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Poiché, raccolte le firme necessarie, intendo presentarmi alle prossime, e probabilmente vicine, elezioni, ritengo doveroso esporre alla cittadinanza il mio programma che è anche una parziale riforma dell’attuale Costituzione.

PRINCIPII FONDAMENTALI

Art. 1.- Ogni cittadino maggiorenne è libero di fare ciò che preferisce nella misura in cui la sua attività non nuoce ad altri.

Art. 2.- Il primo articolo della Costituzione promulgata nel 1948 viene così modificato: l’Italia è una Repubblica fondata sul tempo liberato.

TITOLO I – Ordinamento della Repubblica

Art. 3.- Il Premier è scelto con sorteggio fra cittadini in età compresa fra i 30 e i 70 anni in possesso di diploma superiore. Sono ineleggibili i soggetti che siano stati condannati per reati dolosi o che, al momento del sorteggio, siano sotto procedimento per lo stesso tipo di reati. Il Premier resta in carica cinque anni. Il mandato può essere replicato per una sola volta.

Art. 4.- Il Premier può essere sfiduciato da un referendum cui partecipi la metà più uno dei cittadini con diritto a elettorato attivo. Per il raggiungimento della sfiducia è prevista la maggioranza semplice.

Art. 5.- Il Premier sorteggiato è obbligato a disfarsi entro 30 giorni di media di sua proprietà o di proprietà di congiunti fino al sesto grado, pena la decadenza. Le stesse limitazioni valgono per i ministri e i sottosegretari.

Art. 6.- Il Premier può scegliere liberamente i propri ministri secondo valutazioni di capacità, competenza, esperienza. Altrettanto liberamente può dimissionarli.

TITOLO II- Rapporti economici

Art. 7.- Viene abolita qualsiasi attività finanziaria in qualsivoglia forma. E di conseguenza è abolita ogni rendita finanziaria. Holding finanziarie costituite all’estero ma operanti in Italia sono fuorilegge e i loro attori e prestanome perseguiti per evasione fiscale.

Art. 8.- Vengono abolite le banche che nel tempo si sono trasformate in Istituti che prestano ad usura ai cittadini denaro che appartiene agli stessi cittadini. Restituito il denaro ai correntisti i beni, mobili e immobili, delle Banche sono requisiti dallo Stato che li destinerà a usi sociali.

Art. 9.- E’ abolita la Borsa.

Art. 10.- Gli imprenditori con più di 15 dipendenti vengono espropriati dei beni mobili e immobili pertinenti all’impresa, requisiti dallo Stato e destinati a usi sociali.

Art. 11.- L’orario di lavoro della Pubblica Amministrazione è portato a quattro ore. Il resto delle incombenze è rimandato alla robotica.

Nei rapporti di lavoro privati l’orario è stabilito attraverso una libera contrattazione fra proprietà e i sindacati di categoria.

Art .12.- I Supermarket e i Grandi Magazzini di qualsiasi tipo vengono abbattuti e i terreni sono requisiti dallo Stato che si adopererà per favorire, con opportuni incentivi, la nascita su quegli stessi terreni di piccoli negozi e botteghe artigiane.

Art. 13.- Con i mezzi ottenuti grazie alle requisizioni e con una mirata campagna culturale lo Stato si adopera per favorire un ritorno all’agricoltura, alla campagna e a una relativa disurbanizzazione delle metropoli.

Art. 14.- E’ istituita una tassa sul patrimonio con esclusione delle prime e delle seconde case e dei liquidi fino a un milione di euro.

Art. 15.- Lo Stato italiano chiude le proprie frontiere ai turisti. Le apre, senza discriminazioni e limiti alcuni, a coloro che abbiano bisogno di vivere o transitare sul suo territorio. Chiunque, sotto le mentite spoglie di profugo o di migrante, si introduce in Italia per fini turistici è punito per il reato di frode.

TITOLO III- Diritti civili

Art. 16.- Le cure mediche e i trasporti pubblici sono gratuiti.

Art. 17.- La libertà di opinione non conosce limiti se non quelli della diffamazione e dell’istigazione a delinquere nei confronti di persone precise, individuate o individuabili. Ogni idea ha diritto di essere espressa purché non si faccia valere con la violenza. Sono abrogati tutti i reati liberticidi, sia quelli derivanti dal Codice Rocco sia quelli introdotti dopo la Costituzione del 1948, compreso il divieto di ricostituzione del partito fascista contenuto nelle Disposizioni transitorie e finali (XII) che come tali sono destinate a cadere.

TITOLO IV- Società

Art. 18.- La Repubblica promuove il nucleo familiare comunque si sia formato. Per le coppie con più di due figli è previsto un bonus per ogni figlio che superi il numero di due, bonus da determinare attraverso decreti attuativi che terranno conto, per ogni biennio, delle disponibilità di cassa. E’ previsto un tributo capitario per i single, uomini e donne, senza figli in età compresa fra i 30 e i 60 anni. Sono provvedimenti già presi in passato, a partire dall’Impero romano, in periodi di grave crisi demografica qual è quello in cui viviamo.

Art. 19.- Informazione. Le Tv, le Radio, i media su carta stampata o su web sono esentati dal limite previsto dall’art. 11 del Titolo II della nuova Costituzione.

E’ prevista una Rete pubblica televisiva e radiofonica, che dipende dal Ministero della Cultura. I soggetti privati non possono possedere più di una Rete. In tutte le Televisioni e Radio, sia pubbliche che private, sono proibiti i programmi di intrattenimento.

Art. 20.- Sono aboliti tutti i social network ad esclusione di Twitter. I trasgressori verranno puniti con una pena dai 2 ai 5 anni.

TITOLO V- Giustizia

Art.21.- Il processo si divide in tre fasi: indagini istruttorie, un giudizio di merito, uno di legittimità (Cassazione).

L’istruttoria è segreta, il dibattimento pubblico. L’Editore, il Direttore e i singoli giornalisti sono chiamati a rispondere in solido delle violazioni del segreto istruttorio qualora ne sia derivato un grave danno all’onorabilità di uno o più cittadini.

Art. 22.- Il Codice Penale viene depurato di tutte le norme che allungano il procedimento, visto l’interesse della società e dei singoli a che il cittadino sia giudicato nel più breve tempo possibile, cui si aggiunge il diritto a non subire una carcerazione preventiva dai tempi inaccettabili. Quali norme siano da abolire per snellire il processo è questione demandata al Governo e in particolare al Ministro della Giustizia.

Sono aboliti gli arresti domiciliari perché discriminano fra cittadini con diversa caratura sociale. Lo Sato si adopera per la costruzione di nuove carceri e il riordino, in senso favorevole al cittadino detenuto, di quelle già esistenti.

TITOLO VI- Esteri

Art.23.- L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.

Art.24.- L’Italia ritira tutti i propri contingenti stanziati all’estero.

Art.25.- L’Italia resta nell’Unione Europea cercando di indirizzarla, nei limiti delle proprie possibilità, verso una giusta equidistanza fra le Potenze attualmente egemoni.

Art.26.- L’Italia denuncia il Patto Atlantico (NATO). Le Basi straniere attualmente presenti sul suolo italiano dovranno smobilitare entro un ragionevole preavviso. Il terreno così recuperato sarà adibito ad agricoltura.

Art. 27.- Il Sommo Pontefice dovrà lasciare il suolo italiano. Il Vaticano, con i suoi beni immobili e mobili, ridiventa proprietà dello Stato italiano. Sono abolite le immunità fiscali concesse a Enti religiosi.

Art. 28.- Il Concordato viene abrogato.

TITOLO VII- Ricerca scientifica

Art.29.- E’ proibita qualsiasi ricerca che intenda andare a intaccare o modificare il dna umano o animale. I trasgressori sono puniti con la pena dell’ergastolo.

Norma di chiusura

Restano in vigore tutti gli articoli della Costituzione promulgata nel 1948 e le leggi conseguenti che non contrastino con le suesposte disposizioni.

Massimo Fini

Il Fatto Quotidiano, 28 marzo 2018

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Se i Cinque Stelle fanno un qualsiasi accordo con Berlusconi sono finiti. Nel dna dei Cinque Stelle ci sono elementi politici e culturali sia della destra che della sinistra, oltre a intuizioni del tutto originali come quella di privilegiare il “tempo liberato” sul lavoro. E’ quindi immaginabile un accordo sia con la destra sia con la sinistra. Con tutti tranne che col “delinquente naturale” perché vorrebbe dire sconfessare i princìpi per cui hanno lavorato per anni, dal primo Vaffa di Bologna del 2007, e che li hanno giustamente premiati.

La strategia quindi, se posso permettermi, dovrebbe essere quella di staccare Salvini ed eventualmente Meloni da Berlusconi, e non, come vorrebbe Paolo Flores d’Arcais, di dire un no totalitario alla destra in quanto tale, che è un ragionar da secolo scorso.

Non vorrei che finisse come nel 1994 quando al Nord si votò in massa la Lega con percentuali che andavano anche oltre il 50 percento, facendo così inconsapevolmente, nell’ansia di rinnovamento che animava l’Italia di allora dopo le inchieste di Mani Pulite, il gioco di Forza Italia che si presentava su tutto il territorio nazionale. Umberto Bossi si accorse della trappola e dopo un anno, col suo miglior discorso in Parlamento, tutt’altro che ‘rozzo’ (l’accusa che, mancandogli ogni altro dire, gli muovevano allora) sfiduciò il Governo Berlusconi. Ma era ormai troppo tardi. Nel giro di due soli anni, con i testimoni del tempo ancora in vita, grazie alla potenza di fuoco dei media berlusconiani, ma anche con la complicità della sinistra, i ladri divennero le vittime e i magistrati i veri colpevoli. La Lega, che su Mani Pulite era cresciuta, così come Mani Pulite era stata possibile grazie alla Lega, perse una delle sue principali ragion d’essere. E fu la fine della speranza e l’inizio di un lungo periodo di alternanza fra berlusconismo (che chiamare destra è fare un’offesa alla destra) e sinistra che ci ha portato dove ci ha portato. Se anche i Cinque Stelle cadono nella trappola di Berlusconi i giovani e anche i meno giovani italiani dovranno rassegnarsi a un altro ventennio di governi dei ‘soliti noti’, comunque mascherati.

Di Maio, Di Battista, Grillo pensateci bene. Il nostro futuro è nelle vostre mani.

Massimo Fini

Il Fatto Quotidiano, 23 marzo 2018

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La Giornata della Memoria, la Giornata del Ricordo, la Giornata della Donna, la Giornata della Famiglia, la Giornata dell’Amicizia, la Giornata dei Single, la Giornata dei Poveri, la Giornata del Malato, la Giornata dei Disturbi alimentari, la Giornata del Sonno, la Festa della Mamma, la Festa del Papà, la Festa dei Nonni, la Giornata dell’Orecchio. Questi sono inesausti. Ma è mai possibile che non ci sia un solo giorno dell’anno in cui si possa stare tranquilli, senza ricordare o festeggiare qualcosa o qualcuno? Se non fosse una contraddizione in termini, e ammesso che rimanga un qualche interstizio, istituirei una ‘Giornata del Nulla’ (in fondo anche Dio il settimo giorno si riposò) in cui non pensare a nulla o magari riflettere su chi siamo o, come singoli e società, dove stiamo andando.

Oggi, 20 marzo, ci tocca la Giornata internazionale della Felicità. Se c’è una celebrazione idiota è questa. Felicità è una parola proibita che non dovrebbe essere mai pronunciata. Sono stati gli americani, col loro consueto e ottuso ottimismo, ad avere l’ardire di inserire nella Dichiarazione di Indipendenza del 1776 “il diritto alla ricerca della felicità”, che però è stato quasi subito tradotto dall’edonismo straccione contemporaneo in un vero e proprio ‘diritto alla felicità’. Diritti di questo genere non esistono. “Esiste, in rari momenti della vita di un uomo, un rapido lampo, un attimo fuggente e sempre rimpianto, che chiamiamo felicità. Non un suo diritto” (Cyrano, se vi pare…). Come, forse, esiste l’amore (che, a parer mio, è un disturbo psicosomatico che la Natura si è intelligentemente inventato per favorire ciò che più le interessa: l’accoppiamento fra due esseri di sesso diverso e quindi la filiazione, ma lasciamo perdere questa tasto oggi particolarmente dolente). Ma certamente non esiste un ‘diritto all’amore’. Sono sentimenti e, come tali, non possono appartenere al giuridico. Del resto nonostante generazioni di filosofi si siano estenuati nel cercare di definire quale sia l’essenza della felicità o dell’amore o anche del denaro non ne hanno cavato un ragno dal buco (l’accostamento al denaro non paia azzardato perché si tratta in tutti e tre i casi di astrazioni, anche se possono avere, e hanno, ricadute molto concrete).

Postulare un ‘diritto alla felicità’ significa rendere l’uomo, per ciò stesso, infelice. “Felice in tutto nessuno è mai” dice Orazio nelle Odi (ma leggetevi, esimi colleghi, un po’ di classici, invece di ricavare improbabili citazioni da internet fingendo di avere una cultura che non possedete). E poiché quel che ci manca non ha limiti non si può essere “felici mai”. Solo la Superintelligenza illuminista, dei Kant, degli Hegel and company, poteva attingere a simili livelli di cretineria.

Naturalmente i think tank del World Happiness Report 2018 per valutare l’invalutabile, la felicità, ricorrono a criteri quantitativi e sociologici. Davanti a tutti c’è l’onnipresente Pil, seguito da speranza di vita, libertà, sostegno sociale, assenza di corruzione. Al primo posto di queste classifiche ci sono i Paesi nordici, Finlandia, Norvegia, Danimarca. Bisognerebbe che i think tank del World Happiness Report ci spiegassero come mai questi stessi Paesi, ben ordinati, regolati ‘dalla culla alla tomba’, hanno il più alto tasso di suicidi, maggiore di Paesi sgarrupati come il Venezuela, le Filippine, l’Honduras. Di questa apparente aporia mi ero già accorto quando scrivevo La Ragione aveva Torto? (1985) notando che in Italia i tassi di suicidio più alti appartenevano alle regioni del Nord, benestanti e industrializzate. Dati confermati da statistiche più recenti: Lombardia 5,0% di suicidi (per 100 mila abitanti), Piemonte 5,3%, Veneto 6,5%, Emilia-Romagna 6,3%, Campania 2,4%, Puglia 2,9%, Calabria 4,5%. Se si vuole il dato più sconcertante è quello dell’Emilia-Romagna che al tempo in cui scrivevo La Ragione, ottimamente governata dai comunisti, esprimeva il maggior benessere riscontrabile nel nostro Paese.

Naturalmente il suicidio non è che la punta dell’iceberg di un malessere molto più generale perché, per fortuna o purtroppo (dipende dai punti di vista, l’elogio del suicidio lo faremo in altra occasione), solo una minima parte di coloro che si sentono a disagio in una società si toglie la vita. Che il benessere crei il malessere è confermato dai classici studi di Durkheim (Il suicidio) il quale osserva che durante una guerra crollano quasi a zero le depressioni, le nevrosi e quindi anche i suicidi. Quando si lotta per la vita e per la morte non si ha il tempo per sentirsi infelici. Si ha ben altro cui pensare (parlo naturalmente delle guerre d’antan, non di quelle moderne, occidentali, in cui predomina la tecnologia togliendo così alla guerra, oltre alla sua epica, anche quei valori positivi, umani, che pur aveva).

Quando ci si annoia in una vita cullata dal benessere è allora che si aprono gli abissi degli enigmi esistenziali, irrisolvibili. E’ quindi il disordine e non l’ordine a dare vitalità a quel personaggio complicato e ambiguo che è l’essere umano.

Massimo Fini

Il Fatto Quotidiano, 20 marzo 2018