C'è in Emma Bonino, nuovo ministro degli Esteri, la bontà sanguinaria di una Santa Caterina da Siena. E' una fanatica dei 'diritti umani'. Un po' meno degli esseri umani. Se sospetta che uno di questi Diritti sia leso, in una qualsiasi parte del globo, è pronta ad invocare l'arrivo delle truppe, dei carri armati, dei B52, delle bombe all'uranio impoverito. «Sono una non violenta, non una pacifista» dichiara. Fatto è che sono più di quindici anni che la Bonino è una guerrafondaia dai purissimi e santi intenti. Comincio' durante le vicende di Bosnia, saltellando da una Tv all'altra del Vecchio Continente e strillando: «Gli stupri etnici! Gli stupri etnici! Non possiamo tollerare gli stupri etnici!», mentre migliaia di persone morivano sotto le bombe all'uranio impoverito della Nato, il cui intervento, con questo pretesto, la Bonino aveva invocato nella sua qualità di Commissario europeo. E ha continuato, la 'non violenta', appoggiando tutte le guerre occidentali, successive e preventive: alla Serbia, all'Afghanistan, all'Iraq, alla Libia, mentre non sarebbe aliena alla «soluzione di forza» con l'Iran dove le donne indossano il chador che è una delle ossessioni di questa suorina laica.
Cio' che inquieta in Emma Bonino è l'indiscutibile buona fede. La malafede è meno pericolosa. Perchè ha la debolezza della cattiva coscienza, mentre la buona fede è inossidabile, incrollabile, invincibile, marcia con la Verità in tasca e la spietatezza che solo i Giusti possono pensare di potersi permettere.
Irrisolta come tutte le persone che si sono vocate a un Assoluto , e che amano il mondo senza amare gli uomini, Emma Bonino è, in un certo modo, una figura patetica. Crede di essere laica ed è fortissimamente impregnata di cultura cattolica di cui ha la crudeltà inconscia. Crede di essere liberale e non lo è. Un liberale che pretende che tutti lo siano non è un liberale: è un fascista. Crede di essere democratica ed è totalitaria, perchè non concepisce 'l'altro da sè'.
Donna destituita di ogni ironia e autoironia, come puo' esserlo solo una che è nata a Bra (Cuneo), quando parla ai suoi, ai radicali, si sente in dovere di essere spiritosa, con risultati imbarazzanti, in omaggio a un passato da Giamburrasca, da Ribelle, che è ormai un po' sbiadito, dopo otto legislature come deputato, due come parlamentare UE, un incarico come Commissario europeo e ,ora, ministro degli Esteri.
Catafratta nelle sue incrollabili certezze, refrattaria a ogni cultura e sensibilità che non siano le sue, la Bonino si reco' nel 1997, come Commissario europeo, nell'Afghanistan dei Talebani. I quali le permisero di vedere tutto quel che voleva. Lei si introdusse nel reparto femminile del policlinico di Kabul, con un codazzo di giornalisti, fotografi, cineoperatori che si misero a riprendere tutto e tutti, degenti comprese. Ora, è noto che nella cultura islamica c'è una particolare sensibilità sulla riproduzione della figura umana, maschile e femminile (se ci badate i loro tappeti hanno decorazioni solo animali, floreali, vegetali). Del resto nemmeno in Italia è permesso fotografare i degenti senza il loro consenso. Intervenne il 'Corpo per la repressione del Vizio e la promozione della Virtù', acchiappo' la Bonino e il suo codazzo e li porto' alla prima stazione di polizia. Li' le spiegarono come andavano le cose dalle loro parti e la rilasciarono. Lei, tornata a Bruxelles, ordino', per ritorsione, di tagliare gli aiuti umanitari all'Afghanistan.
Con un ministro degli Esteri di questo genere svanisce qualsiasi possibilità di ritirare le nostre ipocrite 'missioni di pace' all'estero (l'unica che è veramente tale è quella in Libano per tutelare quelle popolazioni dagli scontri fra Hezbollah e israeliani) risparmiando, fra l'altro, quei tre o quattro miliardi che si renderebbero utilissimi per risolvere alcuni problemi di casa nostra, come gli esodati e il rifinanziamento della Cassa integrazione.
Massimo Fini
Il Gazzettino, 3 maggio 2013
Bel colpo, Beppe. L'incaponirsi su Rodotà ha portato ai seguenti risultati. 1) Un bis di Napolitano che ha tollerato senza fiatare tutte le nefandezze di Berlusconi (non per nulla lo chiamavi 'Morfeo'), ha firmato le leggi 'ad personam' e ogni volta che l'energumeno, nelle vesti di premier, faceva dichiarazioni eversive, tipo «la Magistratura è il cancro della democrazia», si limitava a dei generici «abbassare i toni» validi 'erga omnes'. 2) Il governo di 'larghe intese' (chiamarlo inciucio è proibito) fra Pdl e Pd che per diciotto anni si sono alternati al potere portando il Paese alla bancarotta economica e sociale (oltre che morale), che ora tentano di addebitare, col mantra della 'responsabilità', a 5Stelle che nel Parlamento è appena entrato. Hanno avuto 18 anni per dimostrare 'responsabilità' verso il Paese. La scoprono solo ora, perchè temono che la casa che hanno distrutto gli caschi addosso. 3) Berlusconi, che pareva finito, è uscito enormemente rafforzato da questo giro di valzer e ora detta legge. 4) Il premier incaricato è Enrico Letta, nipote di Gianni il 'consigliori' del Cavaliere. Ma si è anche rischiato ( e non è detto che il pericolo sia scongiurato) l'incarico al pupillo di Napolitano, Giuliano Amato. Che non è solo il premier che nottetempo, fra il 10 e l'11 luglio del '92, da vero ladro di Stato, ha messo le mani sui conti correnti degli italiani (altro che Monti), ma è stato il principale sodale di Craxi. Ha detto la figlia di Bettino, Stefania: «Papà era il capo di un partito di ladri? E allora Amato era il vice ladrone». Ma forse sarebbe stato preferibile che la protervia della 'nomenklatura' si spingesse fino a questo punto, fino ad Amato. Perchè sarebbe stato un tale schiaffo in faccia agli italiani, da fargli drizzare finalmente il loro membro floscio. Anche se ci credo poco.
Hai sbagliato i tempi, Beppe. Se tu avessi proposto fin da subito, prima che iniziasse la sarabanda, i nomi di Zagrebelski, di Caselli, di Prodi e anche di Rodotà visto che piace tanto ai tuoi attivisti ( che probabilmente non conoscono a fondo il personaggio, ben incistato sia nella Prima che nella Seconda Repubblica), Bersani non avrebbe potuto dirti di no perchè quei nomi li aveva ventilati anche lui. E Berlusconi sarebbe finito fuori gioco. Invece cincischiando con la Gabanelli e con Strada hai perso due giorni dando il tempo a Pdl e Pd di organizzare il 'grande inciucio' su Marini, che poi è fallito non tanto per merito vostro ma per il disfacimento del Partito Democratico. Il resto è venuto di conseguenza. Bersani non poteva più accettare Rodotà dopo che, con i suoi sponsor, gli si era messo di traverso. Sarebbe stato come consegnare le chiavi di casa propria ad un altro inquilino.
Caro Beppe so bene, quanto te, che la nostra è una parodia di democrazia, ma se tu intendi, come mi pare, rovesciare il tavolo rimanendone all'interno, devi imparare meglio la sua grammatica e la sua sintassi. Altrimenti i farabutti che giocano questo sporco gioco da decenni ti buggereranno ogni volta.
Con la simpatia, l'affetto e la stima di sempre.
Massimo Fini
Il Fatto Quotidiano, 27 aprile 2013
L'Istat nel ristrutturare la composizione della popolazione italiana per fasce d'età, definisce gli over 65 'giovani anziani'. E' una caratteristica tipica di questa nostra società bizantina di mettere le parole al posto delle cose credendo cosi' di mutarne la natura. Smettiamola di prenderci in giro con questa ossessione della giovinezza a tutti i costi. I Romani che erano meno ipocriti e retorici di noi fissavano l'inizio della vecchiaia a 60 anni. E cosi' è anche oggi come sa chi abbia compiuto questo fatidico compleanno. Come immutato è il periodo di fecondità della donna, che raggiunge il suo apice a 27 anni per degradare poi e concludersi poco dopo i quaranta, a meno di non ricorrere a qualche artificio tecnologico degno del laboratorio del dottor Frankenstein.
Viviamo più a lungo, è vero. Ma non nei termini cosi' clamorosi di cui ci informano, non innocentemente, gli storici e gli scienziati, secondo i quali gli uomini nel Medioevo vivevano in media 32 anni. Ora, gli uomini e le donne del Medioevo si sposavano, in genere, rispettivamente a 29 e a 24 anni (solo nella classe nobiliare i matrimoni erano molto precoci, soprattutto per motivi di intrecci dinastici). Non avrebbero avuto quindi nemmeno il tempo di crescere i primi figli, invece ne partorivano a dozzine o mezze dozzine. Come si spiega? Col fatto che parlare di 'vita media' di 32 anni è una statistica alla Trilussa, perchè quella società scontava l'alta mortalità natale e perinatale. Il confronto corretto, come sanno benissimo gli scienziati e gli storici moderni anche se lo nascondono, è con l'aspettativa di vita dell'adulto. Un uomo del Medioevo viveva, in linea di massima, 70 anni. Non a caso padre Dante fissa il «mezzo di cammin di nostra vita» a 35 anni. Oggi l'aspettativa di vita, in Italia, è di 78 anni per l'uomo e di 83 per la donna. Abbiamo guadagnato circa dieci anni, che comunque non è poco. Bisogna vedere pero' come li viviamo questi anni lucrati in più all'esistenza. Spesso, troppo spesso, li trasciniamo portandoci addosso malattie terrorizzanti, dolorose, umilianti, dimidianti, intubati, attaccati a macchine, tenuti in vita a forza dalla medicina tecnologica tanto per confortare le statistiche sulla longevità (io, come tutti, ho paura della morte, ma ho ancora più paura che i Frankenstein moderni «mi salvino»). Ma la questione di fondo non è nemmen questa quando si parla di vecchiaia nella modernità. Nella società preindustriale il vecchio, contadino o artigiano che fosse (il 90% della popolazione), restava fino all'ultimo il capo della famiglia, attorniato dai figli, dai nipoti, dalle donne, dai numerosi bambini (oggi, in Europa, solo il 3,5% degli anziani vive con i propri figli), in una società a tradizione prevalentemente orale era il detentore del sapere, conservava un ruolo e la sua vita un senso. Oggi ( a parte alcune categorie di privilegiati:i politici, gli artisti) il sapere del vecchio è obsoleto, non conta più nulla. Scrive lo storico Carlo Maria Cipolla: «Una società industriale è caratterizzata dal continuo e rapido progresso tecnologico. In una tale società gli impianti divengono rapidamente obsoleti e gli uomini non sfuggono alla regola. L'agricoltore poteva vivere beneficiando di poche nozioni apprese nell'adolescenza. L'uomo industriale è sottoposto a un continuo sforzo di aggiornamento e tuttavia viene inesorabilmente superato. Il vecchio nella società agricola è il saggio, nella società industriale è un relitto». Altro che 'giovani anziani'.
Massimo Fini
Il Gazzettino,25 aprile 2013