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Bel colpo, Beppe. L'incaponirsi su Rodotà ha portato ai seguenti risultati. 1) Un bis di Napolitano che ha tollerato senza fiatare tutte le nefandezze di Berlusconi (non per nulla lo chiamavi 'Morfeo'), ha firmato le leggi 'ad personam' e ogni volta che l'energumeno, nelle vesti di premier, faceva dichiarazioni eversive, tipo «la Magistratura è il cancro della democrazia», si limitava a dei generici «abbassare i toni» validi 'erga omnes'. 2) Il governo di 'larghe intese' (chiamarlo inciucio è proibito) fra Pdl e Pd che per diciotto anni si sono alternati al potere portando il Paese alla bancarotta economica e sociale (oltre che morale), che ora tentano di addebitare, col mantra della 'responsabilità', a 5Stelle che nel Parlamento è appena entrato. Hanno avuto 18 anni per dimostrare 'responsabilità' verso il Paese. La scoprono solo ora, perchè temono che la casa che hanno distrutto gli caschi addosso. 3) Berlusconi, che pareva finito, è uscito enormemente rafforzato da questo giro di valzer e ora detta legge. 4) Il premier incaricato è Enrico Letta, nipote di Gianni il 'consigliori' del Cavaliere. Ma si è anche rischiato ( e non è detto che il pericolo sia scongiurato) l'incarico al pupillo di Napolitano, Giuliano Amato. Che non è solo il premier che nottetempo, fra il 10 e l'11 luglio del '92, da vero ladro di Stato, ha messo le mani sui conti correnti degli italiani (altro che Monti), ma è stato il principale sodale di Craxi. Ha detto la figlia di Bettino, Stefania: «Papà era il capo di un partito di ladri? E allora Amato era il vice ladrone». Ma forse sarebbe stato preferibile che la protervia della 'nomenklatura' si spingesse fino a questo punto, fino ad Amato. Perchè sarebbe stato un tale schiaffo in faccia agli italiani, da fargli drizzare finalmente il loro membro floscio. Anche se ci credo poco.

Hai sbagliato i tempi, Beppe. Se tu avessi proposto fin da subito, prima che iniziasse la sarabanda, i nomi di Zagrebelski, di Caselli, di Prodi e anche di Rodotà visto che piace tanto ai tuoi attivisti ( che probabilmente non conoscono a fondo il personaggio, ben incistato sia nella Prima che nella Seconda Repubblica), Bersani non avrebbe potuto dirti di no perchè quei nomi li aveva ventilati anche lui. E Berlusconi sarebbe finito fuori gioco. Invece cincischiando con la Gabanelli e con Strada hai perso due giorni dando il tempo a Pdl e Pd di organizzare il 'grande inciucio' su Marini, che poi è fallito non tanto per merito vostro ma per il disfacimento del Partito Democratico. Il resto è venuto di conseguenza. Bersani non poteva più accettare Rodotà dopo che, con i suoi sponsor, gli si era messo di traverso. Sarebbe stato come consegnare le chiavi di casa propria ad un altro inquilino.

Caro Beppe so bene, quanto te, che la nostra è una parodia di democrazia, ma se tu intendi, come mi pare, rovesciare il tavolo rimanendone all'interno, devi imparare meglio la sua grammatica e la sua sintassi. Altrimenti i farabutti che giocano questo sporco gioco da decenni ti buggereranno ogni volta.

Con la simpatia, l'affetto e la stima di sempre.

Massimo Fini

Il Fatto Quotidiano, 27 aprile 2013

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L'Istat nel ristrutturare la composizione della popolazione italiana per fasce d'età, definisce gli over 65 'giovani anziani'. E' una caratteristica tipica di questa nostra società bizantina di mettere le parole al posto delle cose credendo cosi' di mutarne la natura. Smettiamola di prenderci in giro con questa ossessione della giovinezza a tutti i costi. I Romani che erano meno ipocriti e retorici di noi fissavano l'inizio della vecchiaia a 60 anni. E cosi' è anche oggi come sa chi abbia compiuto questo fatidico compleanno. Come immutato è il periodo di fecondità della donna, che raggiunge il suo apice a 27 anni per degradare poi e concludersi poco dopo i quaranta, a meno di non ricorrere a qualche artificio tecnologico degno del laboratorio del dottor Frankenstein.

Viviamo più a lungo, è vero. Ma non nei termini cosi' clamorosi di cui ci informano, non innocentemente, gli storici e gli scienziati, secondo i quali gli uomini nel Medioevo vivevano in media 32 anni. Ora, gli uomini e le donne del Medioevo si sposavano, in genere, rispettivamente a 29 e a 24 anni (solo nella classe nobiliare i matrimoni erano molto precoci, soprattutto per motivi di intrecci dinastici). Non avrebbero avuto quindi nemmeno il tempo di crescere i primi figli, invece ne partorivano a dozzine o mezze dozzine. Come si spiega? Col fatto che parlare di 'vita media' di 32 anni è una statistica alla Trilussa, perchè quella società scontava l'alta mortalità natale e perinatale. Il confronto corretto, come sanno benissimo gli scienziati e gli storici moderni anche se lo nascondono, è con l'aspettativa di vita dell'adulto. Un uomo del Medioevo viveva, in linea di massima, 70 anni. Non a caso padre Dante fissa il «mezzo di cammin di nostra vita» a 35 anni. Oggi l'aspettativa di vita, in Italia, è di 78 anni per l'uomo e di 83 per la donna. Abbiamo guadagnato circa dieci anni, che comunque non è poco. Bisogna vedere pero' come li viviamo questi anni lucrati in più all'esistenza. Spesso, troppo spesso, li trasciniamo portandoci addosso malattie terrorizzanti, dolorose, umilianti, dimidianti, intubati, attaccati a macchine, tenuti in vita a forza dalla medicina tecnologica tanto per confortare le statistiche sulla longevità (io, come tutti, ho paura della morte, ma ho ancora più paura che i Frankenstein moderni «mi salvino»). Ma la questione di fondo non è nemmen questa quando si parla di vecchiaia nella modernità. Nella società preindustriale il vecchio, contadino o artigiano che fosse (il 90% della popolazione), restava fino all'ultimo il capo della famiglia, attorniato dai figli, dai nipoti, dalle donne, dai numerosi bambini (oggi, in Europa, solo il 3,5% degli anziani vive con i propri figli), in una società a tradizione prevalentemente orale era il detentore del sapere, conservava un ruolo e la sua vita un senso. Oggi ( a parte alcune categorie di privilegiati:i politici, gli artisti) il sapere del vecchio è obsoleto, non conta più nulla. Scrive lo storico Carlo Maria Cipolla: «Una società industriale è caratterizzata dal continuo e rapido progresso tecnologico. In una tale società gli impianti divengono rapidamente obsoleti e gli uomini non sfuggono alla regola. L'agricoltore poteva vivere beneficiando di poche nozioni apprese nell'adolescenza. L'uomo industriale è sottoposto a un continuo sforzo di aggiornamento e tuttavia viene inesorabilmente superato. Il vecchio nella società agricola è il saggio, nella società industriale è un relitto». Altro che 'giovani anziani'.

Massimo Fini

Il Gazzettino,25 aprile 2013

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Per motivi legati ai tempi di una rubrica scrivo prima che sia iniziata la quarta votazione per il Quirinale (quella che potrebbe essere la decisiva perchè richiede la maggioranza assoluta e non dei due terzi), ma quando il Pd si è ufficialmente ricompattato sul nome di Romano Prodi. E' la fine del 'grande inciucio' che Pier Luigi Bersani e Silvio Berlusconi avevano tentato accordandosi sul nome di un frusto e sbiadito notabile dell'antico regime come Franco Marini. E probabilmente è anche la fine di Silvio Berlusconi che nei giorni scorsi aveva arrogantemente dichiarato: «Se fanno Prodi ce ne andiamo tutti all'estero». E che ci vada (lui, non i suoi elettori che meritano rispetto), alle Bermude, possibilmente nel Triangolo. Perchè l'energumeno, con la sua violenza in doppiopetto, col dispregio di ogni forma di legalità («delinquente naturale» lo ha definito il Tribunale di Milano che lo ha condannato a quattro anni per il truffone sui diritti televisivi di Mediaset) è stato per quasi vent'anni un macigno sulla politica e la vita del nostro Paese, togliendo, fra le altre cose, alla maggioranza degli italiani quel poco di senso dell'onestà che gli era rimasto.

Sarebbe semplicemente pazzesco che i 5Stelle non votassero Prodi per insistere su Rodotà. E' vero che nelle loro 'quirinarie' Rodotà è arrivato terzo e Prodi nono. Ma non si puo' essere cosi' meccanici. E qui viene a galla la debolezza della democrazia diretta via web, che va bene, forse, per la scelta dei parlamentari o per l'approvazione di una legge, ma è troppo astratta per una partita a scacchi cosi' complessa come quella del Quirinale. Del resto Grillo avrebbe già potuto risolvere la questione se invece di avanzare i nomi dell'inutile Gabanelli o dell'improbabile Strada avesse puntato fin da subito sulla terna inizialmente proposta da Bersani (Zagrebelsky, Caselli, Rodotà) che stavano pure nella 'decina' scelta dagli elettori 5Stelle. Il segretario del Pd non avrebbe potuto dirgli di no perchè erano i 'suoi' candidati. Invece ha perso due giorni dando modo a Berlusconi e Bersani di tentare l'inciucio, per fortuna fallito.

Adesso per Rodotà è troppo tardi. Perchè Bersani dopo aver ricevuto uno schiaffone non potrebbe accettare un candidato che, con i suoi sponsor, gli si è messo di traverso. Del resto fra Prodi e Rodotà c'è un abisso. Rodotà, deputato 'indipendente' del Pci nel '79, del Pds nel '83 e nell'87, presidente del Pds nel '91 -'92, è un tipico esponente della sinistra radical-chic che tanto piace alla Repubblica e a Scalfari. Basta vederlo in bermuda nell'isola esclusiva di Alicudi per capire chi è Stefano Rodotà. Che ci hanno a che fare i grillini? Prodi ha tutt'altra caratura. Ma anche se non ha 80 anni non è nemmen lui di primo pelo. Era ministro dell'Industria già nel 1973, è stato un boiardo di Stato, due volte presidente del Consiglio. Non è certamente 'il nuovo che avanza'. Ma per intanto cominciamo a far fuori Berlusconi. Poi verrà la volta anche del Pd. Alle prossime elezioni. Allora la sarà finita, una volta per tutte, con una partitocrazia che per trent'anni ha rubato, taglieggiato, come la mafia, costituendosi in una oligarchia clientelare che ha umiliato il cittadino che ha voluto conservare la propria dignità rimanendo un uomo libero.

Massimo Fini

Il Fatto Quotidiano, 20 aprile 2013