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E' giusto che il sindaco di Roma, Ignazio Marino, abbia fatto togliere gli striscioni che un gruppo di seguaci di un sedicente 'Comitato Militante Tiburtina' definiti dal Corriere «nostalgici dell'odio», aveva affisso in città per festeggiare il centesimo compleanno di Erich Priebke, il capitano delle SS condannato all'ergastolo per la rappresaglia delle Fosse Ardeatine che costo' la vita a 335 persone fra cui una quarantina di ebrei: «Non è accettabile che il compleanno di un criminale che ha partecipato alla violenta esecuzione di cittadini inermi possa essere utilizzato per fare apologia di fascismo e di nazismo». Anche se sono contrario a queste fattispecie di reato (apologia di fascismo, di nazismo, istigazione all'odio razziale a cui sta per aggiungersi l'omofobia) perchè sono tipici reati di opinione più consoni a un regime totalitario che a una democrazia, quelli stiscioni, in Roma, erano oggettivamente una provocazione odiosa e difficilmente digeribile. Capisco molto meno le centinaia di ebrei romani che hanno stretto d'assedio l'abitazione di Priebke per impedirgli di festeggiare il compleanno. Adesso uno, per criminale che sia, non puo' più nemmeno festeggiare il suo compleanno, il centesimo per sopramercato, in casa propria?

Non creda il lettore che io sia indifferente alla 'questione ebraica'. Mia madre, Zinaide Tubiasz, era un'ebrea russa che ha visto sterminare dai tedeschi tutti i suoi familiari durante la seconda guerra mondiale. Ma devo anche dire che tutta la vicenda di Erich Priebke mi lascia perplesso. Priebke è stato, di fatto, processato due volte per lo stesso crimine, violando il principio universalmente riconosciuto del 'ne bis in idem'. Quando infatti nel 1947 ci fu il procsso per la strage delle Ardeatine fu condannato il solo Kappler e implicitamente assolti tutti i suoi subordinati. Kappler non fu condannato per la rappresaglia. Allora si era ancora vicini alla guerra e se ne conoscevano le leggi. La Convenzione di Ginevra ammetteva la rappresaglia nei confronti di gruppi armati non inquadrati in un esercito regolare che si fossero resi responsabili di attentati, è il caso di via Rasella. I tedeschi l'avevano stabilita in 10 per ogni soldato ucciso. Quando gli Alleati occuparono la Germania i francesi la fissarono nella proporzione di 20 a 1, i russi di 50 a 1, gli americani, sempre grandiosi, di 200 a 1, ma non ci fu occasione per applicarla perchè la Germania era rasa al suolo e non ci fu resistenza. Kappler fu condannato perchè, in un macabro eccesso di zelo, fece fucilare cinque persone in più della proporzione prevista.

Quando a metà degli anni '90 Priebke fu estradato dall'Argentina venne condannato all'ergastolo, e quindi riconosciuto colpevole, ma mandato in libertà perchè il Tribunale militare gli concesse le attenuanti. Ci fu, in aula, la protesta di una cinquantina di ebrei. Il governo italiano, con una decisione inaudita, si rimangio' la sentenza di un suo Tribunale creando un precedente gravissimo e foriero di molti sviluppi. Alla fine la Cassazione rifece il processo e a Priebke fu revocata la libertà. Il Centro Wiesenthal ha promesso un compenso di 25 mila dollari a chi dia indicazioni per scovare i nazisti superstiti. A Priebke si vieta di festeggiare i suoi 100 anni. A me questo accanimento, a 70 anni di distanza dai fatti, contro gli ectoplasmi del nazismo, queste larve oggi totalmente inermi, fa venire i brividi. Mi sembra di cogliervi lo stesso spirito di rappresaglia e di vendetta per cui abbiamo giustamente condannato i nazisti. E a questo punto mi chiedo chi siano, oggi, i veri 'nostalgici dell'odio'.

Massimo Fini

 Il Gazzettino, 3 agosto 2013

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Ho passato una ventina di giorni di vacanza all'estero. Un estero molto vicino: la Corsica (anche se la definisco «il luogo più vicino più lontano dall'Occidente» perchè, soprattutto nell'interno, la vita si svolge secondo i ritmi rallentati delle società tradizionali). Comunque a sole quattro ore di traghetto, con il necessario 'recul' (che è la distanza giusta per osservare un quadro, perchè se sei troppo vicino non ne capisci l'insieme, se troppo lontano, non lo vedi) l'Italia offre di sè uno spettacolo impressionante. Non per i problemi economici. Quelli ce li hanno quasi tutti in Europa. Non si tratta di questo. E' che l'Italia sembra in preda a una sorta di marasma senile. Gli ingranaggi si sono inceppati.

E' saltata la filiera di un ministero chiave come quello degli Interni: il capo non sa cosa fanno i suoi subalterni i quali, a loro volta, agiscono ognuno per conto proprio più o meno all'insaputa l'uno dell'altro (sempre che costoro abbiano dichiarato il vero, come temo perchè sarebbe preferibile che avessero detto delle menzogne che sono almeno un segno di vitalità). Subiamo le imposizioni del Kazakistan, un Paese che un tempo facevamo fatica a trovare sulle carte geografiche. Di fronte all'impudenza dei kazaki che si permettono di portar via, con un aereo privato due persone che stanno nel nostro Paese, che sono sotto la nostra giurisdizione e la nostra tutela. Emma Bonino, il clone ottuso di Pannella, eletta improvvidamente ministro degli Esteri, non è riuscita che a balbettare che l'intervento kazako è stato «intrusivo». Abbiamo perso ogni credibilità internazionale e non solo per le gaffe di Berlusconi e il suo modo molto personale e privato di fare politica estera («l'amico Putin», «l'amico Erdogan» e «l'amico Muhammar»). Dopo che una mezza dozzina di presidenti del Consiglio e di ministri della Giustizia avevano fatto i pesci in barile per non dispiacere gli americani, la Cancellieri, quando era Guardasigilli, si era decisa a spiccare mandato di arresto, via Interpol, contro Robert Lady il capetto della Cia a Milano, responsabile del rapimento di Abu Omar, condannato a nove anni di galera. E in effetti Lady è stato arrestato a Panama, ma il Paese centroamericano non ha nemmeno aspettato che ne chiedessimo l'estradizione, l'ha consegnato subito agli Stati Uniti, al sicuro.

Un delinquente comune, anzi 'naturale' come lo ha definito il Tribunale di Milano (che è qualcosa di più di 'delinquente abituale', vuol dire che ce l'ha proprio nel dna) tiene in scacco il Paese e il governo. Basta un soffio perchè crolli tutto il castello di carte. Nel frattempo il governo si tiene insieme solo perchè, direi fisicamente, non puo' cadere.

Una potente 'family', palazzinara e finanziaria, viene mandata al gabbio e il suo patriarca, Salvatore Ligresti, ai domiciliari nella sua bella villa nel quartiere di San Siro che, a suo tempo, aveva provveduto a sconciare in combutta con i sindaci socialisti. Ma Ligresti non era già stato condannato ai tempi di Tangentopoli? E che c'entra? Questi ritornano sempre. E se mai, una volta, si riesce a innocuizzarli in modo definitivo è solo quando hanno potuto compiere ogni sorta di rapine ai danni della cittadinanza. Non c'è settore in cui la magistratura vada a mettere il dito dove non salti fuori il marcio, un pus purulento che corrode tutto e tutti: funzionari, impiegati pubblici, poliziotti, vigili urbani, preti e naturalmente politici di ogni risma e di ogni livello. Ma non c'è più nessuno, in Italia, che rispetti le sentenze dei Tribunali. E perchè mai si dovrebbe? A meno che non si tratti proprio di stracci, di riffa o di raffa le sentenze non vengono mai applicate. Nel Paese dei Balocchi non c'è la certezza della pena, c'è quella dell'impunità.

Tutti i valori su cui si sostiene una comunità, onestà, dignità, lealtà, assunzione delle proprie responsabilità, sono saltati, in una confusione generale cui contribuiscono gli Azzeccagarbugli dei giornali.

Il Capo di questo Stato ha 88 anni. Nel marasma senile del Paese si trova nel suo.

Massimo Fini

Il Fatto Quotidiano, 27 luglio 2013

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Un padre si rese conto che suo figlio era diventato un delinquente. Allora lo convoco' e gli fece una solenne ramanzina. Il figlio lo ascolto' con molta attenzione. Poi disse, dolcemente: «Vieni con me». Camminarono per un po' finchè giunsero nei pressi di un bosco e vi si inoltrarono. Il figlio strappo' un ramoscello da un albero, lo porse al padre e gli chiese di spezzarlo, cosa che l'altro fece con gran facilità. Ne strappo' un altro solo di poco meno esile e chiese al padre di fare la stessa cosa. Non ci furono problemi. Poi indico' un ramo piuttosto robusto e ingiunse: «Spezzalo». E il padre lo fece con una certa fatica. Andarono avanti in questa maniera con rami sempre più grossi. Finchè ne arrivo' uno che per quanto l'uomo si sforzasse e si impegnasse, madido di sudore, non riusci' a piegare. «Vedi» disse il figlio «se tu quella ramanzina me l'avessi fatta tanti anni fa quando ero ancora un giovane virgulto sarebbe stato facile rimettermi sulla buona strada. Oggi è troppo tardi».

Berlusconi andava fermato subito. Ormai è troppo tardi. E' il vero padrone del Paese, lo tiene in scacco e continuerà a farlo finchè madre natura vorrà. Per la verità ci fu qualcuno che all'inizio ci provo'. L'imprenditore Silvio Berlusconi aveva accentrato nelle sue mani l'intero comparto televisivo privato nazionale. Un oligopolio illiberista e illiberale. Intervenne la magistratura per sanare la situazione. Berlusconi fu salvato da Bettino Craxi (che io considero il primo, vero, grande corruttore di questo Paese) che gli confeziono' una legge ad hoc, la Mammi', che congelava e legittimava la posizione oligopolista dell'allora Fininvest in campo televisivo. Il Cavaliere avrebbe pero' dovuto sbarazzarsi delle sue proprietà nella carta stampata. Disse a Montanelli: «Sono rovinato, devo vendere Il Giornale». E lo cedette a suo fratello Paolo.

Nel 1994 quando decise di entrare in politica non avrebbe potuto farlo senza cedere le sue aziende in quanto una legge del 1957 interdiva l'ingresso in Parlamento a chi fosse detentore di concessioni da parte dello Stato (nel caso di Berlusconi quelle televisive). Il Cavaliere doveva scegliere: o le aziende televisive o la politica attiva. E' il famoso conflitto di interessi. Berlusconi non cedette le aziende e entro' lo stesso in politica nonostante per la legge fosse ineleggibile. Promise un blind trust per il quale, pur rimanendo proprietario, non avrebbe saputo nulla delle attività della Fininvest, nomino' un comitato di 'tre saggi' che non si è mai saputo che fine abbia fatto. Violo' la legge e basta. Volerlo dichiarare ineleggibile ora, a vent'anni dal suo ingresso abusivo in Parlamento, dopo che è stato quattro volte presidente del Consiglio, è semplicemente grottesco. Bisognava impedirglielo allora, bisognava fargli rispettare la legge allora, oggi non ha più senso.

I vent'anni del berlusconismo e dell'antiberlusconismo sono stati atroci. Non parlo qui come giornalista che, non appartenendo a nessuna delle due bande, ha trovato sempre più difficoltà a lavorare fino a subire una sorta di 'conventio ad escludendum' , da destra e da sinistra. Parlo come cittadino e come uomo. In vent'anni ho visto crollare, e non certo per colpa del solo Berlusconi, tutti i valori di stampo ottocentesco che mio padre, che era del 1901, aveva cercato di inculcarmi, onestà, dignità, lealtà, assunzione delle proprie responsabilità, che ho cercato di osservare anche se, ovviamente, non sempre ne sono stato all'altezza.

Quando Berlusconi 'scese in campo' ero un uomo nel pieno del suo vigore. Oggi sono solo un vecchio smarrito che ha perso tutti i suoi punti di riferimento.

Massimo Fini

Il Gazzettino, 26 luglio 2013