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Sul giornale del 12 agosto il direttore Alessandro Sallusti così descrive Virginia Raggi: “La signora è stata il peggior sindaco della storia romana, monumento perenne all’incapacità. La città non è mai stata così conciata da tutti i punti di vista: sporcizia e incuria sono temi all’ordine del giorno, la gestione del trasporto pubblico una barzelletta… “. Un giudizio apodittico, senza appello. Del resto quando si tratta di “grillini” la loro incapacità è data per scontata, ma nel caso di Raggi c’è un accanimento particolare.

Io invece stimo Virginia Raggi. Ammiro la tenuta nervosa di questa giovane e bella donna che da quando è sindaco di Roma ha dovuto tener testa a un volume incredibile di attacchi portati da ogni settore del circuito mediatico e politico (è questo il vero “plotone di esecuzione”, mister Berlusconi). Non aveva fatto ancora in tempo a mettere piede in Campidoglio che il Corriere della Sera, non la Gazzetta di Peretola, inaugurava su due pagine una rubrica intitolata “Caos Roma”. Il Corriere e tutti gli altri media nazionali scoprivano le strade dissestate di Roma, come se non ci fossero mai state prima, i topi di Roma, i ragni di Roma, le ragnatele di Roma, i maiali di Roma, gli ippopotami di Roma e, per non farsi mancar nulla, anche animali fiabeschi come l’ippogrifo e l’ircocervo. Se Raggi si affacciava sulla terrazza del Campidoglio con un collaboratore le veniva subito appioppato come amante. A questa insaziabile ninfomane ne sono stati attribuiti una dozzina e su Libero Vittorio Feltri, il campione olimpionico della volgarità, ha titolato “La patata bollente”. Nell’estate del 2017 Roma è stata colpita da un periodo di grave siccità per cui l’acqua faticava ad arrivare ai rubinetti. Di chi la colpa? Naturalmente di Virginia Raggi. Per cui si è dovuto cambiare il celebre motto “piove governo ladro” in “non piove governo ladro”. E’ seguito un periodo alluvionale che ha allagato qualche quartiere periferico di Roma. Di chi la colpa? Di Virginia Raggi naturalmente. A Milano periodicamente straripa il Seveso, un fiumiciattolo insignificante che oltretutto scorre  in pianura ed è quindi facilmente contenibile a differenza di un torrente che vien giù dalle montagne alle spalle di Genova, si allaga mezza città ma nessuno si sogna di darne la responsabilità al sindaco Sala.

Roma è una città clientelare e parassitaria dall’epoca della Repubblica e dell’Impero romani. La “plebs frumentaria” non lavorava e si manteneva con gli aiuti dello Stato, cioè grano come dice il nome stesso. Questi fainéant, non avendo appunto niente da fare, erano causa di continue risse e tumulti. Non tutti però gli appartenenti alla “plebs frumentaria” erano volutamente dei fannulloni. Non tutti infatti erano romani, per una certa parte si trattava di contadini e piccoli proprietari provenienti dall’Etruria che erano stati spossessati dei loro terreni dai latifondi senatoriali. Il primo a porsi seriamente il problema fu Catilina, il quale fece approntare dal tribuno  Servilio Rullo una legge, la “legge agraria”, che se approvata avrebbe consentito di tagliare le unghie ai latifondisti e restituire una parte dei terreni ai vecchi proprietari. In questa occasione Cicerone, con l’orazione De lege agraria si superò ammonendo la plebe che se si spostava da Roma non avrebbe più potuto vendere la cartella, cioè il loro voto. Il programma catilinario era esplosivo e questo grande aristocratico romano, difensore degli “umiliati e offesi”, perse in battaglia la sua battaglia. Sulla linea di Catilina si metterà un secolo dopo l’imperatore Caligola. Che verrà regolarmente assassinato. Per infamarlo si è detto e anche purtroppo scritto che era un pazzo che aveva nominato senatore il suo cavallo. Per la verità i fannulloni a Roma non erano soltanto i plebei, ma anche, e soprattutto, i senatori che volevano solo godersi le loro ricchezze e i loro latifondi e non volevano saperne di lavorare  cioè, nel loro caso, di partecipare al governo della cosa pubblica. Allora Caligola disse: “se le cose stanno così allora potrei nominare senatore anche il mio cavallo”. Che è cosa un po’ diversa. Nerone, altro infamato seriale, fu colui che, in modo meno irruente di Catilina e Caligola, cercò di portare nell’Impero un minimo di perequazione sociale e politica. Cercò in tutti i modi di associare i senatori al governo dello Stato, ma di fronte alla loro riluttanza in un discorso famoso tenuto in Senato li accusò letteralmente di assenteismo, parola molto moderna. Fu costretto a suicidarsi.

Roma è quindi da sempre una città lassista e corrotta in quasi ogni strato sociale. Come si può pensare che un sindaco, in soli cinque anni, rimonti duemila anni di Storia. Inoltre, nel frattempo, la situazione di Roma si è aggravata perché la Capitale ha assorbito, come una cozza, il peggio delle emigrazioni dal Meridione, con la loro mentalità intrinsecamente mafiosa ( i meridionali che vennero al nord all’epoca del boom era gente che aveva voglia di lavorare e che si integrò benissimo). Quando venne alla ribalta, diciamo così, il “mondo di mezzo”, i media, i soliti media, esultarono perché non risultava che fosse legato alla Mafia propriamente detta, senza rendersi conto che era molto peggio perché la Mafia è almeno una struttura organizzata, mentre il “mondo di mezzo” è liquido e dentro ci puoi trovare di tutto. Virginia Raggi è stata accusata per alcune scelte sbagliate, ma io sfido chiunque a trovare in Roma, quando si seleziona il personale amministrativo, qualcuno di cui si possa esser certi che non ha qualche scheletro nell’armadio. Comunque Raggi è stata sempre assolta.

Raggi non ha fatto assolutamente nulla, come pretende Sallusti? Ha detto no alle Olimpiadi a Roma rendendosi conto che la città, nelle condizioni in cui è, non può reggere un simile impegno. Apriti cielo: i soliti “grillini” che, da quegli incompetenti che sono, dicono sempre niet a tutto. Ma no alle Olimpiadi lo aveva detto anche Mario Monti che di tutto si può accusare tranne che di essere un improvvisato.

Raggi ha dimezzato le cubature della speculazione edilizia che si voleva fare sui terreni dell’ex ippodromo di Tor di Valle in relazione al nuovo stadio della Roma. A Milano si vuole abbattere lo stadio di San Siro, un monumento nazionale, per consentire alle proprietà transnazionali di Inter e Milan un’enorme speculazione edilizia negli spazi adiacenti.

C’è infine una cosa che ha fatto Virginia Raggi che dovrebbe piacere persino a Sallusti. Nel novembre del 2017 il sindaco “nullafacente” guidò personalmente 500   agenti della polizia municipale per abbattere otto ville abusive appartenenti al clan dei Casamonica. Insomma ci ha messo la faccia. Sallusti, mi spiace dirlo, alle volte quando scrive ci mette solo il culo.

Massimo Fini

Il Fatto Quotidiano, 15 agosto 2020

 

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Angela Merkel sta facendo una politica coraggiosa, con il tentativo di portare l’Europa ad un punto di equidistanza sta Stati Uniti e Russia. Lo ha detto chiaramente “gli americani non sono più i nostri amici di un tempo”, ed è vero, sono comunque dei competitor economici.


In Europa spadroneggiano, per esempio noi italiani noi possiamo avere rapporti economici con l’Iran perché Trump ha dato questo diktat. Loro si ritengono ancora i padroni dell’Europa ed in parte lo sono ancora, ma il tentativo della Merkel è di spingere verso un equidistanza e devo dire ancora di più verso una maggiore vicinanza con la Russia piuttosto che con gli Stati Uniti, per ragioni molto semplici: per vicinanza geografica, poi per ragioni energetiche in fine per ragioni culturali.  Se andiamo a vedere alla fine tutta una generazione di europei è stata influenzata da autori come Dostoevskij, Tolstoj, Gogol’, Puškin. Questo è il tentativo della Merkel ma deve andarci cauta perché ci sono ottanta basi americane tra cui alcuni nucleari in Germania e sessanta in Italia e tante altre un po’ dappertutto in Europa. Io vedo questa linea qui, poi bisognerà capire se chi le succederà continuerà su questa line con altrettanto coraggio e  forza.

Massimo Fini è un giornalista, saggista e attivista italiano. È stato una delle firme più note de L’Europeo negli anni 1970-1990, de Il Giorno negli anni 1980 e de L’Indipendente negli anni 1990, ed è ritenuto un «profondo conoscitore dello scenario internazionale». Attualmente lavora per Il “Fatto Quotidiano”,Il “Gazzettino” e dirige il mensile “La Voce del Ribelle” con la collaborazione di Valerio Lo Monaco. Ha partecipato, insieme a Daniele Vimercati, alla rifondazione del “Borghese”, storico settimanale fondato da Leo Longanesi. Nel suo deambulare alla ricerca di spazi liberi ha collaborato con quasi 100 testate. Ha pubblicato: ‘La Ragione aveva Torto?’ (Camunia 1985, ripubblicato da Marsilio in edizione tascabile nel 2004); ‘Elogio della guerra’ (Mondadori 1989 e Marsilio 1999); ‘Il Conformista’ (Mondadori 1990); ‘Nerone, 2000 anni di calunnie’ (Mondadori 1993); ‘Catilina, ritratto di un uomo in rivolta’ (Mondadori 1996); ‘Il denaro, “sterco del demonio”‘ (Marsilio 1998); “Dizionario erotico, manuale contro la donna a favore della femmina”, (Marsilio 2000); “Nietzsche, L’ apolide dell’ esistenza” (Marsilio 2002), “Il vizio oscuro dell’ Occidente” (Marsilio 2003) ; “Sudditi” (Marsilio 2004); “Il Ribelle dalla A alla Z” (Marsilio 2006); “Ragazzo. Storia di una vecchiaia” (Marsilio 2007); “Il dio Thot ” (Marsilio 2009); “Senz’anima” (Chiarelettere 2010); “Il Mullah Omar” (Marsilio, aprile 2011), biografia controcorrente del leader dei Talebani. E’ stato anche attore e autore dell’ opera teatrale “Cyrano, se vi pare”per la regia di Eduardo Fiorillo.

Daniele Ceccarini

RussiaPrivet, 13 agosto 2020

 

RussiaPrivet è la più importante agenzia di stampa russa. Nemo profeta in patria, come suol dirsi.

m.f.

 

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Sono un abbonato Sky per poter seguire il Campionato e la Champions, la vecchia e cara Coppa dei Campioni (l’Europa League è una competizione comica) di cui questo network ha l’esclusiva.

Per noi ragazzi degli anni Cinquanta calcio e ciclismo, i due grandi sport nazional popolari, erano tutto. Lo sci lo conosceva solo chi stava in montagna, il tennis era sport da ricchi o da raccattapalle, il basket apparteneva, insieme al baseball, alla cultura americana e quel gioco non era ancora entrato nella nostra mentalità, a differenza della pur mediocre letteratura yankee dell’epoca, introdotta in Italia da Elio Vittorini con Americana (Steinbeck, Irwin Shaw e l’indigeribile Saroyan).  Ma fra calcio e ciclismo c’era una differenza sostanziale. Il ciclismo lo potevi solo vedere, appollaiandoti sulle strade di montagna delle tappe del Giro o alla Milano Sanremo o al Giro di Lombardia. Il calcio, oltre a vederlo allo stadio se ti ci portava un adulto, lo potevi anche giocare. E lo abbiamo giocato tutti, ognuno al suo livello. A Milano nei terrain vagues che ci avevano graziosamente lasciato i liberatori americani. Negli oratori. Io andavo ai Salesiani di via Copernico dove vidi giocare anche Berlusconi che era un interno di quell’Istituto: era alto come un soldo di cacio, pretendeva di fare il centravanti, non passava mai la palla, era “un Venezia” come si diceva nel gergo di allora, insomma in nuce c’era già tutto il Berlusca che avremmo conosciuto negli anni a venire. Si giocava anche nelle larghe strade della periferia, mettevamo le cartelle a fare da pali e quando passava una macchina ci scostavamo. Il problema era sempre lo stesso: era il tiro a essere troppo alto o il portiere a essere troppo piccolo?

Il calcio di oggi mi piace molto meno. Troppa economia (Neymar valutato 250 milioni, una follia), procuratori pagati più dei calciatori, calcio spalmato, per esigenze televisive, su tutto l’arco della settimana (il venerdì anticipo di B, sabato la B e due anticipi di A, a mezzogiorno di domenica una partita, alle tre del pomeriggio i match più sfigati, alle 18.30 altra partita, alle 20.45 il clou, il lunedì posticipo di A, se poi è stagione di Champions e di Europa League, partite di Champions il martedì e il mercoledì e con l’Europa League il giovedì il cerchio si chiude, un’overdose che stroncherebbe anche un vampiro per eccesso di sangue, come sempre il denaro finirà per uccidere l’oggetto del proprio interesse). In trasferta, per esigenze degli sponsor, maglie diverse da quelle tradizionali, calciatori che cambiano squadra ogni anno, calcio mercato a gennaio con tanti saluti alla regolarità del Campionato. Sul campo il calcio, che è una metafora della guerra, sembra diventato uno sport per educande, basta uno spintone ed è subito giallo, chi viene colpito anche leggermente fa finta di svenire, una goccia di sangue ed è il terrore (il calcio maschio, duro, leale lo si può vedere ormai solo in Scozia). Schemi che sovrastano le peculiarità dei giocatori: 3-5-2, 3-5-1-1, 4-4-2. Telecronisti che, tutti presi a spiegarti gli schemi, non sanno restituire l’emozione di una partita pur lasciandosi andare a un’enfasi smodata a ogni gol o a ogni parata mentre son cose normalissime che abbiamo visto mille volte. Moralismo intollerante. Adesso c’è anche la “discriminazione territoriale”, per cui un tifoso del Verona se gioca col Napoli non può gridare “Forza Vesuvio” e i napoletani, a casa loro, restituirgli la pariglia con un “Giulietta era una zoccola”. Brozovic , uno dei migliori giocatori dell’Inter e del Campionato (maggior percentuale di passaggi riusciti) è stato punito dalla società nerazzurra perché ogni tanto si sbronza (a parer mio un giocatore dovrebbe essere giudicato solo per ciò che da sul campo, quello che fa fuori son fatti suoi, del resto si sa, Maradona docet, che i fuoriclasse sono spesso sregolati nella vita privata, anzi questa sregolatezza, come del resto in letteratura, è spesso all’origine del loro genio). Poi, come se tutto ciò non bastasse, c’è il Var. Il pallone supera la fatale linea di porta, i tifosi trattengono il fiato, non possono né esultare né avvilirsi perché c’è sempre l’ombra del var che può segnalare un fuorigioco avvenuto magari, oggi che le squadre giocano molto ‘alte’, cinque minuti prima, si esulta e ci si dispera dopo in un’atmosfera surreale perché sul campo in quel momento non sta succedendo nulla.

Ma una passione vissuta da ragazzo, diversamente da un amore, non muore mai. Quindi da una decina d’anni sono abbonato a Sky. Parecchi giorni fa, quando si è ripreso a giocare, mi sono ricollegato con Sky . Sullo schermo azzurro appariva l’odiosa scritta “nessun segnale dalla parabola” con tutte le indicazioni delle manovre che devi fare per recuperare la visione e un numero di emergenza. Fai le manovre. Inutili. Chiami il numero. Comincia la tiritera dello “schiacci 1”, “schiacci 2”, “schiacci 3”, se ti va bene alla fine ti risponde una ragazza dall’Albania che ripete come un pappagallo quello che è scritto sul teleschermo. Ma la cosa peggiore, innervosente al massimo (in questo giornale solo Padellaro può capirmi) è quando la trasmissione si interrompe proprio mentre c’è un’azione che profuma di gol per riprendere magari venti minuti dopo. Per sfiga finiana i canali che mi fanno questo scherzo sono proprio quelli che danno il calcio. Ho telefonato al tecnico Sky. Dopo snervanti tentativi l’ho trovato. E’ venuto e mi ha detto che la colpa è della parabola condominiale. Ho telefonato quindi al tecnico del condominio, Formichetti, cosa anch’essa non facile perché bisogna passare prima per la figlia, la moglie, la segretaria che ti ammorbano per venti minuti parlandoti del 5G di cui ovviamente non capisco nulla. Alla fine sono riuscito a parlare con Formichetti lui meme. Abbiamo fissato un appuntamento per le 15.30 del 31 luglio. Credevo che la cosa fosse finalmente risolta. Ma il 31 luglio nessuno si è fatto vedere. Il Formichetti mi ha poi spiegato che aveva parlato con il tecnico Sky e che costui avrebbe risolto tutto. Ma il tecnico Sky mi ha detto che se la responsabilità era di Sky bisognava cambiare il decoder, ma lui non poteva farlo senza l’autorizzazione di Sky. Ho cercato questo ufficio autorizzante, ma dopo i soliti “schiacci 1”, “schiacci 2”, eccetera, sono ricaduto fra le braccia della ragazza albanese. Insomma come nel gioco dell’oca sono tornato al punto di partenza.

Questa è la mia avventura personale con Sky. Ma la vicenda propone anche due questioni più generali. Sky, a differenza per esempio della telefonia, è monopolista nel settore, sei nelle sue mani, non puoi dirgli ”vaffa  mi rivolgo a un altro gestore”.

Seconda questione. A parer mio uno sport così popolare come il calcio non può essere monopolio di una società privata, il ciclismo, per esempio, lo da la Rai sia pure in concorrenza con altri network. Perché questo, in una società già sperequata sia pur per motivi ben più gravi, crea un’ulteriore sperequazione sociale: i benestanti possono vedere il calcio, i poveri, anche se belli, no.

 

Massimo Fini

Il Fatto Quotidiano, 13 agosto 2020

 

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