchiti dal cosiddetto 'benessere' per avere la vitalità di ribellarsi. Solo se la crisi economica dovesse acuirsi ulteriormente e se si arrivasse alla fame, quella vera (che non vuol dire essere costretti a fare acquisti più oculati alle Coop), poichè 'il bisognino fa trottar la vecchia', come dicono in Toscana, ci potrebbe forse essere una rivolta violenta anche da noi contro questo regime (oltretutto ladro in maniera al cospetto della quale gli struzzi e i rubinetti d'oro di Yanukovich fanno ridere).

Solo il Movimento 5 Stelle avrebbe potuto tentare un'avventura del genere. Ma Grillo ha scelto, responsabilmente, la via di una rivoluzione pacifica, ma pur sempre antisistema. Lo disse chiaramente fin dall'inizio, l'8 settembre del 2007, al primo V-day di Bologna, cui partecipai anch'io, Gabanelli, la Guzzanti, Travaglio: «Noi viviamo in una partitocrazia, non in una democrazia». E lo ha ribadito fino alla nausea e ancora pochi giorni fa nello 'streaming' con Renzi: «Io non posso essere democratico con te» (sottinteso: perchè tu rappresenti un regime antidemocratico). Ecco perchè non si può essere 'aperturisti' come i quattro senatori che sono stati espulsi. Sarebbe come se, durante il regime mussoliniano, un gruppo di antifascisti avesse cercato un accordo con i fascisti. Con i fascisti, per restare a questa metafora, non si tratta.

Semmai l'errore di Grillo, nella sua ansia di democratizzazione universale via web, è stato quello di affidare la decisione delle questioni più importanti alla Rete e di non aver capito che un movimento rivoluzionario, sia pur pacifico, ai suoi inizi non può che essere leninista. Trotskij represse nel sangue la rivolta dei marinai di Kronstadt cui pur era sentimentalmente vicino. Siamo in un'altra epoca, in un'altra situazione, in un altro tutto. Qui ci sono state solo quattro espulsioni di senatori che, come probabilmente molti elettori di 5 Stelle, non hanno capito qual è l'autentica sostanza del movimento di Beppe Grillo.

Massimo Fini

Il Fatto Quotidiano, 1 marzo 2014

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Dopo il discorso di investitura di Matteo Renzi al Senato (quello alla Camera me lo sono risparmiato) autorevoli opinionisti si sono affannati sulla fondamentale questione: quale significato attribuire al fatto che il premier, durante il suo intervento si è messo le mani in tasca? Buon Dio, a questo è ridotta la politica italiana? A questi dettagli è affidato il destino di un Paese? I contenuti non contano più nulla, sono diventati una 'variabile indipendente'? Pare proprio di sì se, fra i tanti, sul Corriere anche Aldo Grasso in modo freddamente asettico e senza trovarvi alcunchè di negativo scrive: «A ben guardare gli argomenti che ha presentato nei suoi due discorsi contano molto poco, sono quasi un accessorio inevitabile quanto in fondo superfluo. La sola cosa che importava era il tono, la forma, la battuta».

Eh già, la 'politica spettacolo'. Di questa robaccia abbiamo fatto indigestione negli ultimi vent'anni, ovunque e soprattutto nei talk show la cui audience si è dimezzata, come dimezzata, o quasi, è la partecipazione al rito fondativo della democrazia, il voto, cosa che dovrebbe far meditare i nostri uomini politici, vecchi e nuovi.

Renzi, 'il nuovo', è la copia sbiadita dell' 'ex nuovo', Silvio Berlusconi. Come lui gioca tutto sull'immagine (ma quale immagine? Assomiglia a 'mister Bean' e ha gli occhi sfuggenti da serpente) come lui è supponente, arrogante, prepotente.

Ma fra 'il nuovo' e l' 'ex nuovo' c'è una fondamentale differenza, almeno all'origine. Anche se era stato il sodale economico di Bettino Craxi, considerato il principale responsabile del marciume della cosiddetta Prima Repubblica, Berlusconi, quando nel 1994 'scese in campo', un fattore di novità effettivamente lo rappresentava: non veniva dalla politica, ma dal mondo imprenditoriale. Io stesso, che pur non l'ho mai amato, scrissi sull'Europeo un articolo che diceva sostanzialmente: invece di fare come gli Agnelli che in Parlamento mandano i loro scherani, per la prima volta un imprenditore ci mette la faccia in prima persona, di economia dovrebbe intendersene, vediamolo alla prova. Poi Berlusconi è diventato l'attore principale di quel 'teatrino della politica' che tanto affettava di disprezzare e la prova è stata disastrosa. Sfido chiunque ad affermare che l'Italia dal 1994 al 2008 (quando interviene una crisi internazionale che rende poco valutabile la responsabilità dei politici italiani), in cui Berlusconi ha governato per una decina d'anni, sia migliorata di un ette.

La carriera di Matteo Renzi, che è in politica dal 1996, da quando aveva 22 anni, è stata tutta interna agli apparati di partito (e che sia il Ds o un'altro ha poca importanza) e si è consumata attraverso le consuete lotte, oscure, feroci, degradanti, a volte truffaldine. Renzi dice: «Siamo all'ultima spiaggia». Ma chi ci ha portato a questa spiaggia se non quella partitocrazia cui lui appartiene a pieno titolo? Ha ragione Grillo quando, nel famoso 'streaming', dice «Tu sei giovane ma sei già un vecchio».

Alla volte qualche lettore mi chiede perchè io prenda tanto a cuore le vicende dei Talebani afgani. Premesso che nei Talebani difendo l'elementare diritto di un popolo, o di parte di esso, a resistere all'occupazione dello straniero, comunque motivata, del loro mondo ciò che mi attrae è che quello che conta è il coraggio, fisico e morale, e che il prestigio si conquista con le azioni, non perchè ci si è messi una mano in tasca.

Massimo Fini

Il Gazzettino, 28 febbraio 2014